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Astrofisica

LA MUSICA DELL’UNIVERSO. Appena 380 mila anni dopo il Big Bang, l’Universo emette un suono acuto che ricorda quasi il vagito di un bimbo appena nato. Intervista ad Amedeo Balbi - a cura di Federico La Sala

Ma la musicologia dell’Universo è scienza ancora in fasce. Quasi tutti i corpi celesti vibrano come strumenti musicali (...)
lunedì 23 luglio 2007
[...] i suoni che coinvolgono di più sono quelli provenienti dall’origine del cosmo. «In questo timbro è contenuto una specie di codice genetico dell’Universo, che allora era in uno stato embrionale», spiega Amedeo Balbi, ricercatore in Astrofisica a Roma Tor Vergata, che ha lavorato a Berkeley e collabora alla missione spaziale Planck dell’Esa, e con l’editore Springer ha pubblicato La musica del Big Bang. «Intendiamoci - dice - si tratta di suoni nel senso fisico, vibrazioni che (...)

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> LA MUSICA DELL’UNIVERSO. --- È stato ascoltato il primo «tuono» dell’universo: le tracce del Big Bang... Un’antenna grande come mezzo pianeta per ascoltare il suono dell’universo.

giovedì 20 agosto 2009

Un’antenna grande come mezzo pianeta per ascoltare il suono dell’universo

È stato ascoltato il primo «tuono» dell’universo: le tracce del Big Bang, ossia del momento in cui l’universo ha improvvisamente cominciato a espandersi, sono state catturate per la prima volta sotto forma di onde gravitazionali grazie ad un’antenna «grande come mezzo pianeta» e ad una forte collaborazione internazionale, tra usa e Europa. E sorpresa: il tuono del Big bang è risultato più debole del previsto.

Il risultato dello studio, pubblicato su Nature, si basa sui dati raccolti dal 2005 al 2007 dalla grandissima rete di antenne formata da quattro interferometri, uno dei quali si trova in Toscana. La rete è nata dalla collaborazione internazionale Ligo-Virgo, alla quale l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e con l’interferometro Virgo, che si trova a Cascina (Pisa) ed è stato realizzato in collaborazione con la Francia.

Gli altri tre interferometri fanno parte del programma americano Ligo (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory): due di essi si trovano negli Usa, a Hanford (Stato di Washington) e Livingston (Louisiana), e il terzo in Germania, ad Hannover. Insieme, le quattro antenne diventano un gigantesco e potentissimo rivelatore di onde gravitazionali dal valore complessivo di circa 400 milioni di euro e al quale lavorano circa 800 ricercatori.

Da anni questa potentissima antenna è in ascolto delle onde gravitazionali. Come le increspature che si formano gettando un sasso in uno stagno, le onde gravitazionali possono essere pensate come increspature dello spazio-tempo che hanno altezze diverse e si propagano in direzioni differenti. Le onde gravitazionali, la cui eco è chiamata «rumore di fondo stocastico» sono generate, oltre che dal Big Bang, ogni volta che nell’universo avviene una potente esplosione, come quella delle stelle giunte alla fine della loro vita (supernovae), lo scontro tra buchi neri o la collisione fra stelle di neutroni.

Le onde gravitazionali sono state previste da Albert Einstein nel 1916 e sono l’unico segnale capace di spingersi più indietro nel tempo, fino all’epoca del Big Bang e perfino al pre-Big Bang. L’altro segnale utile per ricostruire le origini dell’universo, la radiazione cosmica di fondo, riesce infatti a spingersi fino ad osservare il baby-universo, 380.000 anni dopo il Big Bang.

Nei dati raccolti dall’antenna Ligo-Virgo «non c’è stata la rivelazione di un segnale fino al limite che abbiamo raggiunto con i nostri strumenti: questa è un’indicazione molto importante perchè abbiamo posto un limite all’intensità e sappiamo che il tuono che ha dato origine all’universo è in realtà più basso rispetto a quello previsto finora», ha detto il coordinatore di Virgo, Francesco Fidecaro, dell’università di Pisa e dell’Infn. «Combinando simultaneamente i dati provenienti dagli interferometri Ligo e Virgo - prosegue Fidecaro - potremo arrivare a conoscere sulle onde gravitazionali informazioni che nessun altro strumento può dare. Questa è una grande promessa per il futuro». La scommessa, conclude, «è spingere l’esplorazione molto più indietro nel tempo fino a cogliere il rumore primordiale».

* l’Unità, 20 agosto 2009


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