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Ma che Assisi!!! Ma quale ecumenismo!!! Forza "Deus caritas est"!!!

RATZINGER PROFETA ... DI SVENTURA E DI GUERRA!!! Il segretario del Papa, Padre Georg Gänswein, torna sul discorso di Ratisbona, conferma, e rilancia. Prepararsi alla mobilitazione contro l’Islam!!! - a cura di pfls

domenica 29 luglio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] A Ratisbona nel settembre 2006 papa Ratzinger sollevò una tempesta internazionale perché aprì il suo discorso con una citazione di un imperatore medievale bizantino, secondo cui Maometto non aveva portato nulla di "buono e umano" perché esortava a diffondere la fede con la spada. Ratzinger pronunciò la citazione senza distanziarsi e ci vollero scuse vaticane a ripetizione e un’edizione aggiornata del discorso per ristabilire rapporti normali con il mondo islamico. In parecchi (...)

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> RATZINGER PROFETA ... DI SVENTURA E DI GUERRA!!! ---- Nella sua strategia figura anche la riabilitazione di Pio XII, quel papa che i suoi avversari chiamavano "il papa di Hitler" (il pentimento indispensabile - di Marek AHalter).

venerdì 30 gennaio 2009


-  Il pentimento indispensabile

-  di Marek Halter (la Repubblica, 30.1.09)

In Polonia, nella grande sala dell’Università Cattolica di Lublino, la folla è numerosa. Il clero occupa le prime file per la Giornata del giudaismo istituita dalla Chiesa polacca. Io sono l’ospite d’onore ed è la prima volta che torno nel mio Paese natale. Emozione. Ritrovo la lingua. Parlo della storia che accomuna ebrei e polacchi da mille anni, da quando nacque il regno di Polonia.

Racconto la vita di questa minoranza ebraica che prima della guerra rappresentava l’11 per cento della popolazione, una percentuale comparabile a quella dei neri negli Stati Uniti odierni. Chiedo di immaginare New York, Los Angeles, Chicago o Baltimora senza afroamericani. Quel grande Paese non sarebbe più lo stesso: e nemmeno il suo cinema, la sua musica, la sua letteratura, i suoi balli, il ritmo delle sue strade. La Polonia senza ebrei mi fa lo stesso effetto. Noi siamo, dico, come una coppia molto anziana. Una coppia che si amava, si odiava, si affascinava, arrivava addirittura ad augurarsi che l’altro scomparisse, ma quando l’altro non c’è più chi resta si ritrova vedovo.

Lublino non aveva mai sentito un discorso simile. Io sognavo di fare di questa Giornata del giudaismo una Giornata del pentimento. Tre milioni e mezzo di ebrei assassinati lo giustificavano ampiamente. Certo, non sono stati propriamente i polacchi ad ucciderli, ma la maggioranza tra loro, come ricordava il polacco Czeslaw Milosz, premio Nobel della letteratura 1980, non li ha nemmeno granché aiutati. Il pentimento mi sembra assolutamente indispensabile: come potrebbero altrimenti i polacchi riappropriarsi finalmente della loro storia, di tutta la loro storia, compresa la parte ebraica del loro passato?

Come una saracinesca è caduto un silenzio sulle mie ultime parole. Neanche un applauso: la freddezza del metallo. Quando l’arcivescovo di Lublino, monsignor Jozef Zycinski, ha chiesto se c’erano domande, si è alzato un uomo. Mi ha fatto cortesemente le sue congratulazioni. Poi mi ha chiesto perché non avevo invitato i russi a dare mostra di pentimento. Precisando: quei russi che hanno massacrato centinaia di migliaia di polacchi «con la complicità dei comunisti ebrei». Allora, soltanto allora, la sala, unanimemente, si è alzata in piedi applaudendo entusiasticamente. È andata avanti per dieci minuti buoni. L’arcivescovo, visibilmente imbarazzato, ha alzato le braccia al cielo: «Smettetela! Offendete il vostro pastore!». La sua collera era sincera. La reazione della folla anche.

Sotto l’influenza di Giovanni Paolo II, il papa polacco che ho avuto l’onore di conoscere bene, la gerarchia cattolica si era riavvicinata agli ebrei. Non erano, citando le sue stesse parole, i «fratelli maggiori della Chiesa»? Le accuse di "popolo deicida" cominciarono a scomparire dalla liturgia e l’espressione "perfidi giudei" sparì dalla preghiera del Venerdì Santo. Giovanni Paolo II era un papa di resistenza. Per cominciare, si era opposto al totalitarismo sovietico. Questa resistenza l’aveva portata avanti, già prima della guerra, al fianco degli ebrei di Wodowice, il paesino dov’era nato; dopo la guerra contro il comunismo importato che soffocava il suo Paese.

Il cardinale Ratzinger, il suo successore col nome di Benedetto XVI, è, invece, un papa di guerra. Il ritorno della religione, fenomeno che avrebbe segnato il nuovo secolo secondo le tesi da lui stesso sostenute, non va solo a vantaggio della Chiesa, tutt’altro. Altre religioni, in particolare l’Islam, ne traggono profitto. Ieri era il comunismo che si ergeva contro il cristianesimo, oggi è la moschea che si erge contro la chiesa. In questi ultimi anni, i cristiani sono stati scacciati dall’Iraq. In Egitto, in Indonesia e in India sono perseguitati, a volte assassinati. Ecco perché, in un discorso a Ratisbona il 12 settembre del 2006, Benedetto XVI ha appellato l’Islam alla Ragione. Ha ripetuto queste affermazioni due mesi fa di fronte a dei responsabili musulmani invitati in Vaticano.

Più vicino a Urbano II, che lanciò la prima crociata nel 1095, che a Giulio II, che commissionò gli affreschi della Cappella Sistina a Michelangelo nel 1512, Benedetto XVI sa che per opporsi all’Islam ha bisogno di tutte le forze della Chiesa, comprese le più dure e reazionarie fra di esse. Ed ecco che ha tolto la scomunica che colpiva, dai tempi di Giovanni Paolo II i vescovi integralisti, tra cui il negazionista monsignor Williamson. Aprendo le porte della Chiesa ai vescovi ordinati illegalmente da monsignor Marcel Lefebvre, contestatore delle decisioni del concilio Vaticano II (1962-1965), Benedetto XVI tenta di adunare gli estremisti della Fraternità sacerdotale San Pio X, valutati in centocinquantamila fedeli in tutto il mondo.

Nella sua strategia figura anche la riabilitazione di Pio XII, quel papa che i suoi avversari chiamavano "il papa di Hitler". Eletto il 2 marzo 1939, l’anno in cui le truppe naziste entrarono a Varsavia, Pio XII inviò una lettera personale al Führer: «Desideriamo restare legati al popolo tedesco affidato alle vostre cure, attraverso un’intima benevolenza».

Dopo la guerra, il suo silenzio in quegli anni di morte fu abbondantemente commentato e criticato. L’Osservatore Romano, di cui suo nonno Marcantonio Pacelli fu uno dei fondatori, prese le sue difese: «Di fronte all’Olocausto, il papa Pio XII non è stato né silenzioso né antisemita, ma prudente». Che sarebbe successo il papa fosse stato meno prudente, se avesse chiamato tutti i cristiani, e innanzitutto i suoi, i cattolici, a salvare gli ebrei? La Shoah avrebbe preso un’altra piega? Il drammaturgo tedesco Rolf Hochhuth pose questa domanda con clamore nella sua opera Il vicario, realizzata a Berlino Ovest il 20 agosto 1963: la pièce fece scalpore in tutto il mondo. Nel 2002 Costa Gavras ne ricavò un film, Amen.

La storica italiana Emma Fattorini torna sull’argomento in un libro di recente pubblicazione, Pio XII, Hitler e Mussolini. Basandosi su un documento trovato negli archivi del Vaticano, la Fattorini assicura che Pio XI, predecessore di Pio XII, aveva convocato l’11 febbraio 1939 l’insieme dei vescovi italiani per il decimo anniversario degli accordi del Laterano tra la Chiesa e Mussolini. In quell’occasione avrebbe condannato il regime fascista e quello nazista. Ma Pio XI morì la notte del 10 febbraio 1939. C’è chi sostiene, senza poterlo dimostrare, che sarebbe morto per avvelenamento.

Il papa all’epoca aveva ottantadue anni. Invece, secondo il documento citato dalla Fattorini, il suo segretario di Stato, il cardinale Eugenio Pacelli, futuro Pio XII, si mostrò fautore di un atteggiamento più diplomatico verso i fascisti e avrebbe fatto distruggere sia le bozze che i piombi di quel discorso mai pronunciato.

I difensori di Pio XII, soprattutto quelli che si battono per la sua beatificazione, come il tedesco Gumpel e un’ampia fascia conservatrice della Chiesa, negano il suo antigiudaismo. Per l’attuale pontefice, Joseph Ratzinger, «la causa della beatificazione del servitore di Dio proseguirà felicemente».

Il ritorno del fantasma di Pio XII ha provocato commozione e collera in Israele e nelle comunità ebraiche di tutto il mondo: era veramente antisemita? Non necessariamente. Se non rispose alla lettera del 14 giugno 1942 dell’arcivescovo di Friburgo, monsignor Conrad Gröber, che lo allertava sulla determinazione del regime nazista a distruggere il giudaismo, è perché quell’argomento, ahimé, non lo interessava affatto. Per Pio XII, il pericolo principale non era il fascismo, ma la Russia comunista, regime ateo. Preferì dunque tenersi buona la Germania, perfino quando invase la Polonia, condannando invece la Russia quando questa attaccò la Finlandia. La crociata contro il comunismo lo condurrà a sostenere Franco contro la Repubblica spagnola e a rallegrarsi con l’ambasciatore tedesco presso la Santa Sede per i successi militari della Wehrmacht sul fronte russo.

Il destino dell’uomo è tragico: unico tra gli esseri viventi a essere a conoscenza del limite della sua esistenza. Esistenza difficile, che sopravvive solo grazie alla speranza. In Francia, i laici sono riusciti a imporre, con Aristide Briand, il 9 dicembre 1905, la legge sulla separazione tra le Chiese e lo Stato, perché erano in grado di offrire ai francesi speranze universali diverse da quelle delle religioni. Di fronte alle confessioni allora rappresentate, la cattolica, la protestante, la luterana, la riformata e l’israelita, la Storia ha schierato il socialismo, il comunismo, il fascismo e il liberalismo, ideologie che hanno poi fallito. Da allora, sempre incapaci di vivere senza speranza, gli uomini tornano alla religione. Insomma, con Nietzsche abbiamo creduto che Dio era morto, ma ci siamo sbagliati. Un giorno su un muro di Berlino ho visto una scritta: «Nietzsche è morto»; era firmata Dio. Ma le vie del Signore, sempre impenetrabili, sono veramente quelle di Ratzinger?

Traduzione di Fabio Galimberti


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