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EUROPA: TUBINGA, 4 NOVEMBRE 1945. LA ROSA BIANCA: "LA BILANCIA DELL’ESISTENZA". Commemorazione di Romano Guardini - a cura di Federico La Sala

domenica 12 agosto 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Le persone di cui facciamo memoria sono vissute in questo ordine.
Appartenevano al mondo dell’universita’, un mondo che e’, nonostante tutto, uno dei mondi piu’ nobili che esistano, perche’ ha degli obblighi solo nei confronti della verita’. Negli anni scorsi l’universita’ e’ stata umiliata.
E’ stato corrotto il suo rapporto con la verita’ e con cio’ la sua essenza e’ stata distrutta. E’ stata ridotta a strumento al servizio di fini politici. I fratelli Scholl e i loro amici volevano (...)

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> EUROPA: TUBINGA, 4 NOVEMBRE 1945. LA ROSA BIANCA: "LA BILANCIA DELL’ESISTENZA". Commemorazione di Romano Guardini - Willi Graf, Con la Rosa Bianca contro Hitler. Per la prima volta in Italia la biografia del cattolico studente in medicina che prese parte al movimento anti-hitleriano e fu giustiziato in carcere nell’ottobre 1943 (di Marco Roncalli).

giovedì 7 febbraio 2008

il caso

Per la prima volta in Italia la biografia del cattolico studente in medicina che prese parte al movimento anti-hitleriano e fu giustiziato in carcere nell’ottobre 1943

Rosa Bianca, il terzo petalo

Non solo i fratelli Scholl: nel famoso gruppetto di giovani tedeschi che s’opposero al nazismo c’era Willi Graf, un altro martire della libertà

di MARCO RONCALLI (Avvenire, 06.02.2008)

« Questo libro presenta per la prima volta ai lettori italiani la biografia di mio fratello, dopo che altri volumi hanno raccontato della Rosa Bianca e dei fratelli Scholl..., in questo modo l’eredità di Willi continua a vivere e può essere riproposta alle giovani generazioni, come esempio di coraggio e impegno civile...». Così, nella postfazione, l’ottantasettenne Anneliese Knoop-Graf, unica sopravvissuta fra quanti conobbero bene quel gruppetto di studenti tedeschi che pagò con la vita l’opposizione al nazismo, per «avere voluto svegliare la coscienza del popolo tedesco» come sintetizza nella prefazione Moni Ovadia.

A proporci un nitido profilo del giovane cattolico che, dopo settimane di torture della Gestapo (nell’inutile tentativo di estorcergli i nomi di altri compagni), fu ghigliottinato il 12 ottobre 1943 (come aveva chiesto il verdetto di Roland Freisler, presidente della Corte del Popolo), è la giornalista Paola Rosà. Il suo Willi Graf, Con la Rosa Bianca contro Hitler (Il Margine, pp. 240, euro 16), offre un canovaccio biografico basato sulla bibliografia dedicata alla Weiße Rose e ai suoi protagonisti (ricordiamo anche Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell, cui si unì il professor Kurt Huber) arricchito da inedite testimonianze (come l’intervista a Marianne Thoeren, quella che un tempo fu l’amica che sapeva ascoltare l’inquieto Willi in un modo speciale).

Non solo; queste pagine bene rispecchiano un coerente percorso di formazione, dove s’intravedono le ragioni di una scelta radicale che si fonde nel martirio: epilogo di una vita breve, consumata con consapevolezza e responsabilità, sorretta dalla fede e dalla cultura, nel segno di una resistenza non violenta - per vocazione umana e cristiana - affidata alla forza delle parole della verità contro quelle della menzogna. Il libro si apre con diverse immagini emblematiche.

Innanzitutto quella di Saarbrücken, capoluogo della Saar, la regione di confine con la Francia dove i Graf si erano trasferiti.

Dopo 15 anni di amministrazione da parte della Società delle Nazioni, la città, con il voto del 13 gennaio 1935 sull’onda del patriottismo, sancisce l’annessione alla Germania di Hitler. Nulla sarà come prima. Il diciassettenne Willi solo per poco potrà portare in pubblico la divisa della Neudeutschland, l’organizzazione giovanile cattolica di cui fa parte. E ancora per poco le sfide alla Gioventù hitleriana sembreranno giochi di rivalità fra ragazzi.

Dopo queste inquadrature generali l’autrice, come in film documentario, stringe lo zoom sulla famiglia di Willi colta in un conformismo obbligato (la madre Anna Gölden, fervente cattolica, conosce il dovere dell’obbedienza, il padre Gerhard si preoccupa che il figlio non possa continuare gli studi...), poi si ferma sul protagonista, questo giovane «selettivo nelle amicizie..., distante con chi non gli ispira fiducia» che si apre invece «senza riserve a chi sente parte del suo mondo» e che soprattutto «ama sopra ogni cosa la libertà, senza compromessi».

Insomma, in nuce, c’è già il manifesto di un’etica: «Ci hanno detto delle belle cose sull’onestà, non tutti sono educati all’onestà in famiglia, ma dall’onestà dipende tutta la vita del gruppo». Parole del giovane Willi, nel quale cui Paola Rosà si preoccupa subito di assicurare l’assenza di ideologia e il solo desiderio di un’autentica giustizia cristiana.

È un aspetto da tener presente che non viene travolto dall’avanzare inarrestabile della nazificazione anche nella Saar con cui il ragazzone «dalle spalle larghe» deve sempre più fare i conti. E con lui i suoi amici dell’Ordine Grigio, oltre cento giovani che si ritrovano in campeggi e viaggi (proibiti dal regime nazista), ma anche gli altri con cui condivide la passione per le letture di scrittori profondi (come Ernst Wiechert ).

Capitolo dopo capitolo Willi viene seguito sin dal primo arresto nel 1938 a Mannheim (uscirà poi di prigione grazie all’amnistia concessa con l’annessione dell’Austria al Reich), quindi nei primi mesi di servizio forzato a Dillingen fra marce, esercitazioni, conferenze sulla razza, poi all’inizio dei suoi studi di medicina a Bonn, nelle tappe del suo servizio militare - in Francia e Yugoslavia (dove nell’estate ’42 conosce Hans Scholl, Alexander Schmorell e Jurgen Wittenstein), sul fronte russo - sino al ritorno a Monaco e alla decisione di entrare nella Rosa Bianca che affida ai primi volantini i suoi appelli alla resistenza: «Ovunque vi troviate, ostacolate il cammino di questa atea macchina da guerra, prima che sia troppo tardi». Willi è sempre più arrabbiato e deciso e nel novembre 1942 ripete: «La follia dei criminali che ci stanno governando porterà tutti alla rovina!».

Nonostante questo impegno, non trascura i suoi libri (in questo periodo lo appassionano le Meditazioni sulla divina liturgia di Gogol: «Il dramma della Divina Liturgia è grandioso: si svolge in pubblico, dinanzi agli occhi di tutti e tuttavia segretamente...». Poi il dramma all’inizio del 1943: WIlli tiene in valigia ciclostile e volantini... Di qui l’arresto, gli interrogatori della Gestapo, la custodia cautelare a Neudeck, la lunga detenzione.

Sino al 12 ottobre, quando il procuratore di Monaco scrive al ministro della Giustizia del Reich: «Oggetto: Causa penale contro Graf Wilhelm. L’esecuzione della pena di morte contro il suddetto ha avuto luogo nel carcere penale di Stadelheim il 12 ottobre 1943. Il procedimento è durato dall’abbandono della cella esattamente 1 minuto e 11 secondi, dalla consegna al boia sino alla caduta della lama 11 secondi. Non sono da segnalare intoppi o altri».

**** E Willi «contagiò» anche il suo maestro: Höffner, il cardinale che salvava gli ebrei

Tra gli amici della pri­ma ora di Willi Graf c’è un giovane cappella­no: Joseph Höffner, classe 1906, quattro lauree, asse­gnato a Saarbrücken nel 1934 dopo gli anni alla Gre­goriana, dove due anni pri­ma era stato ordinato sacer­dote. Nella Saar Höffner re­sta solo tre anni; come Willi nel 1937 lascia Saarbrücken per studiare: il cappellano e­conomia politica a Friburgo, il diciannovenne Willi medi­cina a Bonn.

Tre anni da non sottovaluta­re. Anzi un periodo fonda­mentale per il chierichetto Willi affascinato da quel teo­logo sempre chino in sacre­stia o in biblioteca e che - so­stiene Paola Rosà - con buo­na probabilità incoraggiò la sua ribellione silenziosa. Höffner sarà poi cardinale, arcivescovo di Colonia per quasi due decenni, nonché rappresentante della Confe­renza episcopale tedesca.

Willi s’iscrisse a medicina per sfuggire al nazismo; in realtà - testimonia la sorella Anneliese - voleva fare teo­logia, «chiave d’ingresso di ogni altra sfera del pensie­ro ». Glielo dimostrò Höffner, quando in quegli anni lavo­rava sul tema «giustizia so­ciale e amore sociale», studi poi entrati negli annali del­la dottrina sociale della Chiesa.

Parola e azione: il binomio che inquietava già il sedi­cenne Willi. «In questo, sen­za che però abbia la possibi­lità di venirlo a sapere, il suo cappellano gli farà da mo­dello - ricorda Paola Rosà -. Nel 1943, proprio mentre Willi è in carcere in attesa del patibolo, Joseph Höffner parroco in un villaggio sulla Mosella ospita in canonica sotto falso nome una bam­bina ebrea, salvandole la vi­ta; lo stesso farà insieme al­la sorella con una coppia di adulti, nascosti nella casa dei genitori a Horhausen».

Di giustizia Höffner conti­nuerà ad occuparsi nella nuova Repubblica Federale come docente onorario ne­gli atenei di Münster e Tre­viri, finché anche in Israele si ricorderanno di lui. 16 anni dopo la morte, nel 2003, Yad Vashem gli conferirà il tito­lo di «Giusto tra le nazioni».

Marco Roncalli


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