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Il magistero del "Deus caritas est" ("Dio caro-prezzo è") o il magistero del "Deus charitas est" ("Dio è Amore") ?!

DOPO WOJTYLA, LA CHIESA SULLA STRADA DELLA CIVILTA’ DELL’AMORE ("CHARITAS")? NO!!! SU QUELLA DEL DIO DEGLI AFFARI ("Mammona" - "Caritas") E DEL SILENZIO DELLE "TRE SCIMMIETTE" (di "Mammasantissima"). Speriamo che la nottata non sia troppo buia e silenziosa. La Chiesa senza pastori: un commento di Filippo Di Giacomo - a cura di pfls

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO". E’ ORA DI RESTITUIRE "L’ANELLO DEL PESCATORE" A GIUSEPPE, PER AMARE BENE MARIA!!!
venerdì 9 novembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Quanti parroci, quanti vescovi hanno esercitato il loro diritto-dovere di visita? E se hanno visitate le sue case, trovandovi solo cose ottime, perché ora tacciono? Nella stanza di uno degli indagati di Torino sono stati trovati dei fogli di carta che dimostrano che il taglieggio subito durava da mesi e mesi: un calvario esistenziale facilmente immaginabile. Vissuto in disperata, e spaventata, solitudine.
Mentre questo accadeva, nessun confratello aveva occhi per vedere, orecchie per (...)

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>Speriamo che la nottata non sia troppo buia e silenziosa. La Chiesa senza pastori --- Natale val bene un presepe - è da sempre una «festa di idea»!!! (di don Filippo Di Giacomo).

sabato 10 dicembre 2011

Natale val bene un presepe

di Filippo Di Giacomo (l’Unità, 10 dicembre 2011)

Siete in procinto di realizzare il vostro presepe? Altro che astrologia: saper «leggere» i segni natalizi che ognuno di noi ha in casa, può aiutarci a comprendere ciò che siamo. Se avete scelto di situare il Mistero della nascita in una grotta, avete una fervida immaginazione mediterranea. L’antro è assente dai Vangeli, ma è dato per certo in un Dialogo di Giustino, Padre del IV secolo, che la desume da una profezia biblica applicata al Cristo: «Abiterà in una grotta alta, di pietra dura» (Issata, 33,16).

Nel linguaggio dei simboli, spiega San Paolino da Norcia, la grotta è un chiaro riferimento a questa nostra Madre Terra, considerata dalla Bibbia il «cuore del Creato». Da bravo orientale però prima di entrarvi, San Giuseppe ha riflettuto più di mille anni seduto in disparte. «Questo bambino, come può essere figlio di Dio?», si interroga infatti nella Storia di Giuseppe il falegname, uno dei testi apocrifi più antichi. Ma nel 1223 Francesco di Assisi inventa il presepe vivente, trasforma i contadini di Greccio in personaggi della Natività e lo aiuta a risolvere i suoi dubbi: collocato accanto alla mangiatoia, accetta la natura divina del Bambinello e diventa custode esemplare del Mistero Divino.

Eppure San Giuseppe non è il solo ad aver sofferto lunghe vicissitudini: i testi evangelici raccontano unicamente la nascita di Gesù, l’annuncio ai pastori e l’adorazione dei magi. San Luca, che più si sofferma sulla Natività, si limita a riferire: «Maria partorì suo figlio, lo avvolse in fasce e lo pose a giacere in una mangiatoia, perché non c’era posto nell’albergo» (2,6-7). A partire dalla fine del primo secolo, numerosi testi apocrifi rivendicheranno maggiore conoscenza dell’Incarnazione e tenteranno di completarla o di trasformarla. Così, la stella che, secondo il racconto di Matteo (2,2) guidò i Magi fino a Betlemme, diventa lo Spirito Santo, per il Vangelo degli Ebrei, testo sacro usato nelle adunanze dei cristiani di ceppo israelita.

Le due lavandaie, i più antichi personaggi profani citati, sono per l’Ascensione di Isaia due ostetriche che lavano i panni dopo aver aiutato Maria a partorire. Il bue e l’asinello, che in placida adorazione del Salvatore confermano una profezia di Isaia ed una di Abakuk, compaiono la prima volta nel Protovangelo di Giacomo, testo del secondo secolo ampiamente diffuso nel mondo cristiano antico. Il bue e l’asinello, dice San Paolino da Nola, ci ricordano il nostro ruolo nella creazione: quello di liberarci da ogni schiavitù. La Vergine è ogni buon seme che fiorisce e dona frutto, colei che ci rappresenta tutti; poiché, assicura la liturgia natalizia «ha dato alla luce il primogenito di molti fratelli».

Non trovando posto nel Protovangelo, i Magi apprendono di essere tre per decreto papale e solo nel quinto secolo dopo Cristo. Leone Magno infatti lo stabilì in una delle sue poderose omelie. Per conoscere i loro nomi però, si dovrà attendere l’anno Mille quando i crociati di ritorno dalla Terra Santa, rivelarono i nomi dei primi convertiti al cristianesimo: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. E, continuando il viaggio nel linguaggio dei simboli, è «sapienza che accoglie la sapienza», ammonisce Leone Magno, «comportarsi come i Magi e cercare di riunire l’umanità intera nella fratellanza e nella pace».

Perché questa è la forza di quei poveri e di quei semplici, continua ad insegnare San Paolino da Nola, simboleggiati dai pastori. E perché questa è la giovinezza di quel Mondo che ancora si meraviglia ed esclama con il poeta induista Tagore: «Quando nasce un bimbo, è segno che Dio non si è ancora stancato dell’uomo».

Dopo il secolo Ottavo, le foreste druidiche posero la natività all’ombra del vischio, arbusto sacro del solstizio d’inverno. E l’albero di Natale, spesso giudicato emblema paganeggiante, giunge daquei paesi nordici con un’origine cristiana esplicativa: con i frutti simbolici appesi ai suoi rami, è l’albero del nuovo paradiso terrestre. Nel 1700, Sarchiapone, Razzullo, i redicolosi, i pacchiani e tutti i personaggi del presepe napoletano migrano dal Vesuvio a Bethlemme per comporre l’ultimo, grande racconto della Natività. Grazie a loro, si riscrive un vero Vangelo dei Poveri: essi si moltiplicano ed evocano il mondo nella sua totalità, il fiabesco si mescola al reale per esplorare la vastità e la complessità dell’ Incarnazione.

Il Natale di Gesù Cristo comunque è da sempre una «festa di idea», il mezzo per trasmettere un messaggio universale, ed anche per i non credenti, l’utopia natalizia tramanda nel tempo i bisogni culturali e sociali di popoli. È giusto quindi, che questa «tradizione» faccia ricorso a riti capaci di tradurre la realtà significata in linguaggio simbolico accessibile a tutti. Dunque, se siete tentati di accontentarvi di Babbo Natale, inventato nel 1946 dalla Coca Cola come testimonial pubblicitario, guardate al Bambinello, pensate al futuro e sperate: nonostante i guai passati, presenti e futuri, la vita continua ad essere meravigliosa.


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