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Europa

TURCHIA. LA SVOLTA. Dopo Ataturk, primo islamico a capo dello Stato. Abdullah Gul eletto presidente. I leader europei plaudono. Giudizio di Prodi molto positivo - a cura di pfls

Le prime dichiarazioni del nuovo presidente: "Difenderò la costituzione, inclusa la laicità".
martedì 28 agosto 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, ha espresso le sue "più vive congratulazioni" a Abdullah Gul per la sua elezione alla presidenza della Repubblica turca. Secondo Barroso con la formazione a breve in Turchia anche del nuovo governo "con un chiaro mandato popolare" si apre "una opportunità per un impeto nuovo e immediato al processo di adesione all’Ue, attraverso il progresso in vari settori chiave" [...]

Primo (...)

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> TURCHIA. LA SVOLTA. Dopo Ataturk --- La Turchia è tornata in Medio Oriente. Così Erdogan tradisce il suo Paese (di Roberto Toscano)

domenica 11 ottobre 2015

Così Erdogan tradisce il suo Paese

di Roberto Toscano (La Stampa, 11/10/2015)

La Turchia è tornata in Medio Oriente. Un Medio Oriente dilaniato dai settarismi e dall’autoritarismo, e colpito da un feroce terrorismo. Gli oltre ottanta morti di ieri ad Ankara si sommano alle trenta vittime dell’attentato di luglio a Diyabarkir e - anche se mancano risposte definitive sugli autori - in nessuno dei due casi possono esserci molti dubbi.

La verità sta nella natura dei bersagli: in entrambi i casi si è trattato di manifestazioni convocate da forze progressiste, in particolare l’Hdp, il partito nato come curdo ma ormai punto di riferimento crescente, dopo aver superato alle ultime elezioni la soglia di sbarramento del 10 per cento per l’ingresso in Parlamento, dell’opposizione al regime di Erdogan.

I morti, e i numerosi feriti, appartengono a una Turchia giovane e democratica che si oppone ad una deriva politico-culturale che combina nazionalismo e islamismo - una deriva che appare ormai capace di annullare e invertire un ben diverso cammino, quello che sembrava destinato a portare il Paese verso condizioni sempre più avanzate di benessere e di integrazione con l’Europa. L’attacco radicale contro questa prospettiva non è arrivato da una ormai improbabile regressione golpista.

È arrivato da un partito, l’Akp, e da un leader, Tayyip Erdogan, che si erano presentati ai turchi e al mondo con una proposta apparentemente capace di garantire una maggiore integrazione nel sistema politico di masse conservatrici, rurali e religiose che la repubblica laica di Atatürk aveva tradizionalmente emarginato nel perseguimento di un disegno autoritario di accelerata modernizzazione ed europeizzazione.

Ebbene, con una progressione inesorabile e senza scrupoli, la «democrazia religiosa» di Erdogan si è rivelata una vera e propria frode politica, caratterizzata da un integrismo strisciante, un’intolleranza sfacciata, una repressione sistematica contro la stampa che osa non allinearsi con il regime e criticare il Capo.

E non si tratta solo di politica interna. Allo slogan degli esordi del primo governo dell’Akp, «zero problemi con i vicini» si potrebbe oggi sostituire il mussoliniano «molti nemici, molto onore». Gli errori si sono sommati, primo di tutti l’ostentata e ingiustificata sicurezza nel decretare che Assad avrebbe dovuto rapidamente abbandonare il potere. Non si tratta solo di errori, ma di un avventurismo pericoloso per la stessa sicurezza del Paese. Come definire diversamente il fatto che la Turchia ha permesso, anzi facilitato, il transito di «foreign fighters» in maggioranza certo non diretti a rinforzare le sparute schiere dei cosiddetti «ribelli democratici», ma piuttosto a unirsi al jihadismo più radicale, da quello affiliato ad Al Qaeda allo stesso Daesh? Ma se i confini diventano permeabili, lo sono nei due sensi, e non sembra azzardata l’ipotesi che gli attentati siano opera di Daesh, per cui i curdi sono i nemici più determinati - ben più credibili di quanto non lo sia la sceneggiata di una coalizione di cui fanno parte Paesi che notoriamente sostengono quel jihadismo che in teoria dovrebbero combattere.

Quello che è certo è che anche per Erdogan i curdi sono il nemico da neutralizzare, e che ormai il governo turco è più vicino all’islamismo radicale che non all’Europa e in genere all’Occidente. Non basta evocare la protezione degli alleati Nato nei confronti di un’inquietante, crescente presenza russa, e non funziona chiedere alla Ue (stile-Gheddafi) di essere indulgente a cambio di una più rigida attività di controllo sui flussi di migranti.

I democratici turchi ci rimproverano, e non a torto, di avere tardato troppo a renderci conto della vera natura di Erdogan e dell’Akp. Oggi comunque le ambiguità sono finite, e purtroppo c’è il pericolo non solo che la Turchia si allontani sempre più dall’orizzonte europeo, ma che si vada verso una crescente fusione fra islamismo e nazionalismo autoritario, con l’appoggio di vertici militari sempre meno ostili a Erdogan. Una tragedia per i turchi, una sventura per gli europei.


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