Inviare un messaggio

In risposta a:
Eu-ropa. Regno Unito...

FRIENDS EveryOnGroeup OF PEGAH EMAMBAKHSH Campaign. Risultati: una rappresentanza legale e politica efficiente e un’atmosfera serena, improntata al rispetto della sua dignità. Ma necessario vigilare e continuare la mobilitazione... - a cura di pfls

lunedì 10 settembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] In seguito a un incontro con il Pubblico Ministero che si occupa della
signora Pegah Emambakhsh avvenuto ieri mattina, 28 agosto 2007, e alla
presentazione del caso alla Border and Immigration Agency da parte del
team legale che la rappresenta a tutt’oggi, dichiariamo di essere
pienamente soddisfatti della rappresentanza legale e politica, che ora sono
pienamente efficienti. [...]
__ PEGAH E’ LIBERA!!!__

FRIENDS EveryOnGroeup
OF PEGAH
CAMPAIGN
EveryOne Group (...)

In risposta a:

> FRIENDS EveryOnGroeup OF PEGAH EMAMBAKHSH Campaign. Risultati: una rappresentanza legale e politica efficiente e un’atmosfera serena, improntata al rispetto della sua dignità. Ma necessario vigilare e continuare la mobilitazione... Pegah: l’Europa mi ha abbandonata - di Farian Sabahi.

venerdì 7 settembre 2007

Pegah: l’Europa mi ha abbandonata

di Farian Sabahi

«Sono stanca dì lottare, stanca di attendere la notizia di un asilo che non arriva mai o di una deportazione che sembra sempre più vicina», confessava qualche giorno fa l’iraniana Pegah Emambakhsh.

Quarant’anni, ha rischiato di essere deportata in Iran, dove sarebbe stata condannata a morte per avere amato un’altra donna. Dopo alcuni giorni di silenzio, Pegah ha finalmente accettato di farsi intervistare per telefono grazie alla mediazione dell’amica iraniana V.T., che preferisce restare nell’anonimato, e del Gruppo EveryOne che si è tanto impegnato per ottenere la sua scarcerazione.

Pegah ha passato le ultime settimane nei centro di detenzione inglese di Yarl’s Wood vicino a Clapham, nel Bedfordshire. Il suo caso ha messo in subbuglio le severe regole di questo luogo, anticamera di innumerevoli deportazioni e tragedie. In seguito alla campagna internazionale «Flowers for Pegah» lanciata dal gruppo EveryOne, al centro di detenzione sono arrivati mazzi di rose, gigli e orchidee. E tanti biglietti e messaggi di sostegno con i francobolli inglesi, italiani e spagnoli.

Secondo le rigide procedure del carcere nessun oggetto può però essere consegnato ai detenuti. E quando i fiori sono diventati migliaia le guardie carcerarie hanno preso la decisione arbitraria di gettare tutto nella spazzatura, senza neanche mostrare alla prigioniera quei segni d’affetto e solidarietà da tutto il mondo. Finché una guardia carceraria più umana delle altre si è messa in tasca qualche biglietto, qualche petalo di rosa e, con fare furtivo, li ha passati a Pegah, sussurrandole quello che accadeva fuori.

Quanto è stato importante quel momento?

«È stato in quel preciso istante, quando la solidarietà ha superato il limite posto dal regolamento del carcere, che ho intravisto la speranza. Sto bene. Ho passato momenti terribili, ma adesso mi sento meglio. So che tante persone meravigliose si stanno preoccupando per me e desidero rassicurarle. Spero di uscire presto di qui, perché vorrei ringraziarle una per una».

La data della deportazione e il suo volo per Teheran sono stati fissati tre volte e, grazie all’intervento di alcune associazioni, la macchina della morte si è fermata. L’incubo della fine l’ha abbandonata?

«Sì. quel pensiero se ne è andato via dalla mia anima. Ora sono, serena e ho la speranza in un futuro migliore».

Le mancano i suoi figli?

«Ho due maschi a cui voglio tutto il bene del mondo. Sono anni che non li vedo, li penso ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Mi mancano tanto e spero che stiano bene, che siano felici. Penso spesso anche a mio padre. E’ vecchio e l’ultima volta che l’ho visto non stava bene, sono preoccupata per la sua salute e prego sempre per lui».

Lei ha lasciato l’Iran nel 2005 e pensava di trovare asilo in Europa. È rimasta delusa?

«Mi era stato detto che il Regno Unito è uno Stato molto accogliente con i profughi, molto attenta ai diritti della persona. Se devo essere sincera, quando sono arrivata qui, ero convinta di essere finalmente al sicuro. Avevo perduto tutto, ma non rischiavo più la pelle. Invece è andata diversamente anche se, devo ammetterlo, in Europa, ho trovato degli amici. Penso ai tanti che si sono presi a cuore il mio caso, e in particolare ai Gruppo EveryOne che ha aderito al sit-in di lunedì scorso a Roma, davanti all’ambasciata del Regno Unito. L’Europa è anche questo, gente che non mi conosce personalmente ma soffre insieme a me. Per questo vorrei incontrare Roberto, Matteo, Dario, Ahmad, Steed e tutti gli altri che lottano per farmi ottenere l’asilo definitivo».

È riuscita a vedere le immagini del sit-in? Ed è stata informata del fatto che il Gruppo EveryOne ha chiesto aiuto al Consiglio d’Europa?

«Ho visto qualche articolo sui quotidia ni, ma nel centro di detenzione di Yarl’s Wood siamo tenuti all’oscuro di quello che succede fuori e non abbiamo la possibilità di usare Internet».

* da: La Stampa del 5 settembre 2007 (cf. anche il blog di Farian Sabahi), ripreso da Anne’s Door. La cultura a difesa della vita.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: