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Melchisedech, i tre anelli, e... la buona-notizia.

"IL PROFETA GIUSEPPE", L’ANELLO DI CONGIUNZIONE DEI "TRE" MONOTEISMI. Un importante studio di Massimo Campanini sul patriarca d’Israele e sul profeta del Corano. A quando la ri-considerazione e il riconoscimento da parte della Chiesa cattolica dell’altro Giuseppe, quello ev-angelico?! Freud e Pirandello aspettano ancora - a cura di pfls

lunedì 10 settembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
RELIGIONI
Giuseppe unisce Bibbia e Corano
Il personaggio biblico consigliere del Faraone ricorre anche negli scritti coranici. Due vicende diverse ma con una certa consonanza di fondo
Di Franco Cardini (Avvenire, 01.09.2007)
Tra le molte sciocchezze che si sentono dire di solito sul Corano, c’è anche quella secondo la quale esso sarebbe privo di riferimenti sia alla Bibbia, sia alla storia profana. Per convincersi del contrario basta, a non dir altro, un’occhiata al bel libro di Mikhail (...)

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> "GIUSEPPE", L’ANELLO DI CONGIUNZIONE DEI "TRE" MONOTEISMI. ---- NATALE CRISTIANO E NATALE MUSLMANO. Una bella coincidenza: Gesù e Muhammad quest’anno nascono nella stessa notte.

mercoledì 23 dicembre 2015

Quest’anno il Natale cristiano e quello musulmano cadono la stessa notte

Non accadeva da mezzo millennio. Una bella coincidenza di questi tempi

Quando gli dei si parlano

di Monika Bulaj (la Repubblica, 20.12.2015)

L’HO SENTITO NEI SOSPIRI DEI SUFI A KABUL, al Cairo e a Istanbul, durante i riti dionisiaci dei musulmani del Maghreb, tra le esplosioni di petardi e rulli di tamburi nella Tripoli agghindata con palloncini e teste di squalo. Era il canto natalizio dei musulmani. Quest’anno, per la prima volta negli ultimi quattrocentocinquantasette, quel canto si leverà nel mondo musulmano nella stessa notte in cui i cristiani celebreranno il loro Natale, quella tra il 24 e il 25 dicembre. Perché quest’anno Maometto nasce quando nasce Gesù. Sarà il secondo Mawlud del 2015, il primo è caduto tra il 3 e il 4 gennaio: l’anno liturgico dei musulmani, governato dalla Luna, corre più veloce di quello cristiano.

Coincidenze. Del resto - e oggi pare così strano ricordarlo - le due religioni si sono rispecchiate l’una nell’altra nei secoli a suon di melodie e usanze, e si sono prestate poesie e riti come i buoni vicini si prestano il sale. E fu forse proprio per resistere all’incanto della notte di Betlemme che un califfo decretò la nascita del Profeta come festa popolare. Da allora il Natale musulmano viene festeggiato dal Maghreb fino all’Indonesia con fuochi d’artificio e regali per i bambini, cortei e danze estatiche, ed è replicato a sua volta per i santi locali in una infinità di Natali minori.

Sono anni che viaggio nelle sacre periferie delle religioni del Libro, zone franche assediate dai fanatismi armati, patrie perdute di un’umanità in fuga. Come i santuari dei mistici dell’Islam, che dal Pakistan al Mali stanno scomparendo a suon di bombe. Odiati dagli ultras dell’Islam e ignorati dall’Occidente, i sufi sono forse una delle poche barriere contro la barbarie. Riempiono le biblioteche, godono della lettura come i mistici ebrei, mettono l’esperienza al di sopra della teoria, chiamano la pratica "strada" e il fanatico "asino che porta sulla groppa una pila di libri".

Sono zone franche. Come le donne armene e turche che dormono assieme sulla tomba di un santo cristiano sul Bosforo; come i monasteri nel deserto egiziano, ora assediati dai fondamentalisti, dove Abuna Fanous ascolta i sogni dei pastori beduini che per parlare con lui si fanno ore di coda sotto il sole; oppure come la venerazione dei kosovari verso lo sfortunato santo dei serbi, il re Stefano, accecato dal proprio padre e ucciso dal figlio. Zone franche sono i cristiani e i musulmani che pregavano assieme nella moschea di Damasco, o quelli che hanno rimesso a posto le pietre del monastero di Deir Mar Musa, sempre nella povera Siria.

Sono queste le ultime oasi d’incontro tra le fedi, luoghi dove gli dei ancora si parlano, terre di promiscuitˆ millenaria scomoda ai predicatori dello scontro di civilt ˆ, luoghi dove la catena delle vendette si rompe, dove si mangiano le stesse pietanze, si intonano gli stessi canti, si fanno gli stessi gesti. Accadde anche nella mia Polonia prima della Seconda guerra, nel Marocco degli anni Cinquanta prima dell’esodo degli ebrei. Il buon santo è buono per tutti. A Mea Sharim, il quartiere dei Chassidim di Gerusalemme, i nomi delle sinagoghe rievocano paludi bielorusse, pianure polacche, bianche colline ucraine.

È un mondo parallelo e invisibile che va dall’Asia centrale all’America latina, dalle Russie al Medio Oriente. Il calendario dei miei spostamenti tra Gibilterra e l’Afghanistan segue anniversari di nascita e morte di uomini e profeti, pellegrinaggi e sacrifici, lune, solstizi e stagioni che annodano il tempo: persiano, aramaico, arabo o ebraico non importa, svela comunque una trama di sorprendenti parallelismi. Elia diventa tra i musulmani “Khidr il verde”; San Giorgio viene festeggiato nei Balcani da cristiani e musulmani; attorno alle Madonne si radunano donne musulmane e greco-ortodosse, di Napoli e di Istanbul.

Accade che a un certo punto sono le stesse immagini che vengono a cercarti. Svelano una continuità che abbiamo disimparato a osservare. Quello che faccio io è una cosa quasi infantile: raccolgo schegge di un grande specchio rotto, miliardi di schegge, frammenti incoerenti, pezzi, atomi, forse mattoni della Torre di Babele, tessere di un mosaico che non sarà mai completo. Poi metto tutto nell’ordine che mi sembra giusto, o forse solo possibile.


Dalla parte dei calendari

di Enzo Bianchi

LA SINGOLARE COINCIDENZA di calendario tra la festa della natività di Gesù e la commemorazione del profeta Muhammad dovrebbe scuoterci dal nostro analfabetismo nel dialogo islamo-cristiano, distoglierci dalle polemiche insensate sulla presenza o meno del presepe nelle scuole e nei luoghi pubblici istituzionali e spingerci alla pratica di quella “ospitalità culturale” di cui c’è grande urgenza per una convivenza buona e intelligente.

Conoscere le feste dell’altro, il significato delle celebrazioni, la reale portata delle tradizioni instauratesi nel corso dei secoli è il passo più semplice e tra i più fecondi per scoprire l’universo religioso di chi ci sta accanto e, al contempo, per riscoprire il fondamento di ciò che noi stessi ricordiamo, sovente offuscato dall’abitudine.

Dai primi secoli i cristiani fanno memoria della nascita di Gesù Cristo a Betlemme di Giudea il 25 dicembre: una data scelta perché in quel giorno il mondo romano celebrava e festeggiava il “sole invitto”, il sole che in quel giorno terminava il suo progressivo declinare all’orizzonte e ricominciava a salire in alto nel cielo, vincitore sulla tenebra che offusca la terra. Essendo Gesù Cristo vero sole, luce del mondo, era naturale fare memoria della sua nascita al solstizio d’inverno.

Per i musulmani invece la “commemorazione” (non la “festa”, perché nel calendario islamico solo due sono le “feste”: Id al-Fitr alla conclusione del mese di Ramadan, e Id al-Adha, la festa del Sacrificio) della nascita del Profeta, nel dodicesimo giorno del mese lunare di Rabi’ I che quest’anno cade appunto il 24 dicembre, risale a non prima del X secolo, con ispirazione alla festa cristiana, e oggi è particolarmente sentita a livello popolare e tra i bambini, sebbene sia contestata da alcuni che la giudicano troppo modellata sul Natale cristiano.

Due feste differenti, dunque, senza possibili sincretismi né simmetrie perché nella fede non si festeggia nulla insieme: ai cristiani è chiesto rispetto per la commemorazione dei musulmani, così come ai musulmani è chiesto rispetto per la festa cristiana della nascita di colui che per loro è comunque considerato un profeta, ma non colui che i cristiani confessano quale loro Signore e loro Dio. Insieme si può solo celebrare la gioia dell’altro e scambiarsi auguri di pace, e questo non è poco in un’umanità tentata di smentire la fraternità e di far divampare conflitti religiosi.



Gesù e Muhammad quest’anno nascono nella stessa notte

di Francesca Bellino (L’Huffington Post, 22/12/2015)

"Sti musulmani mo’ ci rubano pure il Natale..." ha esclamato un uomo in un bar a Roma, rivolgendosi al giovane barista. Non è una barzelletta, è il segno che l’islamofobia non ha limiti. Per prendersi gioco di chi crede che gli immigrati ci portino via il lavoro e che Daesh, il sedicente Stato islamico, ci abbia rubato la tranquillità, ma soprattutto di chi è convinto che sia sempre colpa dei musulmani, che ci sia l’Islam dietro ogni terrorismo e che i jihadisti uccidano per conquistare il paradiso, quest’anno ci ha pensato il calendario a creare una situazione anomala, quanto significativa e anche provocatoria.

Il Natale musulmano, ossia il Maulid, la festa per la nascita di Muhammad, capita nella stessa notte del nostro Natale: tra il 24 e il 25. Gesù e l’arrasul, ossia il profeta Muhammad, nasceranno nello stesso momento e dunque le due comunità festeggeranno nelle stesse ore. È un evento eccezionale che si verifica dopo 457 anni, quasi mezzo millennio. La notizia ha iniziato a circolare già da qualche settimana e ovviamente non è passata inosservata a chi pensa che "sti musulmani mo’ ci rubano pure il Natale..."!

Il Maulid quest’anno capita due volte. Secondo il calendario musulmano che segue il ciclo lunare, e quindi cambia ogni anno, è già caduto tra il 3 e il 4 gennaio. È uno dei giorni più sacri dell’Islam ed è una festa religiosa importante per i praticanti insieme all’Aid Ilfiter, la festa per la fine del Ramadan che cade nel nono mese del calendario musulmano, e all’Aid Ilidha, la festa del sacrificio che si tiene due mesi e dieci giorni dopo la fine del Ramadan. Questa commemora l’atto di Abramo di sacrificare, per ordine divino, il figlio Ismaele (o Isacco, per i cristiani), un atto sventato all’ultimo minuto con la sostituzione di Ismaele con un agnello.

È bizzarro che mentre la fase storica che viviamo spinge verso la separazione e la sfiducia, il calendario ci porta all’incontro e alla condivisione. Tantissime famiglie composte da persone di diversa provenienza, infatti, quest’anno si ritroveranno a celebrare le due feste insieme. Questa è la realtà dell’Italia di oggi. Un’Italia multietnica dove, in particolare cristiani e musulmani, vivono uno accanto all’altro.

Per chi come me crede che nulla succeda per caso, questa "coincidenza" ci porta un messaggio profondo che spero non passi inosservato. Non abbiamo bisogno di retorica, né di (belle) frasi fatte, come non abbiamo bisogno di paura, ma di azioni (belle), canti d’amore e nuovi pensieri. Pensieri positivi e pregni di fiducia verso gli altri. Auguri a tutti e godetevi questa notte della nascita che porta all’incontro e alla pace.


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