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Novecento

EUROPA. LA PREMESSA DELLA CATASTROFE: IL TRATTATO DI VERSAILLES. L’atto di accusa (1919) di John M. Keynes. Una nota di Dario Antiseri - a cura di pfls

(...) Una lezione di onestà, coraggio e lungimiranza. E di umana sensibilità: «I problemi finanziari che incombevano sull’Europa non potevano essere risolti dall’avidità. Per essi la possibilità di cura stava nella magnanimità»
lunedì 3 settembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Fu proprio la consapevolezza delle disastrose conseguenze economiche della pace per il destino dell’Europa e della civiltà occidentale a motivare le dimissioni di Keynes dall’incarico di rappresentante del Tesoro inglese alla Conferenza di Versailles. Il 7 giugno del 1919 egli scriveva al Premier Lloyd George: «Anche in queste ultime, angosciose settimane ho continuato a sperare che avreste trovato un qualsiasi modo per fare del Trattato un documento giusto e realistico. Ma ora, (...)

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> EUROPA. LA PREMESSA DELLA CATASTROFE: IL TRATTATO DI VERSAILLES. L’atto di accusa (1919) di John M. Keynes. --- La partecipazione al tavolo delle trattative in realtà persuase rapidamente il giovane economista che a Versailles si stavano preparando le condizioni per la spirale di eventi che avrebbe condotto al secondo conflitto mondiale, a causa delle «pecche disastrose» della conferenza internazionale e della generale insipienza degli attori (di Enrico Maria Masucci).

domenica 1 giugno 2008

Esce da Adelphi un libello titolato «Le conseguenze economiche della pace»

Appunti di John Maynard Keynes da Versailles

di Enrico Maria Massucci (il manifesto, 31.05.2008)

Qualunque dietrologia guarderebbe con sospetto l’assoluto silenzio che ha accompagnato e seguito, sulla «grande» stampa, la pubblicazione del fondamentale libro dell’inattuale John Maynard Keynes, Le conseguenza economiche della pace, (Adelphi, pp. 233, euro 22). Eppure il «libello», uscito in Gran Bretagna alla fine del 1919, non può proprio essere definito una chiosa a margine o una delle tante composizioni di circostanza che accompagnarono la fine della prima guerra mondiale. Anzi, esso funziona come un documento, agile e solenne, a commento di una catena di eventi che al tempo stesso era un punto di arrivo e di partenza, uno snodo crucialissimo di quella decisiva fase della storia dell’umanità, che Eric Hobsbawm avrebbe definito «secolo breve». In quella speciale congiuntura Keynes era presente come un rappresentante del Tesoro britannico alla conferenza di Versailles e insieme era anche delegato del Cancelliere dello Scacchiere al Supremo Consiglio Economico, dunque dall’osservatorio privilegiato dell’élite politica continentale, vincitrice della guerra, chiamata a ridisegnare lo scenario delle relazioni internazionali all’indomani del crollo del Secondo Reich.

La partecipazione al tavolo delle trattative in realtà persuase rapidamente il giovane economista che a Versailles si stavano preparando le condizioni per la spirale di eventi che avrebbe condotto al secondo conflitto mondiale, a causa delle «pecche disastrose» della conferenza internazionale e della generale insipienza degli attori. Così, contestualmente alle proprie dimissioni, Keynes affidava a un testo teso e vibrante considerazioni non episodiche sugli effetti delle decisioni prese sul futuro assetto del continente: decisioni che avrebbero alimentato un risentimento verso il paese, sanzionato dal Trattato stesso quale responsabile unico e «solitario» dello scoppio della guerra (la Germania), quasi annientandone il profilo statuale.

Inoltre, Lord Keynes considerava l’atteggiamento delle nazioni vincitrici, in particolare quello della Francia e dell’Inghilterra, come una riedizione dello spirito ottocentesco da grande potenza corresponsabile dell’inizio della prima guerra mondiale e anticipatore della seconda. Nelle sue pagine appassionate, il grande economista non mancava di segnalare l’irresponsabilità di una condotta politico-diplomatica che associava alla vessazione antitedesca l’accanimento ideologico antibolscevico, giudicato altrettanto insulso della revanche antigermanica, ai fini di una ricomposizione della frattura europea e di un reale ristabilimento della pace.

Il «blocco» sanzionatorio e il «cordone sanitario» imposti al paese dei Soviet gli apparivano «provvedimenti stolidi e miopi», che avrebbero danneggiato non tanto l’esperimento lì in corso quanto l’Europa stessa, incapace di riprogettarsi creativamente. L’invocazione keynesiana, come si sa, sarebbe rimasta lettera morta e quell’accidentato percorso negoziale avrebbe prodotto l’ennesima eterogenesi dei fini. Non a caso la stagione storica che aveva appena terminato di aprirsi era quella della «seconda guerra dei trent’anni».


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