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"ITALIA". AMARE L’ITALIA: RIPRENDIAMOCI LA PAROLA. VAFFA-DAY?! ONORE A BEPPE GRILLO. Contro la vergognosa confusione dell’ "antipolitica" in Parlamento e della "politica" in Piazza, l’invito ad uscire dalla "logica" del "mentitore". Una lettera (2002), con un intervento di Beppe Grillo (la Repubblica, 2004), di Federico La Sala.

domenica 16 settembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Economia allora non vuol più dire studiare, ricercare, inventare, produrre, ma ridere, ingannare e vendere. Conducendo gli affari di Stato come quelli pubblicitari e televisivi, i nostri mastrolindi sono riusciti in pochi anni a indebolire l’Italia più di quanto avessero fatto in decenni i loro protettori socialisti e democristiani. Adeguando diversi ministri e parlamentari alla volgarità e al turpiloquio delle loro televisioni, hanno ribaltato il significato della parola "volgare". (...)

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> "ITALIA". AMARE L’ITALIA: RIPRENDIAMOCI LA PAROLA. VAFFA-DAY: ONORE A BEPPE GRILLO. Una lettera (2002), con un intervento di Beppe Grillo (2004), di Federico La Sala.

martedì 11 settembre 2007

Venti ottobre

di Rossana Rossanda (il manifesto, 08.09.2007)

La manifestazione e il corteo che assieme a Liberazione questo giornale ha lanciato per il 20 ottobre sono stati bersaglio di una certa campagna stampa, avallata anche da alcuni politici che rischia di farci apparire il paese più instupidito d’Europa. Un corteo pacifico e, ci auguriamo, di massa che esprime bisogni e sensibilità molto reali sarebbe il cavallo di Troia per far cadere il governo Prodi? Sostenere questo governo, farlo inciampare o cadere è potere esclusivo delle forze politiche in Parlamento, del patto che le ha messe assieme e, o almeno così dovrebbe essere, del rispetto che farebbero bene a nutrire l’una per l’altra. Non è nella nostra possibilità né nei nostri intenti farlo, non siamo né vogliamo diventare un’istituzione né un gruppo di istituzioni.

Ma il governo dovrebbe ringraziarci per offrirgli l’occasione di saggiare consensi e inquietudini di una parte consistente della società civile che lo ha votato. E che è altra cosa dei gruppi parlamentari e dei partiti, tutti peraltro fattisi tanto leggeri da pardere ogni radicamento sociale diffuso, che fungeva da sensorio e raccoglitore di idee e competenze non meno che da cinghia di trasmissione «di un’ideologia».

L’asfissia dei partiti e il bipolarismo nel quale si vorrebbe costringere una società sempre più complessa stanno facendo dell’Italia l’ultima e mesta spiaggia di una democrazia rappresentativa riacquistata con il sangue, e aprono il varco per assai dubbie avventure populiste. A Giuliano Amato, che teme il formarsi di una destra infastidita dai lavavetri, suggeriamo di riflettere se il pericolo non sia altrove: a forza di scostare dalla sfera politica tutta quella parte di società che fa problema, essa le si rovescerà addosso.

Questo pericolo noi lo sentiamo duplice. Da un lato si indebolisce per mancata partecipazione ogni idea di risanamento democratico di un paese che ne ha più che mai bisogno; la seconda repubblica non è migliore della prima. Dall’altro si induce uno scontento che, sommato a certi spiriti animali che la destra ha coltivato (egoismi corporativi, interesse solo per il proprio giardino, disprezzo della solidarietà, fastidio per l’uguaglianza dei diritti) può portare a forme inarticolate di rifiuto più prossime alla rivolta che a una vera trasformazione sociale.

Tutti gli elementi per un’involuzione del genere esistono. La sfera politica è frastornata dalla povertà di idee ed è incapace di decidere non altro che quel che le è imposto per forza maggiore da vincoli internazionali auspicati in tutt’altre prospettive da quelle attuali. In presenza di una crescita che non riparte, di una crisi mondiale del sistema dei mutui e dei fondi sul quale anche il centrosinistra avevano puntato come sulla manna, mentre i salari italiani hanno cessato da un pezzo persino di star dietro all’inflazione e sono fra i più bassi in Europa occidentale, il potere d’acquisto è di conseguenza sempre più ridotto, quei vincoli sono percepiti come una strozzatura. Con ragione.

1 E’ stata grave la timidezza della maggioranza sul tema scottante delle pensioni, per i più vergognosamente basse e per pochi vergognosamente inuguali, come l’incapacità di chiudere con un precariato sempre più vasto, giovanile e no. E’ fuori dal mondo predicare ogni cinque minuti a chi poco ha e nulla può che l’obiettivo principale di un governo che si vuol democratico e di sinistra è il risanamento dei conti pubblici nel quadro della Bce. Questo può essere un obiettivo per un banchiere come Padoa Schioppa, ma non può essere un obiettivo di società. E’ un vincolo cui essa è tenuta e sarebbe stolido sottovalutare. Ma l’obiettivo è un altro: produrre di più e redistribuire meglio, non come un’elemosina ai più poveri ma come un principio di autentica equità, riducendo le diseguaglianze, recuperando la laicità dello stato sui problemi di etica pubblica e personale, smettendo di stare alle falde di un demente che non gode più credito nel suo stesso paese come George W. Bush.

Sono fini civili che premono non solo per le fasce sociali più in sofferenza ma per chiunque si definisca sul serio un democratico. A costoro abbiamo proposto di esprimersi, e non solo mugugnare, e non solo col voto segreto fra tre anni. Che i membri del governo partecipino o no a questa assemblea di popolo è affar loro, non nostro. Se ci verranno, bene, se non verranno, dovranno ascoltare. Per noi fa lo stesso. E si smetta di ricamare su sottintesi e ricatti - questi non ci interessano affatto. Fra l’altro, non sono nella nostra panoplia di possibilità, cosa, fra le non molte, che ci rallegra assai. E forse ci è invidiata.


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