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Per la Costituzione, contro la logica e la politica dell’antinomia del mentitore ...

IL COMPLOTTONE, IL CAPPOTTONE, LA FURBIZIA E LA PRIMAVERA CHE ARRIVA. PRODI: "CE LA POSSIAMO FARE"!!! Ma dobbiamo rimuovere la trappola, l’inganno, e la confusione!!! Dopo il Vaffa-Day, la Voce di Fiore lancia la proposta e chiede a tutti i cittadini-sovrani e a tutte le cittadine-sovrane, al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio, alle Università e a tutte le Scuole, di promuovere l’"ITALIA-DAY"!!!

PRODI: IO GETTARE LA SPUGNA? TUTTO INVENTATO.
venerdì 26 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Cosa sta succedendo in Italia? Cosa è successo all’Italia? Niente, non è successo niente?! Semplicemente, il nome Italia è stato ingabbiato dentro il nome di un solo PARTITO e noi, cittadini e cittadine d’ITALIA, siamo diventati tutti e tutte cret... ini e cret..ine. Epimenide il cretese dice: "Tutti i cretesi mentono". E, tutti i cretini e tutte le cretine di ’Creta’, sono caduti e cadute nella trappola del Mentitore.... e, imbambolati e imbambolate come sono, si divertono persino. (...)

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> IL COMPLOTTONE, IL CAPPOTTONE E LA PRIMAVERA CHE ARRIVA. PRODI: "CE LA POSSIAMO FARE"!!! Ma dobbiamo rimuovere la trappola, l’inganno, e la confusione!!! ---- ECCO PERCHE’ VA CANCELLATO IL TEMPO DELLA FURBIZIA (di Giuseppe D’Avanzo).

domenica 21 ottobre 2007

Gli addebiti al pm De Magistris appaiono fragili e l’uguaglianza davanti alla legge è a rischio

Ecco perché va cancellato il tempo della furbizia

di GIUSEPPE D’AVANZO *

IMMAGINIAMO di essere non nell’ottobre 2007, ma nello stesso mese del 2005. Un pubblico ministero indaga il capo del governo (è Berlusconi) e il suo ministro di giustizia (è Castelli). Gli sottraggono una prima inchiesta, avocata dal procuratore capo. Il pubblico ministero si mette al lavoro su un’altra inchiesta. In un passaggio dell’indagine che egli ritiene decisivo, il ministro di Giustizia (le indagini raccontano che è in buoni rapporti con due degli indagati) chiede - come una nuova legge gli permette - il trasferimento cautelare del pubblico ministero a un altro ufficio.

Sarebbe la definitiva morte dell’inchiesta. Il provvedimento amministrativo non convince il Consiglio superiore della magistratura che lo deve disporre. Non ne intravede l’urgenza, prende tempo, tira in lungo. Il pubblico ministero iscrive, allora, il ministro nel registro degli indagati: atto dovuto per l’esercizio dell’azione penale e soprattutto garanzia per l’indagato. Ventiquattro ore dopo, il procuratore generale avoca a sé - sottrae al pubblico ministero - anche la seconda indagine.

Il passo è inconsueto e appare anomalo. Gli addetti ricordano, se hanno memoria buona, qualche modesto precedente di quindici anni prima. Le ragioni del procuratore generale stanno in piedi come un sacco vuoto.

Se il motivo dell’avocazione è l’"incompatibilità" per l’"inimicizia grave" tra il pubblico ministero e il ministro indagato (ha chiesto la punizione del pubblico ministero, che ne è risentito), si tratta una fanfaluca. Se si accetta il principio, qualunque indagato che denuncia il suo accusatore potrebbe invocare l’"inimicizia grave" e liberarsi del suo pubblico ministero. Cesare Previti, in passato e ripetutamente, ci ha provato. Non è andato lontano.

Ci sarebbe - trapela dalla procura generale - un’altra ragione per l’avocazione delle indagini: l’inerzia del pubblico ministero. L’accusatore è fermo. Non va né avanti né dietro. Non esercita l’azione penale. Non richiede l’archiviazione "nel termine stabilito dalla legge". Ora, l’inchiesta del pubblico ministero è nei termini stabiliti dalla legge (è un fatto) e di quel pubblico ministero tutto si può dire tranne che sia pigro o inoperoso (è un fatto). La seconda ragione appare, se possibile, anche più debole della prima e nonostante ciò il pubblico ministero perde l’inchiesta e il capo del governo e il ministro di Giustizia tirano un respiro di sollievo, si liberano di ogni controllo (che abbiano o no responsabilità punibili è un’altra storia, naturalmente).

Siamo nell’ottobre del 2005 - lo ricordate? - e in questo modo abusivo il capo del governo (è Berlusconi) e il ministro di Giustizia (è Castelli) si grattano la rogna, guadagnano un’illegittima impunità, contraria alla Costituzione e alla legge.

L’operazione liquidatoria consiglia di gridare allo scandalo. Non siamo nella Francia ancien régime dove, grazie a lettere chiamate Committimus, le persone favorite dal potere schivano le normali giurisdizioni e si presentano dinanzi a corti più mansuete. Se questo accade (e accade) si degrada a regola fluttuante, a canone fluido l’articolo 3 della Costituzione ("I cittadini sono eguali davanti alla legge senza distinzioni di condizioni personali e sociali"). E’ necessario interrogarsi allora sulla qualità di una democrazia, esprimere qualche preoccupazione se il potere politico rifiuta ogni contrappeso; annichilisce l’indipendenza della magistratura. E’ un obbligo chiedersi delle ragioni (e responsabilità) di una frattura istituzionale che impone a una magistratura servile di umiliare la sua stessa autonomia liberandosi delle "teste storte" convinte che atti uguali vadano valutati a uguali parametri giuridici, sia l’indagato un povero cristo o di eccellentissimo lignaggio.

Questo avremmo pensato e detto, con apprensione e qualche brivido, se nell’ottobre del 2005 fosse stata rubata l’inchiesta a un pubblico ministero "colpevole" di voler verificare i comportamenti del capo del governo (Berlusconi) e del ministro di giustizia (Castelli).

Non siamo (purtroppo?) nel 2005. Siamo nel 2007 e il capo del governo (indagato) è Romano Prodi, il ministro di Giustizia (indagato) è Clemente Mastella e l’esito dell’affare non è mai riuscito a Berlusconi, Previti, Dell’Utri, Castelli: il pubblico ministero che li ha indagati - Luigi De Magistris - si è visto trafugare l’inchiesta dal tavolo.

Se ne deve prendere atto con molta inquietudine. Ora che il "caso De Magistris" (o il "caso Prodi/Mastella"?) precipita verso un punto critico, è indispensabile che questo affare diventi finalmente, e nel mondo più rapido, trasparente. Che tutti i comportamenti, le responsabilità, gli usi e i soprusi siano squadernati in pubblico, possano essere verificati e, se necessario, presto corretti nel rispetto delle regole democratiche che assegnano a ciascuno degli attori ruolo e doveri.

Il governo governi senza condizionare l’autonomia della magistratura (se Mastella teme di cadere in tentazione, gli si assegni un altro incarico nell’esecutivo). Il pubblico ministero eserciti l’azione penale nel rispetto delle costrizioni procedurali (il Consiglio superiore ne verifichi l’ossequio, subito non in dicembre). Le gerarchie togate evitino ogni soggezione, rispettino i codici, non manipolino le procedure (la procura generale di Catanzaro receda dalla sua dissennata iniziativa).

Il presidente della Repubblica sia, come sempre è stato, il garante della Costituzione e dell’eguaglianza del cittadino dinanzi alla legge. Non c’è più spazio per il compromesso, la tolleranza, la furbizia. A meno di non voler cadere in quell’incubo che sembrava alla spalle con la sconfitta del cattivissimo Silvio Berlusconi.

* la Repubblica, 21 ottobre 2007.


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