La balla del cinque in condotta
di Fabio Luppino (l’Unità, 22.1.2909)
Non serviva alla scuola l’introduzione del cinque in condotta. Ma l’operazione diventa una grottesca balla mediatica del governo se si va a leggere il decreto ministeriale del 16 gennaio in cui si spiega agli insegnanti come essere, si fa per dire, severissimi. All’articolo 4 il documento impone al consiglio di classe continui accertamenti dopo una sospensione cumulata di almeno quindici giorni. Se il ragazzo avrà dimostrato apprezzabili e concreti cambiamenti tali da evidenziare un sufficiente livello di miglioramento nel suo percorso di crescita, considerato «il particolare rilievo che una valutazione di insufficienza del comportamento assume nella carriera scolastica» il cinque non si mette. Sulla base di questi criteri l’insufficienza in comportamento non ci sarà mai, così come l’automatica bocciatura.
Anzi, la misura è talmente garantista da arretrare anche rispetto alla pratica precedente, quando si era bocciati con il sette in condotta. Considerato che la misura esclude i bambini delle elementari e con difficoltà potrà essere applicata alle medie, dovrebbe servire per le superiori. Ma è articolata in modo tale da essere inservibile e passibile di valanghe di ricorsi delle famiglie.
Insomma, se il bullo è furbo dando formali segni di ravvedimento, ricordandosi di quando in quando di dare il buongiorno al professore e ripulire il banco dal mosaico di sfregi e adesivi avrà il meritato sei. Che gli alzerà la media dei cinque e quattro nelle altre materie creando imbarazzi al consiglio di classe nella valutazione finale.
La misura, quindi, oltre ad essere inutile è inapplicabile. Il problema del bullismo è serio e non può essere affidato a cornici da dare in pasto ai media desiderosi di un titolo ad effetto. Ma l’opinione pubblica se n’è accorta: il cinque in pagella sin qui l’ha preso la Gelmini, tra i ministri del governo il più impopolare nei sondaggi.