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Letteratura

NOBEL. DORIS LESSING. La motivazione: "Ha messo sotto esame, con scetticismo e passione, una civiltà divisa" - a cura di pfls

"la risata è qualcosa di molto potente e solo le persone civili, le persone libere ed emancipate, sanno ridere di se stesse".
giovedì 11 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Doris May Taylor, questo il vero nome della Lessing, nasce nel 1919 a Kermanshah, nell’odierno Iran, da genitori inglesi (leggi scheda completa). Nel 1925 la famiglia si trasferisce nella Rhodesia meridionale (oggi Zimbabwe). Doris viene mandata a studiare prima in un convento e poi in una scuola femminile a Salisbury, che lascia all’età di 15 anni. Da quel momento inizia la sua carriera da autodidatta. Nonostante le difficoltà e un’infanzia infelice (in Rhodesia conduceva la vita, (...)

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> NOBEL. --- Doris Lessing, premio Nobel nel 2007, si è spenta nel sonno all’età di 94 anni (di Claudio Gallo)

domenica 17 novembre 2013

morta a 94 anni in gran bretagna

-  Addio Doris Lessing,
-  femminista riluttante

Scrittrice britannica, premio Nobel nel 2007, ha raccontato le guerre e le grandi sfide delle donne: non hai mai accettato di trasformarsi in un simbolo legato alle ideologie

-  di Claudio Gallo (La Stampa, 17/11/2013)
-  corrispondente da Londra

Doris Lessing si è spenta nel sonno all’età di 94 anni, scrittrice britannica con il record del premio Nobel per la letteratura ricevuto in età più avanzata: 88 anni. Autrice prolifica, ha scritto oltre 50 opere che spaziano dalla politica alla fantascienza. Tra i suoi capolavori, il “Taccuino d’oro”, “L’erba canta”, “Memorie di una sopravvissuta”, “L’estate prima del buio”. Amante fanatica dei gatti, come T. S. Eliot, ha scritto su di loro numerosi libri.

Nata in Iran, il padre Alfred Tayler era un ufficiale dell’impero che dopo aver perso una gamba sposò l’infermiera, fu allevata nel “bush” africano in “Zimbabwe”, come scrive il Guardian (un bel mettere il carro davanti ai buoi in omaggio al più ottuso politically correct, perché allora si chiamava Rhodesia del Sud), frequentò le scuole delle domenicane fino all’età di 14 anni, dopo di che lasciò la scuola e studiò da autodidatta. In Rhodesia del Sud ambientò il suo primo romanzo, “L’erba canta”.

Il nome Lessing lo prese dal secondo marito, Goddfried Lessing che, ormai già divorziato, divenne ambasciatore della Germania dell’Est in Uganda e fu ucciso nel 1979 durante la rivolta contro Amin. Dai due matrimoni della sua vita ebbe tre figli. Da cinquant’anni abitava a Londra, senza telefono, nell’incantevole zona di Hampstead Heath.

Quando nel 2007, mentre arrivava a casa carica di borse, trovò una folla di reporter che l’aspettavano per chiederle un commento sull’assegnazione del premio Nobel per la letteratura, disse ancora col fiatone: «Oh Cristo, ho vinto tutti i premi in Europa, un maledetto premio dopo l’altro. Sono proprio contenta di averli vinti tutti: ho fatto scala reale». La motivazione dei giudici menziona il riconoscimento della: «Sua visione epica dell’esperienza femminile che, con scetticismo, fuoco e potere visionario, ha descritto una civiltà divisa». Nel 1962, il futuro Nobel sudafricano J. M. Coetzee, definì “Il taccuino d’oro” una «bibbia femminista».

Quell’etichetta però le andava stretta, disse a Lesley Hazelton del New York Times che era venuto a trovarla a casa nel 1982: «Ciò che le femministe vorrebbero da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione, perché viene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente chiedono è che dicessi: sorelle, starò al vostro fianco nella lotta verso il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno più. Veramente vogliono che si facciano affermazioni tanto semplificate sugli uomini e sulle donne? In effetti, lo vogliono davvero. Sono arrivata con grande tristezza a questa conclusione».

Il comunismo della sua gioventù aveva fatto posto a un’adesione al sufismo, principale corrente del misticismo musulmano, passando per le idee dell’anti-psichiatra Ronald Laing, anche lui per un certo periodo residente a Hampstead Heath. «Non sono un sufi - disse al New York Times - semplicemente studio il sufismo: ci vuole molto tempo per diventare sufi e questo è ciò che ci distingue da quei culti che promettono un misticismo istantaneo». Ironicamente il suo maestro, l’indo-afghano Idries Shah, molto popolare negli anni ‘60-70 e grande amico di Robert Graves, è considerato dalla maggior parte degli studiosi di sufismo un autore del tutto inattendibile.


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