I ragionamenti di Adriano Pessina
Il direttore del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica, riguardo al caso di Eluana Englaro, scrive su Famiglia Cristiana (n. 43 - 28 ottobre): "Ogni violenza fatta al corpo umano è anche una violenza fatta alla persona...L’abbandono assistenziale e terapeutico è più crudele della stessa eutanasia...E non si parli di diritto a morire, perché la sfera dei diritti tutela la possibilità di usufruire di beni fondamentali per la vita...". Ragionamento che sembra non fare una piega. Però ugualmente non fa una piega il seguente, che afferma il contrario: "Ogni violenza fatta al corpo umano è anche violenza alla persona...L’interruzione delle cure assistenziali e terapeutiche in determinati casi è più umana della stessa eutanasia...Ed è giusto parlare di diritto a morire, giacché la sfera dei diritti va sempre a vantaggio della persona...".
E allora? Allora è necessario mettersi d’accordo sul significato di violenza e crudeltà. Per moltissime persone che non ragionano come Pessina, costringere con mezzi artificiali una persona a non morire, andando palesemente contro la sua volontà, è violenza. Nel caso di Luana Englaro non si può parlare di crudeltà, giacché non soffre; se ne può invece parlare se ricordiamo la sofferenza di Piergiorgio Welby. E vale la pena riportarne il significato: "Spietata insensibilià...nei confronti dell’altrui dolore o avvilimento" (Devoto - Oli).
Renato Pierri