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In principio era il Logos. Memoria della Libertà e Storia della Liberazione ...

PIETRO SCOPPOLA (1926-2007), "UN PADRE DELLA COSTITUZIONE". Dal suo lavoro di storico e di intellettuale, una viva lezione di metodo - a cura di Federico La Sala

sabato 27 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] "Nessun evento storico rilevante è un fatto in sé - spiegava sempre ai suoi studenti - neanche gli eventi singoli come la scoperta dell’America o, più recentemente, la caduta del Muro di Berlino: la loro rilevanza è frutto di una interpretazione successiva. Qual è il vero significato di un’affermazione del genere? Forse che la conoscenza storica dovrebbe essere condannata all’arbitrarietà e all’infondatezza? Uno dei maggiori filosofi del nostro tempo, Hans Georg Gadamer, ha, non solo (...)

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> PIETRO SCOPPOLA (1926-2007), "UN PADRE DELLA COSTITUZIONE". --- Chiesa e democrazia. La lezione di Pietro Scoppola (dal libro di Agostino Giovagnoli - un brano).

venerdì 18 febbraio 2011

La rivoluzione morale di Pietro Scoppola

Anticipiamo un brano da Chiesa e democrazia. La lezione di Pietro Scoppola, il nuovo libro di in uscita domani (il Mulino, pagg. 288, euro 24).

di Agostino Giovagnoli (la Repubblica, 18 febbraio 2011)

Nella primavera 1981 si aprì all’interno del mondo cattolico una discussione sulla identità della Dc. Venne sottolineato sia che questo partito non rappresentava la maggioranza degli italiani, sia che molti dei suoi elettori non erano cattolici in senso stretto. In un incontro riservato che si tenne a Roma, ci si interrogò sul significato dell’espressione "cattolicesimo di minoranza". Mons. Martini - già arcivescovo di Milano, ma non ancora cardinale - notò: «da noi c’è una minoranza che parte da una maggioranza». Rocco Buttiglione, allora vicino a Comunione e Liberazione, parlò di "coscienza nazionale smarrita" perché l’Italia si era distaccata dalla sua identità cattolica. Ma Scoppola contestò la possibilità di identificare meccanicamente identità nazionale e identità cattolica: la storia italiana, dal Risorgimento in poi, mostrava un rapporto complesso tra cattolici e nazione e non era certo possibile negare la presenza di importanti componenti non cattoliche nell’identità nazionale italiana. (...)

Dopo il 1983, Scoppola partecipò alla Commissione Bozzi per le riforme istituzionali e nel corso di tale esperienza, si convinse che si fosse ormai giunti in Italia «al termine di una lunga fase della nostra storia politica e democratica, caratterizzata da una aggregazione verso il centro delle forze politiche». Mentre il sistema politico restava bloccato, la società italiana continuava a cambiare, nel senso soprattutto di una crisi sempre più accentuata delle tradizionali identità ideologiche, sociali e politiche.

A Scoppola sembrò soprattutto necessario innestare un nuovo rapporto virtuoso tra cittadini ed istituzioni. Egli volse la sua attenzione agli enormi problemi nati dallo sviluppo dei decenni precedenti, «problemi economici ed istituzionali, molto complessi, ma anche e forse prima di tutto, problemi morali. Le società industriali consumano valori che non sono in grado di riprodurre così da determinare un generale processo di entropia morale, una caduta di energie morali nella società».

Il vuoto etico che emergeva nella società italiana è al centro de La nuova cristianità perduta, pubblicato nel 1985, forse il suo libro più singolare sotto il profilo storiografico, ma probabilmente anche il suo più riuscito come "storico del tempo presente". Fu scritto in vista del secondo convegno nazionale della Chiesa in Italia, che si tenne a Loreto nell’aprile 1985. Egli non partecipò a questo convegno, dopo aver invece partecipato con molta passione a quello su "Evangelizzazione e Promozione Umana" del 1976. Pubblicò perciò La nuova cristianità perduta quale «contributo alla riflessione della Chiesa italiana» per mettere a fuoco le responsabilità e le possibilità dei cristiani di fronte ai nuovi processi di secolarizzazione.

La sua riflessione abbracciò i cambiamenti dei costumi, le nuove sensibilità in tema di diritti civili, l’ampliamento dello spazio delle scelte individuali, nonché un pluralismo sempre più diffuso a livello di valori, opinioni e comportamenti. Egli avvertì che stavano cambiando i rapporti tra pubblico e privato, con una graduale perdita del tradizionale primato del primo sul secondo ed una attenuazione della altrettanto tradizionale separazione tra queste sfere. Registrò una progressiva riduzione degli spazi della vita sociale influenzati da orientamenti condivisi e un indebolimento della politica quale luogo di sintesi, dove tali orientamenti si trasformano in norme di legge. L’intero tessuto etico-civile italiano sembrava andare in frantumi.

Si era infatti realizzata in Italia «una profonda e radicale devastazione di tutte le culture tradizionali e di tutte le identità collettive preesistenti». Anche se la devastazione delle culture e delle identità costituiva indubbiamente «una sconfitta per la Chiesa», la secolarizzazione che si era prodotta non rappresentava affatto un successo della cultura laica: «in realtà nessuna cultura ha vinto; tutte si sono disgregate nell’impatto con la società di massa di tipo consumistico».

Alla crisi provocata dall’innesto del consumismo sui tradizionali mali italiani, era necessario rispondere dirigendosi verso il "mare aperto" dei valori e dei comportamenti: la riforma della politica doveva innestarsi in una più ampia riforma morale della società italiana. Appariva sempre più necessario un radicale mutamento dello stesso modo di pensare la politica ed i suoi presupposti.

La crisi dei partiti e delle istituzioni non poteva trovare soluzione solo all’interno della società politica, ma occorreva intervenire anche sulla società civile. Ormai «non si può più agire sulla politica e nella politica dimenticando la crisi del soggetto uomo»: era l’intuizione di quella che sarebbe stata poi chiamata la "questione antropologica".


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