Inviare un messaggio

In risposta a:
Eu-ropa, eu-angelo .... e il van-gelo cattolico-romano!!! Dio "charitas" o .... Mammona "caritas"?!!!

SPAGNA E VATICANO: RADICI CRISTIANE E RADICI CATTOLICO-ROMANE!!! LA MEMORIA PER DECRETO DELL’IMPERATORE "COSTANTINO" ("CRISTO RE" ) E "LA MORTE RIVOLUZIONARIA DEI MARTIRI" FRANCHISTI - a cura di pfls

mercoledì 31 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
Benedetto XVI non si ferma: beatificazione per 498 franchisti *
Come preannunciato e nonostante le polemiche, domenica la Chiesa Cattolica beatifica tutti insieme 498 martiri franchisti.
La cerimonia, che si terrà domenica in piazza San Pietro, farà salire a 977 i martiri spagnoli riconosciuti dalla Chiesa, dei quali 11 sono già santi. «Di altri 2 mila sono in corso i processi di beatificazione e altri se ne apriranno, perchè furono circa 10 mila i martiri della Spagna in quell’epoca», ha (...)

In risposta a:

> SPAGNA E VATICANO: RADICI CRISTIANE E RADICI CATTOLICO-ROMANE!!! -- Potere e terrore del Caudillo - La Spagna delle fosse comuni.

domenica 15 novembre 2015

Francisco Franco (1892 -1975)

Potere e terrore del Caudillo

di Emilio Gentile (Il Sole-24 Ore, Domenica, 15.11.2015)

«Dio mio, quanto è duro morire», disse il generalissimo Francisco Franco, capo dello Stato spagnolo, poche settimane prima della morte, avvenuta il 20 novembre 1975. Avrebbe compiuto 83 anni il 4 dicembre. L’agonia fu lunga. Il suo corpo senza coscienza fu tenuto in vita da macchine. Era un espediente per preparare la successione all’uomo che aveva governato la Spagna con un regime autoritario per quasi quaranta anni, dopo aver vinto nel 1939 una feroce guerra civile, da lui stesso iniziata nel 1936 con altri generali contro il legittimo governo della repubblica instaurata nel 1931. Dagl’insorti Franco era stato proclamato capo dello Stato con pieni poteri:e tale rimase, con l’appellativo di «Caudillo (duce) per grazia di Dio», fino al giorno della morte.

La mattina del 20 novembre, alla televisione, il presidente del governo piangendo lesse il testamento di Franco al popolo spagnolo. Il Caudillo dichiarava di essere pronto a comparire davanti all’ «inappellabile giudizio di Dio», morendo come era vissuto da «figlio fedele della Chiesa». A tutti chiedeva perdono, come perdonava «quanti si erano dichiarati suoi nemici, pur non avendoli mai considerati tali», perché «non ho avuto altri nemici se non i nemici della Spagna»; ma avvertì gli spagnoli che «i nemici della Spagna e della civiltà cristiana sono sempre all’erta», e li esortò «a mantenere unita la terra di Spagna, esaltando la ricca molteplicità delle sue regioni come fonte di forza per l’unità della patria».

L’identificazione della sua persona col destino della Spagna, la guerra contro i suoi oppositori politici come nemici della nazione e della civiltà cristiana, l’inflessibile salvaguardia dell’unità statale contro il separatismo di baschi, catalani o galiziani: erano questi gli argomenti con i quali Franco impose il suo potere personale, paragonabile nella storia della Spagna solo alla monarchia assoluta di Filippo.

Intellettualmente mediocre ma molto ambizioso, astuto, opportunista, Franco si considerò sempre inviato da Dio per salvare la Spagna dal comunismo e dalla democrazia laica. Combatté la guerra civile come una crociata contro i nemici della nazione e della religione. La Chiesa fu un pilastro fondamentale del regime franchista e partecipò alla glorificazione del Caudillo come uomo della Provvidenza; in cambio, ottenne da Franco il controllo sull’istruzione e sulla moralità degli spagnoli. Il nazionalcattolicesimo reazionario fu l’ideologia del franchismo.

Franco aveva vinto la guerra civile con l’aiuto di Mussolini e di Hitler. Li univano l’odio per il comunismo, il disprezzo per la democrazia, la repressione terroristica delle opposizioni. Dopo la vittoria, furono migliaia le esecuzioni capitali inflitte ai difensori della repubblica, e oltre 250mila gli antifranchisti detenuti in carcere e in campo di concentramento.

Il regime di Franco si definì totalitario. Dal modello fascista prese il partito unico, lo stile paramilitare, i riti, la sacralizzazione del Capo con adunate oceaniche per adorarlo. Tuttavia, mentre il fascismo aveva un impulso rivoluzionario, il franchismo rimase conservatore e tradizionalista. Pur aspirando a conquiste imperiali, il Caudillo non partecipò alla Seconda guerra mondiale a fianco di Mussolini e Hitler: evitò così d’esser essere travolto nella loro fine.

La vittoria delle potenze antifasciste condannò la Spagna all’isolamento, ma Franco, dopo aver ripudiato il fascismo e cancellato “totalitario” dalla definizione del suo regime, approfittò abilmente della Guerra Fredda per offrirsi agli Stati Uniti come alleato contro il comunismo: nel 1953, gli accordi militari con gli americani e il Concordato con la Santa Sede posero fine all’ostracismo internazionale; nel 1955 la Spagna fu ammessa all’Onu. Pio XII conferì a Franco «nostro diletto figlio» il Supremo ordine di Cristo, la più alta onorificenza vaticana. Nel 1959 il Caudillo accolse a Madrid il presidente Eisenhower.

La fine dell’isolamento favorì in Spagna, fra il 1957 e il 1970, uno straordinario sviluppo economico. Dopo un ventennio di corporativismo autarchico, che aveva aggravato la povertà del Paese arretrato e sconvolto dalla guerra civile, il Caudillo accettò le riforme proposte da nuovi tecnocrati, che realizzarono l’industrializzazione con un miglioramento delle condizioni di vita. Franco, che voleva per gli spagnoli prosperità senza libertà, attribuì il “miracolo economico” alla Provvidenza che lo manteneva a capo della Spagna, e continuò a imporre il centralismo autoritario e il cattolicesimo tradizionalista, denunciando continuamente un complotto internazionale di comunisti, democratici e massoni per scatenare una nuova guerra civile.

Invece, il “miracolo economico” provocò profondi mutamenti sociali e la nascita di una società civile ribelle al franchismo. Studenti universitari e lavoratori si mobilitarono con agitazioni e scioperi, repressi con violenza. Anche la Chiesa del Concilio Vaticano II prese le distanze dal Caudillo e protestò contro la repressione. Al terrorismo di Stato, i nazionalisti baschi reagirono con il terrorismo dell’Eta, che nel dicembre 1973 uccise il presidente del governo Carrero Blanco, dimostrando che il regime era vulnerabile.

Quando iniziò l’agonia di Franco, l’invecchiamento e la decadenza mentale del Caudillo, le rivalità fra gli aspiranti alla successione e la fine del “miracolo economico” avevano già messo in crisi il regime, mentre le proteste internazionali per la pena capitale inflitta agli oppositori politici lo ricacciarono nell’isolamento. Tuttavia, mai Franco accettò di aprire alla democrazia, perché la odiava come il comunismo. Nel 1969 aveva nominato a succedergli Juan Carlos di Borbone, designato re con l’impegno di mantenere il regime autoritario. Invece, morto Franco, il re favorì la transizione alla democrazia. Dopo quaranta anni, il regime franchista fu smantellato pacificamente in due anni. Fu un nuovo “miracolo” nella Spagna contemporanea.


La Spagna delle fosse comuni

A 40 anni dalla morte di Franco sono ancora migliaia i morti della Guerra civile seppelliti in tombe di massa, che non hanno un nome

di Eliana Di Caro (Il Sole-24 Ore, Domenica, 15.11.2015)

Il biglietto costa nove euro, ma prima si sale per sei chilometri lungo una strada fitta di conifere, abeti e pini tipici della Sierra di Madrid, quasi a voler creare un’attesa nel visitatore. Si rimane effettivamente spiazzati dalla maestosità della Valle de Los Caídos, il monumento ai caduti voluto da Francisco Franco e inaugurato il 1° aprile del 1959, a 20 anni dalla fine della Guerra civile, con una croce alta 105 metri incombente su tutto e tutti.

Qui, il prossimo 20 novembre, si ricorderà il 40° anniversario della morte del Generalísimo - la cui tomba è sull’altare - e si raduneranno i nostalgici franchisti. Ma l’immensa e cupa basilica è anche il simbolo di una lacerazione mai ricomposta che il Paese si porta dietro, più o meno consapevolmente, da quasi mezzo secolo: scavata nella roccia dai prigionieri di guerra, contiene i resti delle vittime del conflitto, 33.833 si legge in una pagina web del Governo spagnolo, di cui 12.410 non identificati. Un immane, macabro ossario, ma non isolato. Sono infatti centinaia le fosse comuni sparse nel Paese, molte delle quali mai aperte.

La legge della «Memoria histórica», approvata alla fine del dicembre 2007 dal Governo Zapatero, ha cercato di rispondere a un popolo che vuole la restituzione dei propri morti, chiede di riconoscerli e piangerli. Un’esigenza sollecitata dalle tante associazioni costituite soprattutto dalle giovani generazioni, spinte dall’urgenza di conoscere la sorte dei loro nonni, familiari e dal bisogno di verità e comprensione del processo di transizione, dopo il ’75, basato sul patto dell’oblio.

José Álvarez Junco, professore emerito di Storia del pensiero e dei movimenti sociali all’Università Complutense di Madrid, spiega che in realtà non è corretto definirlo patto dell’oblio come comunemente si fa: «Della guerra, del franchismo, del disastro in cui tutto era culminato si parlò apertamente, si cercò una formula di amnistia proposta dalla sinistra.

L’accordo riguardò piuttosto la non utilizzazione politica della storia, si decise - per fare un esempio - di non chiamare reciprocamente assassini il ministro franchista Manuel Fraga che firmò la pena di morte di Julián Grimau nel ’63 (esponente del Pce, ndr) e il segretario comunista Santiago Carrillo che avrebbe potuto impedire la strage di Paracuellos compiuta dai repubblicani. Si stabilì che era più importante per entrambe le parti andare verso una Costituzione democratica, ma non ci fu né silenzio né oblio in questa scelta.

La destra non aveva un progetto né un leader, si assicurò che non ci sarebbero state epurazioni nella polizia, tra i militari e nella magistratura (motivo per cui abbiamo una classe di giudici conservatrice e inefficace); la sinistra, dinanzi a un regime franchista comunque ancora forte e strutturato e al rischio di una nuova guerra civile, ottenne l’amnistia e le elezioni democratiche».

Ma il sito internet dell’Associazione per il recupero della Memoria storica si apre con la foto dei firmatari della Costituzione del ’78, sulla quale campeggia una scritta eloquente: «Perché i Padri della Costituzione hanno lasciato mio nonno nella fossa?».

Spiega ancora Junco: «Il Governo non promuove le esumazioni, se c’è una iniziativa privata l’appoggia con aiuti economici e giuridici. Lo ha stabilito la legge che prevede anche la rimozione dei simboli franchisti più aggressivi e celebrativi, o la compensazione con simboli repubblicani: vuol dire che accanto a una croce o lapide o monumento franchista ce ne deve essere un’altra repubblicana».

Questo dà la misura di quanto le ferite siano ancora aperte, e il tema della Guerra civile e della dittatura resti in qualche modo irrisolto. «Per me la legge è troppo moderata. Io ho fatto parte della prima Commissione di stesura del provvedimento - prosegue Junco - che è stata in discussione più di un anno. Si è dibattuto della Valle de Los Caídos, a proposito di simboli celebrativi di Franco. Personalmente penso che non dovrebbe essere rimosso, ma visitato con consapevolezza: bisognerebbe spiegare che cos’è, cosa rappresenta, con delle fotografie dei prigionieri che lo hanno costruito, e accanto dovrebbe sorgere un centro sulle guerre civili. Insomma, Auschwitz non è stato distrutto ma tutti sanno. Questo mio progetto è stato messo da parte. La Guerra civile è un trauma per gli spagnoli, ricorda loro il tempo in cui erano poveri, violenti, li fa vergognare, mentre ora sono ricchi ed europei. I giovani non hanno il peso di tutto questo su di sé, stanno cambiando le cose, vogliono giustizia, sono più radicali».

Lo si capisce parlando con José Antonio Millán, 40 anni, lo sguardo fiero, che dal 2005 combatte la battaglia della memoria. È avvocato penalista e presidente dell’associazione di Ciudad Real, capitale della Mancha, 200 chilometri a sud di Madrid. Uno zio del padre, Ramón, sindacalista anarchico di 25 anni, dopo «il colpo di Stato di Franco del 18 luglio del ’36, perché ricordiamolo fu un colpo di Stato», fu arrestato con un centinaio di persone e fucilato il 6 ottobre del ’39, il suo corpo fu buttato in una fossa comune. Millán è riuscito a ricostruirne i movimenti e identificarne il corpo, e da allora è impegnato ad aiutare quanti «vogliono sapere, trovare i loro cari e non sanno nemmeno da che parte cominciare. Le fosse, questo è un dato governativo, sono oltre 2.050».

A Barcellona, che in questi giorni è in pieno braccio di ferro con la capitale per la risoluzione d’indipendenza della Catalogna sospesa dalla Corte Costituzionale, ha appena presentato il suo ultimo libro Los besos en el pan Almudena Grandes, scrittrice molto amata in Spagna (tradotta in Italia da Guanda) e sensibile alle questioni politiche. Quando le chiediamo una riflessione sull’evoluzione post bellica e sul tema della memoria, fa un distinguo interessante, partendo da sé e da quelli della sua generazione «del 1960, educati in un ambiente e con uno spirito che non aveva più nulla del regime. Però credo che la crisi che la democrazia spagnola sta vivendo sia legata alla transizione democratica che ha reso la Spagna un Paese fragile: non ci fu una rottura estesa ed efficace con la dittatura, le istituzioni conservano molto di quell’epoca. C’è dunque all’origine un problema sentimentale e morale, e il problema territoriale (della Catalogna ndr) è la manifestazione di un Paese che non si riconosce nei simboli nazionali spagnoli, perché non si è fatto un progetto rotondo e la transizione è stata ambigua».

Grandes, che ha scritto diversi romanzi ispirati alla Guerra civile (pensiamo a Inés e l’allegria o a Il ragazzo che leggeva Verne), non risparmia le critiche a chi governa: «Non c’è una politica pubblica della memoria. Il Governo Rajoy non ha cancellato la legge ma non ha mosso un dito. Ricordiamoci che abbiamo 150mila cadaveri senza un nome, con 1000 famiglie che non possono recuperare i corpi. C’è gente che pensa che sia una questione ideologica, e invece questa è una vicenda di diritti umani. La memoria non ha a che vedere con il passato ma con il presente e il futuro: è la nostra grande questione pendente».


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: