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EVANGELO ED EUROPA. "NOSTRA AETATE": MEMORIA DELLA LIBERTA’ E STORIA DELLA LIBERAZIONE. SALVATI DALLA SPERANZA DEL DIO-AMORE ("CHARITAS") NON DAL DIO-MAMMONA ("CARITAS")!!!

IL PAPA HA DECISO DI DARE IL VIA AD UN NUOVO CONCILIO, AL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II. PACE E DIALOGO SU TUTTA LA TERRA, TRA TUTTI GLI ESSERI UMANI, TUTTE LE RELIGIONI, TUTTI I CREDENTI E I NON CREDENTI. QUESTA LA DICHIARAZIONE DI APERTURA - a cura di Federico La Sala

A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo
lunedì 22 ottobre 2012 di Maria Paola Falchinelli
DISCORSO DI PAPA GIOVANNI XXIII PER L’APERTURA DEL CONCILIO VATICANO II *
"Spesso infatti avviene, come abbiamo sperimentato nell’adempiere il quotidiano ministero apostolico, che, non senza offesa per le Nostre orecchie, ci vengano riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano però i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio. Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo (...)

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> IL PAPA HA DECISO DI DARE IL VIA AD UN NUOVO CONCILIO ---- Le vie della rivoluzione conciliare. Religioni non cristiane: dal decentramento al dialogo irreversibile (di Régine Maire)

giovedì 18 ottobre 2012

Le vie della rivoluzione conciliare. Religioni non cristiane: dal decentramento al dialogo irreversibile

di Régine Maire

in “www.temoignagechretien.fr” del 14 ottobre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)

Sono quasi cinquant’anni che la parola dialogo è diventata una categoria teologica cattolica, apparsa per la prima volta nell’enciclica di Paolo VI Ecclesiam suam (ES) nel 1964. Così egli descrive l’atteggiamento della Chiesa: “La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio”.

Pubblicata prima della fine dei lavori del Concilio Vaticano II, questa lettera dà il tono di un cambiamento profondo nell’approccio. Se la maggior parte dei vescovi sono arrivati al Concilio con una visione centralizzatrice e gerarchica della Chiesa, molto presto appare un “rovesciamento” legato all’aggiornamento auspicato da Giovanni XXIII. Tale aggiornamento può essere qualificato come decentramento, nuovo sguardo elementare ma innovatore sulla gerarchia e su coloro che governano diventati “servi”, sulla comunità dei fedeli diventata popolo di Dio, sul mondo diventato partner di dialogo, sulla verità della Chiesa nella sua relazione con Cristo.

Alla radice, il “decentramento” stesso del Dio trinitario: comunione d’amore tra i Tre, comunicazione d’amore verso ciò che non è Dio. È questa visione di Dio che ispirerà l’aggiornamento. Si tratta quindi davvero di un dialogo di salvezza: “È in questa conversazione di Cristo fra gli uomini che Dio lascia capire qualche cosa di Sé, il mistero della sua vita, unicissima nell’essenza, trinitaria nelle Persone; e dice finalmente come vuol essere conosciuto; Amore Egli è” (ES, 72).

Questo movimento di decentramento, la Chiesa cattolica si trova obbligata a farlo per se stessa: la frattura è tale tra una Chiesa che è rimasta al programma della Controriforma e al Syllabus (1) ed una società che cambia bruscamente, una storia che accelera, che Giovanni XXIII convoca il Concilio per ascoltare “ciò che lo Spirito dice oggi alla Chiesa”. Il Concilio ha avuto un senso: “quello di passare dall’ambito ideale o ideologico al concreto della vita della Chiesa. Non per niente Giovanni XXIII lo ha chiamato concilio pastorale. Ciò che designa come “pastorale” era dottrina, ma che si esprime nella storia, nel tempo e nel mondo attuale... Il concilio è dottrinale, ma dottrinale-pastorale, di una dottrina che chiede di essere applicata storicamente” (Yves Congar) (2).

Prendendo coscienza del passaggio da un modello di società del tipo “stato di cristianità” ad una società secolarizzata, globalizzata e scristianizzata, i vescovi produrranno un testo importantissimo per la nostra epcoa la Dichiarazione sulla Libertà religiosa (Dignitatis Humanae). Questa dichiarazione è uno dei testi più forti e più rivoluzionari del Concilio, un testo che riconosce ad ogni uomo, ad ogni comunità umana, la libertà di coscienza, la libertà di credere e di esprimere questa fede pubblicamente, la libertà di culto.

Siamo agli antipodi delle condanne pubbliche degli “errori del nostro tempo” del Sillabus. Riguardando la libertà di religione, l’apertura alle altre confessioni cristiane e alle religioni non cristiane, l’aggiornamento è in opposizione frontale con quel passato ecclesiale, ma in profonda sintonia con la Scrittura e la Tradizione e con ciò che si viveva sul campo, in particolare nelle parrocchie e nei movimenti. In quel testo il Concilio riconosceva la legittima rivendicazione riguardante “la libera responsabilità” dell’uomo e il “libero esercizio della religione nella società”. E vuole impegnare irrevocabilmente la Chiesa davanti al mondo.

Oltre alla definizione della libertà religiosa, la dichiarazione ricorda il dovere di ricerca della verità: non una relativizzazione della stessa, ma la condizione per la quale gli uomini possano ascoltare la Verità di Cristo. Quest’ultima non può rivolgersi che alla nostra libertà. Questo “senso dell’uomo” permetterà l’apertura a tutti: agli atei, ai credenti di altre religioni.

Per la prima volta, un concilio si esprimerà sulle religioni non cristiane con rispetto e riconoscendo il loro valore riguardo alla fede. È la Dichiarazione Nostra Aetate (NA) che incoraggerà il dialogo interreligioso e la collaborazione tra credenti. Dopo aver considerato sobriamente le religioni tradizionali, l’induismo, il buddismo, la Chiesa “esorta i suoi figli affinché... sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi” (NA 2).

Inoltre, il Concilio guarda “con stima” ai musulmani, sottolinea i punti di vicinanza con la fede cristiana ed esorta alla comprensione reciproca. Il n° 4 sottolinea la relazione particolarissima con il popolo ebraico: la Chiesa ha con la discendenza di Abramo lo stesso rapporto esistente tra l’Antico e il Nuovo Testamento. A causa di questo patrimonio comune, il Concilio incoraggia la conoscenza e la stima reciproca... Da allora, le relazioni tra ebrei e cristiani non hanno smesso di trasformarsi: il dialogo è esigente e attraversa momenti di tensione ma la qualità delle relazioni personali, così come il desiderio di conoscenza dell’ebraismo attuale, permette la fraternità.

Per la maggior parte dei cattolici (e dei protestanti) l’apertura alle altre religioni è un dato acquisito, la cui testimonianza più bella è l’incontro di Assisi nel 1986, seguito da iniziative di incontro organizzate da Sant’Egidio in uno spirito di impegno a servizio della Pace e nella fiducia che il disegno di Dio per l’umanità è più ampio del mondo dei credenti.

E inoltre, da allora, si possono contemplare i frutti di questa esortazione: dalle visite dei papi nelle sinagoghe e nelle moschee ai numerosi gruppi interreligiosi che si riuniscono nelle città e nei quartieri. Cammin facendo, abbiamo preso coscienza delle poste in gioco, spirituali certo, ma anche civiche e politiche per il “vivere insieme” e per la pace.

Il dialogo interreligioso fa ora parte del paesaggio: a Lione, ad esempio, i responsabili religiosi si riuniscono regolarmente tra loro ma anche con il sindaco in un organismo di concertazione; vengono organizzate visite fraterne per adulti e ragazzi; si fanno incontri tra imam e preti; vi sono marce per la pace che riuniscono cristiani, musulmani, ebrei e buddisti... Certo, sussistono le tensioni con coloro che non hanno accettato la svolta del Vaticano II, ma la traiettoria mi sembra irreversibile: è ormai superato il ripiegamento su di sé dal vangelo dell’ “ospitalità”, che trova il suo fondamento sullo stile di vita di Gesù Cristo, sulla sua apertura a tutti, sul suo modo di entrare in relazione... anche con Dio, di cui ci rivela il volto di Padre.

-  (1) “Elenco contenente i principali errori del nostro tempo”, redatto da papa Pio IX nel 1864 e pubblicato insieme all’enciclica Quanta cura.

-  (2) “Conversazioni d’autunno, Yves Congar, Cerf.

* Régine Maire è delegata episcopale per le relazioni interreligiose della diocesi di Lione


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