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ANTROPOLOGIA. La "legge della casa" ("eco-nomia"), Il "caro-prezzo" ("caritas") del Dio-Mammona e il "Dio" di "Maria" e di "Giuseppe" (Amore: "Charitas")!!!

ECONOMIA E TEOLOGIA. ALLARME MUTUI: IL CROLLO DELLA CASA. UN GRIDO D’AIUTO E UN’INDICAZIONE DAGLI STATI UNITI: "SAN GIUSEPPE, AIUTACI TU!". Una nota di Ennio Caretto e un’analisi di Ilvo Diamanti - a cura di Federico La Sala

"IN GOD WE TRUST", "DEUS CARITAS EST": L’ORDINE SIMBOLICO DEL "DIO" DI "MAMMASANTISSIMA" E’ CROLLATO.
giovedì 1 novembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] James Martin è un gesuita, autore del libro «La mia vita con i santi». Ha spiegato al Wall street journal che secondo la tradizione americana la statuina deve essere interrata a testa in giù, e che chi vuole vendere un appartamento può metterla in un vaso di fiori. La intercessione del Santo sarebbe tanto più probabile quanto più la statua fosse vicina al cartello "in vendita". Lo storico Jaime Lara ritiene che il rito risalga al medioevo, quando chi occupava un lotto di terreno vi (...)

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> ECONOMIA E TEOLOGIA. ALLARME MUTUI: CRISI IMMOBILIARE E FAMILIARE. UN GRIDO D’AIUTO E UN’INDICAZIONE DAGLI STATI UNITI: "SAN GIUSEPPE, AIUTACI TU!". --- MESSINA-BRESCIA: LA STORIA DI GIUSEPPE, ROVINATO DALLA MAFIA.

giovedì 1 novembre 2007


-  Storia di Giuseppe, rovinato dalla mafia. I soldi dell’Antiracket non arrivano
-  Finché si presenta un uomo che può risolvere il problema in cambio di soldi

-  Dalle grinfie del racket all’estorsore
-  ma la mazzetta finisce in televisione

-  La vittima avvisa le Iene e Repubblica e lo scambio avviene davanti alle telecamere
-  Manette per il ricattatore che sosteneva di avere agganci importanti alla Guardia di Finanza

dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO *

CASTELMELLA (BRESCIA) - "So che sei in difficoltà, i miei amici finanzieri mi hanno detto che ti hanno bloccato il risarcimento del fondo Antiracket per una sciocchezza. Io ti posso dare un mano per sbloccare quei due milioni di euro che devi avere. Ma, sai come vanno le cose, bisogna ungere un po’ di ruote e tutto si mette a posto". La prima conversazione con offerta di aiuto avviene all’interno di una enoteca di Brescia gestita da una vittima del racket che con il primo risarcimento ottenuto, 670 mila euro, aveva abbandonato la sua vecchia attività di imprenditore edile, aprendo la vineria. "Ci vuole poco per avere quei soldi, facciamo quattrocentomila euro: 30 mila subito ed il resto quando il fondo Antiracket ti liquiderà".

Ecco com’è cominciata questa incredibile storia il cui finale, compreso l’arresto in diretta dell’estorsore, è stato filmato e registrata dalle Iene presente anche un giornalista di Repubblica.

Giuseppe Gulizia, 39 anni, originario di Taormina (Messina) alcuni anni fa si era trasferito nel nord Italia cominciando la sua attività di piccolo imprenditore edile. Il lavoro andava bene e negli ultimi due anni non aveva mai smesso di ottenere appalti da enti pubblici e da privati in provincia di Brescia. Un bel giorno però, mentre si trovava in vacanza in Sicilia da suoi genitori, Giuseppe Gulizia venne avvicinato da un boss di Tortorici, capo di una delle più potenti organizzazioni criminali del messinese. Senza mezzi termini il boss, Gaetano Carcione, impose a Gulizia di "assumerlo" nella sua impresa edile insieme ad altri cinque suoi scagnozzi. "Mi minacciarono di morte, che avrebbero ammazzato mia figlia ed i miei genitori ed accettai.

Carcione e gli altri si trasferirono nel bresciano, "ospiti" di Gulizia che li aveva regolarmente assunti nella sua impresa. "Carcione e gli altri non lavoravano quasi mai, fui costretto a pagare gli affitti delle loro abitazioni ed il loro sostentamento per mesi e mesi. Non solo - ha poi raccontato Gulizia agli investigatori - i miei "amici" siciliani, in particolare Carcione, volevano continuamente soldi. Quando cominciai a lamentarmi dicendo che non potevo sostenere queste spese altrimenti sarei fallito, mi puntarono una pistola alla testa e mi dissero chiaro e tondo che loro si sarebbero impossessati della mia impresa".

Poi, per convincere Gulizia che facevano sul serio, cominciarono a compiere attentati ed intimidazioni. Prima bruciarono l’azienda agricola dei suoi genitori in Sicilia, poi gli fecero trovare dietro la porta di casa una tanica di benzina, mentre dai cantieri edili sparivano ruspe e materiali. Il boss ed i suoi uomini non lo lasciavano mai in pace e Gulizia cominciò a realizzare che forse era meglio rischiare e denunciarli alla polizia. Ma non era facile. La goccia che fece traboccare il vaso venne l’estate successiva quando Gaetano Carcione ed i suoi uomini andarono in "vacanza", sempre pagata da Giuseppe Gulizia.

L’imprenditore fu avvicinato da una impresa edile calabrese che gli fece delle proposte di lavoro. "Io accettai l’appalto - racconta Gulizia - ma ben presto mi resi conto di essere finito dalla padella nella brace. Mi accorsi infatti che non erano migliori dei siciliani anche se si offrirono di aiutarmi quando raccontai che ero vittima di estorsioni e che non potevo subire altre richieste. "Non ti preoccupare, ai tuoi amici siciliani ci pensiamo noi".

La trattativa con l’estorsore

Quando tutto sembra finito Gulizia incappa in due incidenti che gli bloccano il pagamento del saldo del Fondo Antiracket. Mentre era in vacanza in Sicilia la polizia compie una perquisizione nell’enoteca di Gulizia e nel bagno del locale trova 23 dosi di hashish. Lui giura e spergiura di non saperne nulla ma viene denunciato e l’Enoteca chiusa. Questa vicenda giudiziaria si chiude ben presto con l’archiviazione e Gulizia comincia a sperare che finalmente potrà riavere gli altri soldi dall’Antiracket. Ma non è così.

"L’associazione antiracket di Brescia mi offre assistenza, mi fa pagare un’iscrizione di 800 euro e mi consiglia di affidarmi ad un altro avvocato. Nel frattempo - racconta Gulizia mostrando fatture ed altre carte - la presidentessa dell’associazione antiracket mi denuncia per estorsione". Cosa era accaduto. Gulizia la racconta così: "La signora Maria Luisa Sacchi, presidente dell’associazione antiracket ha anche una sua azienda privata e nel dicembre del 2007 mi ordina 30 cestini di prodotti siciliani per i regali di Natale ai suoi clienti. Stabiliamo prezzi e quantità e consegno i cestini. Mi paga però soltanto una fattura, la seconda no e quindi chiedo il saldo del conteggio".

Ma la signora Sacchi nell’aprile successivo denuncia Gulizia per estorsione. Conferma di avere ordinato i cestini natalizi di averne pagati una parte e di non avere ricevuto la seconda consegna. Ma agli atti dell’inchiesta sono stati allegati le fatture fornite da Gulizia ed un fax che la signora Sacchi aveva mandato alla banca dell’imprenditore Siciliano (che sollecitava Gulizia a rientrare) rassicurandola che entro poche settimane avrebbe saldato il conto. La vicenda è ancora aperta ed i fondi antiracket sono ancora bloccati.

E’ a questo punto che entra in scena Massimo Ambrosini che non si sa come e perché conosce nei dettagli la storia di Giuseppe Gulizia e si offre come intermediario per accelerare e sbloccare i soldi fermi al Commissariato straordinario antiracket di Roma. "Avevo bisogno di soldi, ma essere vittima di un’altra estorsione per ottenere il risarcimento della prima era troppo ed a quel punto ho fatto finta di accettare l’offerta propostami da Ambrosini: 30 mila euro subito, altri 300 mila dopo il saldo dei quasi due milioni che sarebbero arrivati dal fondo antiracket. I due si incontrano un paio di volte e poi stabiliscono la data per il pagamento della prima "tangente".

A questo punto Gulizia si rivolge alle Iene e a Repubblica. Si decide di andare fino in fondo, riprendere tutto e avvisare i carabinieri. Tutto è pronto: la tangente, 30 mila euro, un anticipo sui 300 mila richiesti, viene sistemata in due buste da lettera. Giovedì scorso l’intermediario si presenta puntuale all’appuntamento a casa di Gulizia.

"Caro Giuseppe è tutto fatto: adesso tu fai una scorta di soldi, 300-400 mila euro che ci consegnerai a me ed agli altri che si stanno dando da fare, quando riceverai il saldo del Fondo di Solidarietà che aspetti da mesi".

Giuseppe chiede ancora garanzie, certezza che quei soldi si sbloccheranno. "Come sai, mi servono. Ormai sono in mezzo ad una strada. Conosci la mia storia ed ho bisogno di riprendere a lavorare. E senza quei soldi non posso fare nulla".

Ambrosini lo rassicura ancora, gli dice che ormai è questioni di un paio di settimane e che questo primo anticipo serve per accelerare il pagamento del saldo. "A Roma sono stati già avvertiti ed avvicinati dai miei amici finanzieri e quindi stai tranquillo" dice Ambrosini che nel frattempo, tra un discorso e l’altro, si scola un bicchiere di vino bianco offertogli da Gulizia. Ambrosini prende le buste ("non controllo perché mi fido di te Giuseppe") e va via non sapendo che tutta la conversazione e le buste con i soldi che si era infilato nelle tasche della giacca, erano state immortalate dalle telecamere nascoste.

Appena fuori Ambrosini si trova davanti quelli delle Iene e di Repubblica. Non sa che dire, poi ammette di avere preso dei soldi da Giuseppe, dice che ha fatto tutto da solo, che non ci sono altri complici e che è pronto a restituirli subito. Nelle buste ci sono solo 100 euro, il resto era carta. Arrivano i carabinieri ed Ambrosini finisce in galera.

L’inchiesta è adesso nelle mani del sostituto procuratore Fabio Salamone che dovrà accertare se Ambrosini abbia agito da solo oppure, come aveva raccontato a Gulizia nei loro precedenti contatti, insieme a due ufficiali della Guardia di Finanza ed un avvocato di Brescia.

* la Repubblica, 1 novembre 2007.


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