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Europa. Italia: Roma...

LA QUESTIONE ROM, LA CIVILTA’ EUROPEA E I DORMIENTI. La lezione di Emilia, la donna Rom che s’è sdraiata sull’asfalto davanti a un autobus per denunciare il Rom assassino di Giovanna Reggiani, e di Kafka. L’analisi di Barbara Spinelli e una nota di Michele Ainis - a cura di pfls

domenica 4 novembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] l’integrazione resta indispensabile, che chiuder le porte non basta, che è necessario far luce sui pericoli che corre non solo la sicurezza ma la democrazia. Dice Franz Kafka: «Bisognerà pure che nel campo dei dormienti qualcuno attizzi il fuoco nella notte». Questo invito a far luce sui veri tabù vale per i dormienti dell’Est e per l’Europa. Vale per i Rom (il loro faro non dovrebbe esser la figura della vittima ma la donna Rom che s’è sdraiata sull’asfalto davanti a un autobus per (...)

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> LA QUESTIONE ROM, LA CIVILTA’ EUROPEA E I DORMIENTI. ---- I romeni e l’indulto (di TITO BOERI).

mercoledì 7 novembre 2007

I romeni e l’indulto

di TITO BOERI (La Stampa, 6/11/2007)

Secondo Silvio Berlusconi, gli efferati crimini di cui si sono ripetutamente macchiati in questi mesi criminali giunti in Italia dalla Romania sarebbero il frutto di politiche dell’immigrazione eccessivamente permissive. «Come Paese dovevamo fare una moratoria nei confronti della Romania, come hanno fatto Spagna, Germania, Austria e Inghilterra che hanno chiuso le frontiere per due anni ai lavoratori provenienti da quel Paese», ha dichiarato due giorni fa, commentando l’omicidio di Giovanna Reggiani.

Di fronte ad episodi di questo tipo, la classe politica ha il dovere di ascoltare il dolore di familiari e conoscenti delle vittime e farsi interprete delle paure dell’opinione pubblica. Deve agire subito, sulla scia dei sentimenti diffusi, prima che il senso di insicurezza sfoci in reazioni emotive, che rischierebbero di aprire una vera e propria guerra civile dato che oggi, secondo i dati della Caritas, abbiamo a casa nostra più di mezzo milione di romeni, tanti quanti la popolazione dell’intera Basilicata. Ma la classe politica non deve mai abdicare al suo dovere di informare. Soprattutto in questi frangenti. E prendersela con le politiche dell’immigrazione vuol dire semplicemente disinformare l’opinione pubblica, cercando di mascherare responsabilità che sono da ricercare altrove, a partire dal segnale di lassismo nella repressione della criminalità offerto da una fetta molto consistente della classe politica con provvedimenti come l’indulto.

La Romania è entrata a far parte dell’Unione Europea dal primo gennaio 2007. Da quella data i suoi cittadini possono liberamente circolare sul territorio dell’Unione senza aver bisogno di alcun visto. Ai nuovi cittadini può venire negato o comunque fortemente limitato il diritto di lavorare in un altro Paese, per un «periodo transitorio» che può durare fino a un massimo di sette anni dall’entrata di questi Paesi nell’Unione. Ciò significa che è possibile impedire ai cittadini di questi Paesi di lavorare legalmente da noi, ma certamente non di entrare nel nostro Paese per poi svolgervi attività illegali. La Spagna, come osservava Berlusconi, ha mantenuto vincoli stringenti agli ingressi di lavoratori provenienti da Bulgaria e Romania sul proprio territorio, ma si ritrova oggi una popolazione di romeni addirittura superiore alla nostra. Se si volevano chiudere le frontiere ai romeni, si sarebbe dovuto impedire o ritardare l’allargamento a Est dell’Unione, ratificato dal Parlamento italiano negli anni del governo Berlusconi.

Questo non significa che non ci siano correttivi da apportare alle norme che regolano la mobilità delle persone all’interno dell’Unione. Ma questi correttivi non possono che essere definiti a livello europeo perché derogano al principio della libera circolazione delle persone sul suo territorio, su cui si fonda da sempre la Comunità Europea. Una direttiva dell’Unione del 2004 (da noi recepita nel febbraio 2007) permette che questa regola non valga per più di tre mesi nel caso di immigrati che non hanno mezzi di sussistenza. Il principio è che i cittadini di altri Paesi dell’Unione non possono gravare sull’assistenza sociale, dunque sui contribuenti nei Paesi che li accolgono, per più di tre mesi.

Il problema è che è molto difficile stabilire la data d’ingresso di queste persone e le condizioni di autosufficienza. Molti immigrati, anche quando lavorano, vivono in condizioni che noi riterremmo al di sotto del livello di sussistenza. Bisognerebbe allora introdurre criteri più stringenti e di più facile verifica, ad esempio richiedere che chi non ha un lavoro ed è in grado di lavorare abbia intrapreso documentate attività di ricerca attiva di un lavoro nell’ultima settimana. Inoltre, la direttiva non impedisce che gli immigrati espulsi dal nostro Paese vi facciano rientro il giorno dopo. Non c’è alcun divieto al reingresso delle persone espulse grazie a questa direttiva, come ha sperimentato lo stesso Sarkozy che ha rivisto in televisione le persone che aveva espulso qualche giorno prima. La beffa è che si vantavano di avere ricevuto dallo Stato francese 500 euro e di averne spesi solo 150 per uscire e poi rientrare in Francia. Bene sarebbe allora che partisse una richiesta congiunta di maggioranza e opposizione, che dia modo al Commissario alla Giustizia, Libertà e Sicurezza Frattini (in questi giorni più presente in Italia che a Bruxelles) di sostenere una rapida riforma di questa direttiva europea.

Il vero punto debole del nostro Paese, ciò che finisce per attrarre da noi molti criminali è la scarsa repressione della criminalità. E non sono i romeni in quanto tali il problema, ma il fatto che tra i romeni che vengono da noi ci sono più criminali che fra quelli diretti, ad esempio, in Spagna. Una classe politica che cerca disperatamente capri espiatori da vendere all’opinione pubblica dovrebbe guardare a quella larga maggioranza che ha varato provvedimenti come l’indulto, senza minimamente preoccuparsi di valutare il rischio di recidività dei detenuti rimessi in libertà. E senza pensare che stava offrendo un segnale di lassismo non solo a chi era già in Italia, ma anche a chi ci stava guardando da Paesi che provengono da anni molto bui, in cui una fetta consistente della popolazione ha vissuto, giorno per giorno, la violenza e la disperazione.


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