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Memoria della libertà e Storia della liberazione...

ENZO BIAGI: UN CITTADINO SOVRANO DELLA REPUBBLICA D’ITALIA NON UN SUDDITO DELLO STATO DI "FORZA ITALIA"!!! GIUSTIZIA E LIBERTA’ - E VERITA’! L’editto bulgaro di Silvio Berlusconi? Enzo Biagi lo considerò «un attentato alla libertà» - a cura di pfls

giovedì 8 novembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Quante cose succedono intorno a noi. Cercheremo di raccontare che cosa manca agli italiani e di che cosa ha bisogno la gente. Fra poco sarà il 25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita. C’è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi. Il revisionismo a volte mi offende: in quei giorni ci sono state anche pagine poco onorevoli; e (...)

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> ENZO BIAGI: UN CITTADINO SOVRANO DELLA REPUBBLICA D’ITALIA NON UN SUDDITO DELLO STATO DI "FORZA ITALIA"!!! GIUSTIZIA E LIBERTA’ - E VERITA’! --- Verità e realtà: "il percorso Biagi" (di Furio Colombo).

mercoledì 7 novembre 2007

Verità e realtà

di Furio Colombo *

Il «non c’è più» che proviamo e diciamo nel momento della scomparsa di Enzo Biagi nasce dal pauroso senso di vuoto per la perdita di un grande amico. Ma in questo caso il vuoto è più vasto e riguarda tutto il giornalismo, tutta la vita pubblica italiana. Non - non solo - nel senso di avere perduto il giornalista, bravo, severo, rapidissimo, esatto, implacabile, innovatore. Non solo perché se ne va il professionista che in tutta la sua lunga vita non ha perso un evento e non ha commesso un errore, di fatto o di giudizio. Nel suo percorso non ci sono, infatti, tortuosità o cancellature, non una. Il suo lavoro è sempre stato un paginone fitto di note, chiare subito. E confermate dopo, dal punto giusto in cui questo reporter si è sempre trovato (e poi ritrovato, ad ogni rivisitazione del suo, del nostro passato).

Ma questa perdita avviene adesso, nel peggior periodo del giornalismo e della vita pubblica italiana. È affettuoso e celebrativo dire, accanto al feretro di una persona amata e ammirata: «come lui ce ne sono più». La nostalgia dolorosa è sempre accanto alla perdita di chi è stato caro specialmente se ha avuto un ruolo e un peso nella nostra vita.

Enzo Biagi era una pianta robusta che si è estesa fino a questi giorni. Ma aveva le sue radici salde e profonde in un terreno diverso, in un tempo finito.

Quel tempo è stato segnato per sempre dalla la tragedia italiana, tra fascismo e antifascismo, e ha dato ragioni, motivazioni, necessità di scegliere. È stato il grande dono che molti hanno ricevuto dalla lotta vittoriosa al fascismo e che qualcuno (non tutti, non tanti, in una generazione) ha custodito come un tesoro per tutta la vita.

Ecco ciò che ci fa apparire Enzo Biagi così grande e importante alla fine del suo percorso. Perché la sua incorruttibile e non negoziabile intransigenza è divenuta cruciale in un’epoca triste e modesta della vita italiana in cui tutto è negoziabile, e una buona, conveniente negoziazione copre e cancella il vecchio argomento che una volta, un po’ enfaticamente, si chiamava dovere professionale.

Il lavoro giornalistico, a parte nuovi eroi del nostro tempo che invocano ancora nome e prestigio della professione, ma sono star della società dello spettacolo, con regole, priorità, colpi di scena e performance ambientate nello spettacolo, non nelle regole del giornalismo (che sono severe, strette, imperiose e non violabili a piacere), il lavoro giornalistico è reso nano dal sovrapporsi di un vasto potere economico. È un fatto recente. Infatti il potere economico ha sempre avuto influenza e interessi da far pesare. Ma aveva anche la necessità, di fronte all’opinione pubblica democratica, di salvare il decoro, mostrandosi accanto, non sopra il giornalismo, non come sfacciato regolatore delle notizie vere, false o da cancellare.

Ciò è accaduto in Italia - con una sorta di anticipazione profetica - quando un pesante potere economico dotato di tutti gli strumenti di persuasione negoziale, si è improvvisamente spostato dall’editoria (che stava comunque già trasformando in una struttura neo-feudale) alla vita politica e al governo. Sono mosse pesanti e drammatiche, che hanno urtato e tentato di abbattere, uno dopo l’altro, i due riferimenti più alti del giornalismo italiano, Indro Montanelli e Enzo Biagi. La storia esemplare vuole che uno dei due uomini liberi si sia trovato più vicino alla destra e l’altro alla sinistra. Ma, come ormai ci dicono in molti, queste sono definizioni d’altri tempi. Forse è vero, perché in tutti e due i casi è stata la forza intatta delle due persone e la loro inflessibile integrità a svelare il nuovo paesaggio, la nuova condizione di dominio delle informazioni.

Noi, qui all’Unità, Padellaro ed io e tutti i colleghi, possiamo vantarci di avere avuto amicizia, consiglio e sostegno ininterrotto da questi due uomini liberi, di averlo avuto molto più spesso che da parti politiche contigue. Ed è qui, adesso, che ci sentiamo orgogliosi di avere realizzato, nelle dimensioni limitate di un quotidiano di antica tradizione politica, morto e poi risorto, la lezione di Biagi: mai tacere un fatto vero, mai zittire una voce, per quanto irritante.

La vita di Enzo Biagi è stata una vita di buon lavoro, impegnata a dare volto alla realtà, a non negarla mai, quando è benevola, quando è spiacevole, quando è intollerabile. È questa la parola che va messa al centro del ricordo vero e non solo ideale di Biagi: rappresentazione dei fatti come dovere, e non importa se i responsabili di quei fatti se ne dispiacciono e vorrebbero negoziare le loro finte notizie. La parola chiave non è la mitica verità, troppo spesso scritta con la maiuscola. La parola chiave è la semplice realtà, ciò che è realmente accaduto e che non sarà mai censurato.

Il fatto che i venditori di finte notizie (potenti e anche minacciosi fino al punto di toglierti il tuo lavoro benché tu sia stimato, ammirato, famoso) abbiano avuto tanto successo, e siano riusciti ad aprire, accanto a ciò che chiamavano giornalismo, un vivace mercato del falso di immagine, del falso prestigio, di falsi eventi, dando a questo mercato del falso una impetuosa corsia di preferenza anche nella grande stampa (oltre al dominio quasi completo della televisione) tutto ciò ha reso più grande ed eccezionale la figura e il senso del lavoro di Enzo Biagi, che a narrare la realtà non ha mai rinunciato.

I lettori di questo giornale ricorderanno che si è tentato di tutto per zittire chi ha tenacemente seguito “il percorso Biagi”, fino al punto di accusare di contiguità con il terrorismo ogni narrazione scrupolosa di ciò che stava accadendo. Ma, ti dice e ti lascia detto Enzo Biagi, tu continui lo stesso, almeno finché resta un giornale libero per farlo. Il resto sono giochi, come accorrere ad affollare certe trasmissioni tv per farsi vedere, non importa con chi.

Enzo Biagi non partecipava ai giochi, che sono parte del mondo dello spettacolo, e anche questo è un insegnamento da tenere vivo e tenere caro. È il nostro immenso debito di giornalisti e di amici.

* l’Unità, Pubblicato il: 07.11.07, Modificato il: 07.11.07 alle ore 10.31


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