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Dio è amore ("charitas") e il cristianesimo non è un cattolicismo!!!

LA CHIESA DIOCESANA DI PADOVA HA PERSO ANCHE L’ULTIMO LUMICINO DI MEMORIA EVANGELICA ED E’ DIVENTATA UN SINEDRIO DI FARISEI SENZA AMORE E SENZA UMANITA’. La denuncia del Vescovo Mapelli - a cura di pfls

domenica 25 novembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Cristo diceva: "conoscerete la verità e la verità vi farà liberi": questa Chiesa Diocesana, con in testa il suo Vescovo pare dire il contrario.
"Restate nell’ignoranza e nella finzione! Mai sarete nè liberi nè veritieri!...." [...]

CENTRO STUDI TEOLOGICI
DIOCESI DI MONZA- MILANO E LOMBARDIA (...)

In risposta a:

> La denuncia del Vescovo Mapelli ... un intervento terapeutico per chi soffre di cecità e ignoranza ruinose relativamente a quanto succede nel mondo, fuori dal pozzo (Un "mattutino" - uncommento per "svegliarsi" - del cardinale della Chiesa cattolico-romana, Gianfranco Ravasi).

lunedì 26 novembre 2007

IL ROSPO NEL POZZO

di Gianfranco Ravasi (Avvenire/Mattutino, 09.02.2007)

Un rospo che vive in fondo a un pozzo giudica la vastità del cielo sulla base del bordo del pozzo.

Leggo che questo è un proverbio mongolo, legato quindi a una cultura remota rispetto alla nostra, eppure testimone di una verità che tutti ci accomuna. Quel rospo che è laggiù nel fondo melmoso di un pozzo immagina il cielo solo coi contorni del bordo che da quel punto di vista riesce a intuire. È una lezione costante: per molte persone il loro angolo di visuale è l’unica possibilità di interpretare tutta la realtà. Nasce, così, una particolare ostinazione che si trasforma in supponenza: si diventa convinti che solo quella è la verità, opponendosi a ogni altra prospettiva.

È per questo che la grettezza e la chiusura mentale diventano pericolose. Forse affermano un aspetto genuino della realtà ma ignorano che esso è parziale e che deve confrontarsi con altri punti di vista. Ma chi è così isolato nella sua autosufficienza non vuole uscire dal suo guscio, anzi, teme l’ampiezza degli orizzonti, come è attestato da coloro che ai nostri giorni hanno paura di tutto ciò che è diverso sia a livello etnico o sociale sia a livello religioso o culturale.

Essi sono incapaci di dialogare con l’altro perché sospettano di perdere la loro fragile identità fatta di quel piccolo e quieto orizzonte, e non solo perché rigettano sempre e comunque chi è differente da loro.

Ecco, allora, la necessità di non relegarsi in un pozzo e di non ridurre il cielo della verità a quel modesto cerchio che sta sopra la nostra testa. L’anima umana è come il vento che passa sopra le frontiere e corre verso i cieli, nella rincorsa dell’infinito.

Gianfranco Ravasi


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