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ALL’ITALIA E A DANTE. "IL QUINTO DELL’INFERNO": IL CANTO DI ROBERTO BENIGNI - a cura di pfls

"La grandezza dell’Italia sono i ragazzi di Locri e il corteo contro la violenza sulle donne, violenza dei vigliacchi"
giovedì 29 novembre 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] A quasi un’ora dall’inizio, Benigni si avvicina al clima della lectura con una rassegna del genio e della bellezza del Paese del Rinascimento, della pittura, della musica e dei filosofi, di Dante che "si è occupato di questo strano sogno che è la vita", della Commedia che "dopo averla letta non si guardano più le persone nello stesso modo perché ci insegna che ognuno di noi è protagonista di una storia irripetibile".
L’Italia, "unico Paese al mondo dov’è nata prima la cultura e poi (...)

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> ALL’ITALIA E A DANTE. "IL QUINTO DELL’INFERNO": IL CANTO DI ROBERTO BENIGNI - ..... Dateci di questa poesia (di Gabriella Sartori).

lunedì 3 dicembre 2007

IL DANTE DI BENIGNI NEI LUOGHI ( E NEI NON LUOGHI) DELL’OGGI

Dateci di questa poesia

di GABRIELLA SARTORI (Avvenire, 02.12.2007)

Benigni e Dan­te: non lascia­mo cadere l’argomento. È vero che, nella serata del televisiva del 29 no­vembre, la parte de­dicata alla satira poli­tica si è protratta troppo a lungo, che certe battutacce erano scontate (e qualche volta volgarotte). Ma sarebbe fuorviante fermarsi qui. Limiti come questi, nulla tolgono al fatto che la se­rata sia stata infine memorabile. Per vari motivi.

Primo, perché la grandezza umana, poetica e cristiana di Dante è stata fatta arrivare direttamente al cuo­re e alla mente di dieci milioni di italia­ni: Roberto Benigni - uno che ha co­minciato come comico, e perfino co­mico di partito - da quando ha incon­trato di nuovo sulla sua strada il nostro massimo poeta, ne è uscito irrimedia­bilmente arricchito, trasformato nel profondo. Come accade a tutti coloro che sono capaci di incontri veri. Defi­nire chi sia oggi il Benigni che - più che leggere, spiegare, recitare - vive Dante nella sua carne di uomo e di personaggio da palcoscenico, è diffici­le; e forse non è neppure importante.

Quello che si può constatare, è che per la rinascita della nostra poesia nazio­nale, e ancor prima, per la sua cono­scenza a livello di massa, il Benigni della Divina Commedia, assistito in questa sua veste, dai migliori dantisti i­taliani, sta facendo molto di più e me­glio di quanto non riescano a fare, da anni, la nostra scuola e la nostra uni­versità. E magari anche molti convegni o happening, più o meno ’letterari’, siano essi di accademia o di strada. Per parlare al grande pubblico di poesia, ci vuole già un bel coraggio e ce ne vuole ancora di più per farlo in un clima cul­turale post-moderno, umanamente i­naridito (e tanti casi di cronaca, da Pe­rugia a Garlasco, continuano tragica­mente a ricordacerlo). Riuscire a farlo, poi, attraverso il mezzo televisivo, sempre più spesso usato in modo da costituire la negazione stessa di tutto quello che è pensiero fondante, arte di qualità, emozione alta, diventa quasi un miracolo. E c’è di più. Incontrando dal vivo un credente della statura di Dante, Benigni non può far a meno di imbattersi nel profondo delle ’radici cristiane’ e umane della nostra fede.

C’era, la sera di giovedì, nella sua ’performance’, il riferimento alto a Tommaso d’Aquino e ad Agostino, due autori che i manuali scolastici «aggior­nati » hanno praticamente cancellato.C’era, intero e vivo, il nome nuovo che Cristo ha dato a parole fondanti come vita, libertà, amore, bellezza ,verità.

C’era la «pietas» che, non per niente, è «cristiana». C’era l’invito a non «perde­re » quell’ «attimo» capace di rivelarti il senso profondo dell’esistenza... Qual­cuno, spenta la tv, ha detto: «Mai vista e sentita una catechesi così bella». Esa­gerato? Forse. Eppure si potrebbe dav­vero provare a tornare all’antico, a quando Dante si leggeva in chiesa (e in certe chiese, già lo si fa, ma pochi lo sanno, pochi ne parlano: anche se la cosa affascina, e il pubblico è sempre folto e molto attento). Avendo un Dvd a disposizione - e qualche amante del genere: un professore in pensione, un giovane di belle speranze, un prete di buoni studi... -, potrebbero riuscirci tante parrocchie. Trovando l’angolo e la ’guida’ adatti, si potrebbe provare a proiettarlo, un Benigni come questo, pure in quei non luoghi di cui parla Marc Augé: stazioni ferroviarie e della metro, sale d’aspetto degli aeroporti, i­permercati, discoteche. Là dove si ac­calcano, per riti collettivi senza nome, masse di giovani e non giovani, ai quali nessuno, oggi, dice mai quelle ’parole di vita’ che la poesia di Dante sa dire scaldando il cuore. Parole di cui tutti hanno bisogno, magari senza saperlo.


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