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Pianeta Terra. Eu-ropa....

SHOAH E RICORDO. ANNA FRANK. "El Diario de Ana Frank, un Canto a la Vida": un musical, al Teatro Calderon di Madrid (dal 28 febbraio) - a cura di Federico La Sala

Il produttore: "Ho promesso a mio figlio di onorare la memoria di un simbolo della lotta alla xenofobia e per i diritti dei bambini".
domenica 6 gennaio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] "Questa versione rispetta il messaggio di tolleranza, insito nella tragedia, che a noi interessa tener vivo" spiega Jan Eric Dubbelman, capo del Dipartimento internazionale della Anne Frank Foundation in un’intervista al quotidiano spagnolo El Pais, motivando così la decisione del via libera al musical. "Il fatto, poi, che sia in lingua spagnola - aggiunge - può contribuire a far conoscere la figura di Anna Frank al mondo latinoamericano, una comunità che ha sempre dimostrato grande (...)

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> SHOAH E RICORDO. ANNA FRANK. --- Miep Gies la nascose in casa con la famiglia. Fu lei a trovare il diario: "La ricorderò sempre". L’angelo custode compie 100 anni (di Alberto D’Argenio).

sabato 21 febbraio 2009


-  Miep Gies la nascose in casa con la famiglia
-  Fu lei a trovare il diario: "La ricorderò sempre"

-  L’angelo custode compie 100 anni

-  "Dipendevano da me, ero il loro unico contatto con il mondo. Fu un periodo straziante"

-  di Alberto D’Argenio (la Repubblica, 21.02.2009)

BRUXELLES «Con il tempo tutto passa, ma fino a quando ci saranno dei sopravvissuti il ricordo continuerà ad esistere». Anna Frank la chiamava la sua «protettrice», poi è stata ribattezzata la «guardiana della memoria». Miep Gies era la giovane donna dal viso dolce che dal luglio 1942 all’agosto 1944 ha nascosto Anna Frank e la sua famiglia, l’angelo che li ha tenuti in contatto con il mondo e ha portato loro le provviste e gli oggetti capaci di rendere la vita meno soffocante. Era lei che comprava la preziosa carta con cui Anna ha scritto il suo diario, che la ascoltava e rispondeva alle sue mille domande. Domenica scorsa Miep ha computo 100 anni ed è tornata a parlare al mondo.

Via e-mail ha concesso a Repubblica qualche domanda in bilico tra passato e presente. Ricorda Anna - «era il sole di quella casa, il motore che ha unito tutti» - e parla di oggi, del negazionismo, delle polemiche sui lefebvriani: «Le parole e i precetti della Chiesa cattolica mi sono indifferenti. Posso però dire di non essere d’accordo con tutte queste cose». Poi si tuffa nel tempo e parte da dove tutto è cominciato. Ci porta ad Amsterdam, nel 1933, quando è diventata la segretaria di Otto Frank, proprietario del magazzino al 263 della Prinsengracht.

Una vita dopotutto felice, per lei che a soli 11 anni era scappata dalla povertà post-bellica dell’Austria. Ma poi è arrivata una nuova guerra, i nazisti e la memoria si tinge di tragedia. C’è quel giorno del 1942 in cui Otto Frank la chiamò: «Miep, ti devo dire una cosa importante, un grande segreto. Ci stiamo preparando a nasconderci, qui, in questa casa: ci vuoi aiutare?». Il suo «sì» fu dettato da un sentimento naturale, spontaneo e noncurante dei rischi. Poi arriva il 9 luglio, il giorno della fuga. E’ lei a portare nel nascondiglio Margot, la sorella maggiore di Anna finita nelle liste dei nazisti. Ricorda: «Margot e la madre erano sotto shock, stavano sedute lì con lo sguardo perso nel vuoto. Era orribile. Anna, invece, era allegra e contenta come sempre». Eppure la vita era diventata una prigionia.

In che misura lo capì tempo dopo, quando venne invitata a trascorrere una notte nel nascondiglio: «Non ho chiuso occhio: solo allora ho capito davvero cosa volesse dire nascondersi. Eri schiacciato da una forte pressione, dalla paura. Mi sentivo incatenata e ho pensato: domani sarò di nuovo libera».

Quella notte le insegnò più di due anni in cui tutte mattine andava a raccogliere la lista della spesa dei Frank: «Anna era sempre la prima a dire: «Hello Miep, cosa c’è di nuovo?». Era così, era normale ed impulsiva. Ma io sentivo che loro dipendevano da noi, che mi aspettavano con ansia per parlare, per avere notizie. Lo trovavo terribile. Il fatto che fossero docili mi faceva male, era straziante». Fu invece di pomeriggio che capì il legame tra Anna e la scrittura: era salita nel nascondiglio fuori orario e trovò la bambina che scriveva «con grande concentrazione». Quando la vide, Anna le rivolse «uno sguardo ostile» e chiuse il diario sbattendolo. Lei rimase sconvolta.

«Quella era la Anna che scriveva». Poi arrivò la tragedia, il 4 agosto 1944. Miep era in ufficio quando la porta si aprì ed entrò un uomo armato. Pensò: «Ci siamo». Seguirono densi minuti di angoscia. Lei fece scappare i complici e rimase da sola: «Avevo sentito qualcuno parlare in tedesco, con un accento che conoscevo. Quando entrò mi alzai e dissi: «Lei è di Vienna, anch’io lo sono». L’uomo rimase a bocca aperta. Gli diedi i documenti e lui sbraitò: «Non ti vergogni? Stai aiutando della spazzatura ebrea! Sei una traditrice e dovresti morire». Rimasi in silenzio e lui a muso duro disse: «Per me puoi rimanere, ma se scappi prenderemo tuo marito». Desolata sentì i passi dei Frank che scendevano le scale.

In quelle ore fu lei a trovare il diario di Anna e a custodirlo. Glielo voleva restituire di persona, ma la piccola non tornò: sette mesi dopo lei e Margot morirono a Bergen-Belsen. Così lo diede a Otto Frank, l’unico sopravvissuto della famiglia. Lui lo fece pubblicare ma per anni Miep non lo volle leggere. Poi trovò il coraggio: «Una sensazione bellissima si impossessò di me. Questa era l’Anna che conoscevo, la sentivo di nuovo vicina: quel diario è Anna». Fu quello il momento in cui capì che la sua vita sarebbe stata dedicata alla memoria.


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