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Al di là della civiltà cattolico-romana... la civilizzazione video-cristiana: "Dieci passi prima dell’eternità " (Gaetano Mirabella, 2004).

E-DEMOCRACY E CRISTIANESIMO: IL REGNO DEI "SANTI ELETTRONICI". La "virtualità" dell’etica e il web. Una nota di Derrick De Kerckhove - a cura di pfls

giovedì 17 gennaio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] ho creato un concetto nuovo: quello del santo elettronico, colui che ha l’aura elettronica, costituita da tutte le connessioni comunicative che collegano la persona al mondo e ad altre persone [...]

Web
L’arena della democrazia
di Derrick De Kerckhove (Avvenire, 06.01.2008)*
Oggi il rapporto tra natura e artificio è inverso: la natura diviene dipendente dall’artificio, mentre prima l’artificio era dipendente dalla natura. La scoperta del (...)

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> E-DEMOCRACY E CRISTIANESIMO: IL REGNO DEI "SANTI ELETTRONICI". --- "Techno-féodalisme", "Neo-feudalism"? L’economista Durand e il sociologo Kotkin puntano il dito sul potere delle “big tech” (di Simone Paliaga).

mercoledì 3 marzo 2021

Scenari.

Il neofeudalesimo dei colossi high-tech

Due libri dell’economista Durand e del sociologo Kotkin puntano il dito sul potere delle “big tech” che rendono i consumatori servi della loro fame di informazioni per le esigenze degli algoritmi

di Simone Paliaga (Avvenire, martedì 2 marzo 2021)

«L’ascesa della tecnologia digitale sta sostituendo i rapporti fondati sulla concorrenza con delle relazioni basate sulla dipendenza, deregolamentando così la meccanica generale del sistema economico e facendo prevalere la predazione sulla produzione». Saremmo sulla soglia di una nuova epoca, sostiene l’economista francese Cédric Durand nel suo ultimo lavoro Techno-féodalisme. Critique de l’économie numérique (Zone, pagine 254, euro 18).
-  L’epoca del tecnofeudalesimo, appunto! E non si annuncia certo rosea né carica di opportunità. «Con la telematica, i diritti di proprietà intellettuale e la centralizzazione dei dati - prosegue lo studioso francese - presuppongono un controllo molto più stretto su territori e individui». Lo scopo del controllo è l’accaparramento di dati, considerati da molti l’oro nero dell’economia digitale.
-  Alle corporation delle tecnologie dell’informazione non interessa promuovere la produzione ma accentuare la predazione, a cominciare da quella dei dati. A scapito degli Stati, che mostrano sensibili segni di indebolimento e di incapacità nel contrastarne l’azione, le big tech, da Amazon a Google e a Facebook, si disputano il controllo del cyberspazio. E lo fanno con uno scopo ben preciso. Controllare la fonte dei dati e centralizzarne l’elaborazione per sviluppare algoritmi efficaci e affinare la ricerca sull’intelligenza artificiale. Per questo Amazon & co. tendono a monopolizzare la catena del valore nella nuova economia digitale.

Accettare la frammentazione dei dati «implica - sottolinea Durand - una distruzione del loro valore d’uso nella misura in cui i bacini di dati ridotti generano algoritmi meno agili e, quindi, dei dispositivi meno comodi per gli utilizzatori». Questo processo di centralizzazione finirà col sottoporre al controllo e alla predazione anche gli aspetti più minuti delle vite quotidiane, quelli che un tempo non interessavano a nessuno. «I più privati frammenti di vita tendono - continua l’economista d’Oltralpe - a essere incorporati nei circuiti digitali e intrappolati nell’oggettivizzazione di una grammatica comune a tutti gli agenti sociali ».
-  Più controllati e dipendenti non sarebbe possibile. La profilazione degli utenti così ottenuta all’apparenza serve a soddisfare i desideri dei navigatori del cyberspazio, ma dall’altro ne mina la libertà di scelta. Il passaggio da utente alla «servitù della gleba digitale» è breve. Si gode del beneficio dei servizi erogati, ma in cambio si offrono le informazioni che servono a rendere più performanti gli algoritmi delle piattaforme.

«Questa dipendenza generale dai proprietari di das digital - a opinione di Durand - è l’orizzonte dell’economia digitale, il divenire cannibale del liberalismo all’epoca del digitale» ma soprattutto è il sintomo che il sistema sociale evolve (o involve) verso forme di nuovo feudalesimo basato su oligarchie e «servitù della gleba digitale» contro cui poco possono gli stessi Stati, la cui nascita deriva proprio dalla neutralizzazione dei rapporti feudali di sudditanza.
-  L’affermarsi delle big tech ridistribuisce il potere all’interno della società contemporanea e produce una riorganizzazione dei rapporti tra le classi sociali. Così la pensa il sociologo dell’Università della California Joel Kotkin nel suo The coming of Neo-feudalism. A warning to the global middle-class (Encounter Books, pagine 266, euro 21,53).
-  Secondo lo studioso americano l’ibridazione tra determinismo tecnologico e capitalismo postindustriale favorisce la nascita di nuove strutture di classe ben diverse da quelle che hanno assicurato il boom economico nel corso del Novecento e lo sviluppo dei diritti civili.

Le nuove oligarchie economiche mentre plasmano il futuro economico contribuiscono a creare una società neofeudale high-tech che mina la democrazia e la mobilità sociale che in passato era assicurata alle classi media e operaia. «La storia - ammonisce il sociologo - non sempre procede in avanti verso condizioni più avanzate e illuminate». Se per Kotkin nel corso dell’epoca medievale e nella prima età moderna la società si articolava in clero (clergy), aristocrazia e terzo stato, oggi non è molto diverso. Cambiano solo gli interpreti ma i ruoli rimangono gli stessi. Al posto del clero, si afferma un nuovo primo stato che Kotkin definisce clerisy, un’élite intellettuale separata dal resto della società e distribuita tra governo, media, università e nuove professioni legate alle tecnologie dell’informazione. Al posto dell’aristocrazia subentra una nuova classe, l’oligarchia, sempre più ricca e potente. Agli esclusi dai nuovi primo e secondo stato invece è vietata quella mobilità sociale che ne ha consentito, in epoca moderna, il riscatto e l’indipendenza.
-  Contro l’epoca moderna, il Neofeudalesimo ipotizzato da Joel Kotkin offre in cambio ai diritti acquisiti in passato solo una crescente e sempre più radicata disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, come sostiene sulla scia di Thomas Piketty, e lo scollamento tra l’élite culturale e l’oligarchia e il resto della popolazione. La sorte dei prossimi anni è, dunque, già tracciata?


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