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Lo spirito di Monaco contro lo Spirito di Assisi (Giovanni Paolo II: Ut unum sint,1995; Ecclesia de Eucharistia, 2003).

SAN FRANCESCO, SAN BONAVENTURA E GIOACCHINO DA FIORE RIPENSATI DA RATZINGER. UN PROGRAMMA DI STERMINIO TOTALE DELL’ECUMENISMO PER BENEDETTO XVI... - a cura di pfls

Una teologia della storia molto "evangelica" e "francescana". La Chiesa gerarchica controlla le "azioni" dello Spirito santo e garantisce, amministra e distribuisce a "caro prezzo" ("Deus caritas est", 2006) la Grazia ("charitas") di Dio!?! Avanti tutta!!! Verso il III millennio avanti Cristo!!!
venerdì 25 gennaio 2008 di Maria Paola Falchinelli
Lo spirito di Monaco contro lo Spirito di Assisi (Giovanni Paolo II: Ut unum sint,1995; Ecclesia de Eucharistia, 2003).

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> SAN FRANCESCO, SAN BONAVENTURA E GIOACCHINO DA FIORE --- A BOCCA APERTA. Papa Francesco, l’ultimo dei papi? (di Jacques Noyers - vescovo emerito di Amiens)

sabato 5 ottobre 2013

NOTE PRELIMINARI:

      • "È significativo che l’espressione di Tertulliano: "Il cristiano è un altro Cristo", sia diventata: "Il prete è un altro Cristo"" (Albert Rouet, arcivescovo di Poitiers, 2010.). (fls)


Francesco, l’ultimo dei papi?

di Jacques Noyers (vescovo emerito di Amiens)

in “ www.temoignagechretien.fr ” La lettre, n. 3556, del 3 ottobre 2013 (traduzione: www.finesettimana.org )

«Francesco anticipa nella sua persona una forma escatologica di esistenza, che, in quanto forma generale di vita, appartiene ancora all’avvenire» (1). È una citazione di Benedetto XVI! o piuttosto di Joseph Ratzinger quando era semplicemente un teologo. Preciso subito che si tratta di Francesco d’Assisi visto da san Bonaventura e non di papa Francesco annunciato dal suo predecessore. Vedendolo abbandonare i segni sfarzosi del Sovrano Pontefice, come il primo Francesco restituì sulla piazza di Assisi i suoi vestiti da borghese al proprio padre, si potrebbe pensarlo. Un papa che augura «buon appetito» ai suoi interlocutori, un papa che paga il conto dell’hotel, un papa che viaggia portando a mano il proprio bagaglio, un papa che parla di stare con i poveri e nelle periferie e che va loro incontro a Lampedusa...

Per mesi, sono rimasto a bocca aperta davanti a tante sorprese. Avevamo delle idee sul futuro della Chiesa, sulle qualità auspicabili del nuovo papa, sulla priorità delle riforme da intraprendere. Ma non avevamo previsto questo: un papa che non “gioca” a fare il papa! Aspettavo quello che sarebbe successo: una fine del mondo? Eravamo forse agli ultimi giorni della chiesa e all’avvento della pienezza del Regno di Dio?

Ohimé, la mia età non mi permette più di volare facilmente nell’entusiasmo dell’apocalisse. Vedevo questa chiesa, il suo peso, le sue abitudini, le sue certezze. Conoscevo la sua inerzia. Come avrebbe potuto quella farfalla risvegliare la balena?

Mi domandavo se fosse possibile lasciar arrugginire senza rimpianti in un angolo la struttura ingombrante e mal funzionante del Vaticano e ripartire da zero, con le parole del vangelo. La nostra chiesa sarebbe stata capace di far la muta come il serpente che abbandona sul posto la propria ingombrante corazza?

Al nostro papa è sufficiente uno spazio libero dove dare appuntamento a tutti gli assetati della Buona Notizia. La speranza

Bene! So di sognare. Non si cancella di colpo il peso di mille anni di cristianità. Ci sono ambasciate. Ci sono cardinali. Ci sono gendarmi. Ci sono guardie svizzere. Ci sono finanze. Ci sono uffici. C’è la curia.

Allora mi domando se saprà, col suo sorriso disarmante, trasformare lo scenario che non può cancellare. Si sono già visti alcuni gesti profetici. Si è già vista la differenza tra un pastore che si cura delle persone e un dottore che si cura dei discorsi. Si è ascoltato il richiamo ad andare verso le periferie, invece dell’invito a riunirsi docili attorno al centro.

Abbiamo visto mettere al primo posto l’attenzione nei confronti di tutti coloro che questo mondo non vuole vedere.

Si aspettano parole nuove, immagini inattese, gesti profetici. Si commenta, ci si diverte... Invece i media vedono solo operazioni di comunicazione più o meno abili. Nella chiesa non c’è la rivoluzione. Si sono cambiate le immagini dei papi nelle sacrestie. Ma tutto continua come prima. Del resto, potrebbe apparire offensivo per il nuovo papa immaginare che possa veramente dire cose diverse dai suoi predecessori. Chi oserebbe mettere in pratica la consegna di papa Francesco ai giovani: fate casino?

Tuttavia non riesco a rassegnarmi a questo comodo pessimismo. Le grandi rivoluzioni richiedono del tempo. Bisogna che si scontrino con ciò che è diventato abitudine. Occorre che corrodano, che minino, che le si creda soffocate perché un giorno le grandi istituzioni crollino. Posso credere nello Spirito di Dio che in questo modo rinnova la faccia della terra?

Già so che uomini e donne scoraggiate dall’immobilismo della chiesa riprendono un po’ fiducia. Iniziative quasi clandestine osano lentamente manifestarsi. I vescovi che avevano creduto di far piacere al papa mandando cristiani sulle strade per difendere la morale si rendono conto che forse il papa attende da loro altri cammini verso i poveri.

Siamo sempre in attesa. Attesa di nuove iniziative del papa per approfondire la rimessa in questione della pseudocristianità del potere. Attesa di un’eco più chiara di questa nuova parola negli ingranaggi complicati della chiesa. Attesa anche di reazioni che certamente non mancheranno di sollevare tutti coloro che si sentono sicuri nelle istituzioni del passato. Attesa soprattutto che il desiderio di avanzare sulle strade del vangelo sia permesso e incoraggiato. Mai la testa avanza senza i piedi! È ancora troppo presto per cantare l’alleluia dell’ultimo giorno. Ma la speranza si è già messa in cammino.

*

évêque émérite d’Amiens

-  (1) Joseph Ratzinger, San Bonaventura. La teologia della storia , Porziuncola, p 256.

*

LA LETTRE, N°3556 DU 3 OCTOBRE 2013 1,50 €.


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