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Europa. ITALIA...

LA COSTITUZIONE, LE REGOLE DEL GIOCO, E IL FUORI-GIOCO!!! CRISI POLITICA E CONSULTAZIONI: LA SVOLTA. "Senza Forza Italia non si fa un altro governo". Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sollecita Silvio Berlusconi a comportarsi correttamente e con orgoglio vero (da cittadino italiano!!!) e a gridare con tutta l’anima e con tutta la mente: FORZA ITALIA, VIVA L’ ITALIA. LA PAROLA "ITALIA" E’ DI TUTTI I PARTITI E DI TUTTO IL POPOLO ITALIANO - a cura di pfls

L’aver dimenticato l’importanza della Parola sta portando il Paese direttamente alla devastazione totale e alla guerra civile.
martedì 29 gennaio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] "Senza Forza Italia non si fa un altro governo". Il cuore di questa crisi politica è tutta qua. In questa frase che Giorgio Napolitano si è lasciato scappare nei colloqui della prima giornata di consultazioni. Il punto nevralgico che può evitare al Paese nuove elezioni ad aprile è rappresentato da Silvio Berlusconi. I riflettori del partito del "non voto" sono puntati su di lui. È scattato il pressing per costruire intorno al Cavaliere un muro di gomma che gli impedisca di dire la (...)

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> CRISI POLITICA E CONSULTAZIONI. SVOLTA. "Senza Forza Italia non si fa un altro governo". Il Presidente Napolitano sollecita Silvio Berlusconi a comportarsi con orgoglio da italiano .... SECONDA GIORNATA DI CONSULTAZIONI (Ansa).

sabato 26 gennaio 2008

Ansa» 2008-01-26 09:20

CRISI DI GOVERNO, SECONDA GIORNATA DI CONSULTAZIONI

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha appena cominciato il suo giro di consultazioni, e già si affaccia l’impressione che questa prima esplorazione delle vere intenzioni delle diverse forze politiche non sarà sufficiente per dipanare la matassa; che probabilmente sarà necessario affidare ad una personalità istituzionale il compito di proseguire il lavoro di "meticoloso approfondimento".

Si fa già il nome del presidente del Senato Franco Marini con tanta insistenza che l’interessato è costretto a schermirsi. "La mia responsabilità - dice - è già grande". La situazione è complicata. Il capo dello Stato interviene all’indomani di uno scontro parlamentare durissimo, al termine del quale non solo è caduto il governo Prodi, ma la stessa legislatura è messa seriamente in discussione. Le posizioni dei due schieramenti politici appaiono quanto mai distanti. Da una parte c’é il centrodestra quasi compatto nel richiedere elezioni subito (si distingue l’Udc, da sempre incline ad un governo di responsabilità nazionale, secondo la definizione rilanciata anche oggi). Dall’altra il centrosinistra, anche in questo caso a grande maggioranza, ma non unanime (il Pdci, ad esempio, è contrarissimo ad ogni ipotesi di intesa con il centrodestra), a spingere perché si arrivi ad un governo di tregua, a cui affidare il compito di fare quelle riforme che vengono un po’ da tutti ritenute necessarie, ma che non si possono fare prima di un anno e che richiedono un’ampia convergenza parlamentare.

Napolitano sta verificando se è possibile evitare l’interruzione traumatica della legislatura, e non solo perché il primo dovere di un capo dello Stato è quello di tentare fino all’ultimo di evitare lo scioglimento del Parlamento. Ma perché, riferisce chi ha avuto modo di parlare con lui, è sua radicata convinzione che tornare alle urne con l’attuale legge elettorale significhi rischiare di tenere il Paese ancora a lungo nell’instabilità, che le riforme siano una inderogabile necessità, e che occorra svelenire il clima politico, come ha detto e ripetuto tantissime volte. Chi ha partecipato alle consultazioni di oggi lo ha visto per nulla rassegnato a lasciare che le cose seguano il loro corso naturale. Lo ha trovato consapevole che il sentiero è stretto, ma anche persuaso che all’Italia necessiti un governo che aiuti a ricondurre lo scontro politico nell’alveo della normale dialettica democratica. Insomma, un governo che lavori a ricucire i rapporti e a colmare lacune, come quello guidato nel 1993-’94, in un’altra stagione non meno difficile, da Carlo Azeglio Ciampi. Non è facile convincere i partiti che ne vale la pena. C’é chi teme che un simile esecutivo potrebbe danneggiarli nella ricerca dei consensi. Ed è pressoché impossibile persuadere chi, tra loro, è convinto di avere a portata di mano una netta vittoria elettorale. Per far comprendere gli aspetti positivi della strada suggerita dal presidente della Repubblica occorre tempo. Occorre superare questa prima fase della crisi, sulla quale pesano le forti emozioni che hanno accompagnato la caduta del governo Prodi. Affidare ad una personalità come Franco Marini un mandato esplorativo, una volta che Napolitano avrà terminato il primo giro di consultazioni, potrebbe agevolare l’opera. Marini potrebbe approfondire, sottoporre agli interlocutori le diverse soluzioni possibili, individuare e coltivare i punti di convergenza tra i due schieramenti. Poi la palla tornerebbe al Quirinale, e il presidente avrebbe più elementi per decidere. Per capire se il tentativo di salvare la legislatura ha reali possibilità di successo, o sarebbe solo accanimento terapeutico.

GOVERNO PER RIFORME. MA BERLUSCONI CHIUDE, AL VOTO (di Chiara Scalise)

L’appuntamento con il voto anticipato sembra sempre più vicino. Silvio Berlusconi spariglia le carte, e il giorno in cui partono le consultazioni al Quirinale accelera puntando dritto al voto. Anzi, aprendo già la "campagna elettorale". E’ crisi da ventiquattro ore e gli schieramenti si fronteggiano da posizioni opposte. Se Forza Italia mostra i muscoli, il Partito democratico di Veltroni apre all’Udc e chiede un governo di responsabilità nazionale. Il tempo potrebbe lavorare a favore: il capo dello Stato ha davanti a sé ancora quattro giorni. Ma che la soluzione non sia a portata di mano lo confermerebbero le voci raccolte in Parlamento che danno come probabile il conferimento, la prossima settimana, di un mandato esplorativo al presidente del Senato Franco Marini. Il numero uno di Palazzo Madama intanto mette comunque in chiaro la sua posizione. "Non aspiro ad avere alcun altro incarico", afferma. Insomma, ritrovarsi a capo di un esecutivo per le riforme non è un desiderio del presidente del Senato, anche se Marini non si sottrarrebbe certo a una richiesta di aiuto da parte del capo dello Stato. Chi invece mette le mani avanti e rifiuta recisamente l’invito è Romano Prodi. E’ un premier dimissionario, ma c’é chi come la sinistra dell’Unione vorrebbe che restasse a Palazzo Chigi. Lui ringrazia, e però il suo è un no. Ha giocato, ha rischiato, e ha perso: ora - dice arrivando al vertice con il Pd - farò il nonno. Ma non prima di aver messo in chiaro, ancora una volta, le ragioni che lo hanno portato a drammatizzare la crisi.

Scegliere di sfidare il Senato, come ha fatto ieri, non é stato certo per portare il Paese al voto anticipato: Andare alle urne con l’attuale legge elettorale - scandisce - sarebbe una tragedia. Parole che sono in piena sintonia, per la prima volta da molti giorni, con la linea del Pd. Il partito democratico lo dirà a Napolitano: no elezioni subito, sì a un governo istituzionale per condurre in porto la riforma elettorale. Oltre all’Udc di Pier Ferdinando Casini, che non ha mai nascosto di prediligere questa strada, oggi arrivano aperture che potrebbero essere significative anche da alcuni ’piccoli’ dell’Unione. Rifondazione comunista (nonostante qualche mal di pancia), Sinistra democratica e Verdi appoggiano l’ipotesi di un esecutivo a tempo per cambiare il ’porcellum’. Molti i paletti fissati (il principale è la richiesta di un governo breve), ma comunque un avvicinamento alla posizione del Pd. Nella ’Cosa Rossa’ resta quindi isolato il Pdci di Oliviero Diliberto, che ci starebbe solo a patto di avere un’identica maggioranza e Prodi come capo. A destra, il treno delle elezioni corre invece sempre più veloce. Berlusconi sente odore di vittoria e non sembra disposto a concedere niente agli avversari di sempre.

Anche l’eventuale offerta di un possibile governo guidato da Gianni Letta non sembra sedurre il leader azzurro, e anzi viene respinta al mittente da Forza Italia e da Alleanza Nazionale. Il tempo davanti è però ancora molto e il centrosinistra proverà a giocarsi tutte le carte che ha. E non è detto che trovi solo porte chiuse. Qualche convenienza a dire di sì a un governo ponte ci sarebbe anche per la ex Cdl: a breve è previsto un valzer di nomine ai vertici delle più importanti aziende italiane e chi siederà a Palazzo Chigi potrà giocare un ruolo chiave su questo scacchiere. Ma anche una considerazione più a lungo termine potrebbe fare breccia. Se si aspettasse un anno per eleggere un nuovo Parlamento, sarebbe quest’ultimo, magari a maggioranza di centrodestra, a scegliere il successore di Giorgio Napolitano. Il fronte poi dei favorevoli a una soluzione intermedia annovera supporter di rilievo anche fuori dai partiti: il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo oggi ha invocato un governo tecnico-istituzionale, muovendosi così in linea con i centristi. Idea perfetta, commenta il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa: peccato che, aggiunge prudentemente, manchi l’accordo politico. E al rischio di trovarsi isolati Casini e i suoi l’hanno detto chiaramente: scelgono di andare al voto subito.


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