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Pianeta Terra. "Pietà per il mondo, venga il nuovo sapere" (Michel Serres: Distacco, 1986)

ITALIA: GIORNO DELLA MEMORIA (LEGGE 211, 20 LUGLIO 2000). LAGER DI WIETZENDORF, 1944. Basilica di S. Ambrogio, Natale 2000: il Presepio degli Internati Militari Italiani. In memoria di Enzo Paci e a onore del Cardinale Martini. Una nota del prof. Federico La Sala

lunedì 8 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Uscire dai cerchi di filo spinato che delimitano dappertutto il nostro presente storico è la scommessa. Come fecero i militari italiani internati nel lager tedesco di Wietzendorf (cfr. il Presepio del lager - Natale 1944, ricostruito nella Basilica di sant’Ambrogio, a Milano, nel Natale 2000) e fece Enzo Paci, anch’egli in un[nello stesso, fls] lager tedesco nel 1944 (cfr. Nicodemo o della nascita, in Della Terra..., cit., pp. 120-125), oggi non possiamo che riaprire la mente e il (...)

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>LAGER DI WIETZENDORF, 1944 --- Gianrico Tedeschi, grande testimone del Novecento: "Sono diventato attore perché sono stato in campo di concentramento" (di Anna Bandettini)..

martedì 28 luglio 2020

E’ morto Gianrico Tedeschi

100 anni compiuti ad aprile, carriera da Visconti a Carosello

(ANSA) - ROMA, 28 LUG - E’ morto ieri sera, nella sua casa di Pettenasco (Novara), Gianrico Tedeschi, decano del teatro italiano. Aveva compiuto 100 anni lo scorso 20 aprile. La notizia è stata data nella tarda serata di ieri dal web magazine Buongiorno Novara. Nato a Milano nel 1920, nella sua lunghissima carriera - iniziata in un campo di prigionia dove era stato portato perché si era rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò - Tedeschi ha lavorato con i più grandi registi, da Luchino Visconti a Giorgio Strehler a Luca Ronconi, ma è stato anche volto del varietà e della pubblicità in tv con Carosello. (ANSA).


Gianrico Tedeschi, 100 anni di vita e di teatro

L’attore compie gli anni il 20 aprile: grande testimone del Novecento, da un palco all’altro, è stato uno dei nostri grandi protagonisti in scena per oltre settant’anni

di ANNA BANDETTINI (la Repubblica, 20 aprile 2020)

Tra le tante cose per cui essere grati a Gianrico Tedeschi c’è una frase: "Sono diventato attore perché sono stato in campo di concentramento". E non ci sarebbe altro da aggiungere per raccontare questo protagonista della scena italiana che con umanità, ironia, simpatia, valori etici oltre che artistici ha attraversato onori e orrori, il teatro e la Seconda Guerra Mondiale, il successo e i lager, in un cammino secolare non ancora terminato.

"Secolare" letteralmente, perché Gianrico Tedeschi compie 100 anni il 20 aprile, qualche mese prima di Franca Valeri anche lei classe 1920, ma del 31 luglio, entrambi testimoni del Novecento, di una storia, una cultura, un mondo che sono le radici del nostro.

Di quel secolo di vita Gianrico Tedeschi, ne ha vissuto tre quarti, quasi settant’anni, in scena, con senso dell’umorismo, del rigore e della semplicità: stralunato Pantalone nell’Arlecchino servitore dei due padroni edizione del’74 di Giorgio Strehler, ironico Peachum nell’Opera da tre soldi sempre di Strehler, e poi negli spettacoli di Visconti, Squarzina, nella commedia musicale di Garinei e Giovannini My Fair Lady del ’64, negli sceneggiati, nel varietà tv, nel cinema.... Un arco che va dal ’47 al 2016 quando con Franco Branciaroli, Ugo Pagliai, Massimo Popolizio ha recitato l’ultimo spettacolo, Dipartita finale.

Da lì, Tedeschi si è ritirato nella sua bella casa, un’ex canonica della chiesa, vicino a Pettenasco, sul Lago d’Orta, con la moglie, l’attrice Marianella Laszlo che incontrò nel ’68 quando recitavano Le Nuvole di Aristofane. Vive sereno, anche se come in un suo tempo sospeso e inconsapevole, a parte qualche momento - e proprio Marianella tempo fa raccontava che vedendo sempre Salvini in tv, una sera Gianrico le chiede chi fosse; lei glielo spiega e Gianrico: ’L’è un bel pistola". Per il compleanno, si è fatto promettere, nessun festeggiamento, tanto più che le due figlie e i nipoti sono obbligatoriamente lontani per l’emergenza Covid. "Vedremo quando passerà la buriana", confessa Marianella. Ma i cent’anni sono la straordinaria occasione per ritrovare una storia di valori civili, artistici, umani come è quella di Tedeschi una storia che il suo vasto pubblico ha conosciuto poco a poco, con discrezione. Milanese di via San Gregorio al 3, Gianrico Tedeschi dice di essere diventato un sognatore lì, in quella casa di ringhiera con bagno esterno, due stanze per i genitori e tre figli, "dove si studiava e si mangiava tutto nello stesso tavolo".

Si diploma ma ventenne va sottotenente in guerra, viene catturato in Grecia, si rifiuta di andare a Salò e tra il 1943 e il 1945 è internato nei campi di concentramento di Beniaminovo e Sandbostel in Polonia e Wietzendorf in Germania. È durissimo. "Il nostro modo di resistere era metter su spettacolini", ha raccontato. Recitava l’Enrico IV di Pirandello ai compagni di lager che sono, oltre a Enzo de Bernard, il fratello della futura prima moglie Laura, intellettuali come Enzo Paci, Giovannino Guareschi, Giuseppe Lazzati, Giuseppe Novello e Roberto Rebora che gli dice: "Sei un attore nato". Fare teatro? "Mio papà era appassionato di teatro ci portava tutte le domeniche e io, che avevo sei anni, mi annoiavo da morire. Poi una volta mi ha portato al Teatro Dal Verme a vedere Ermete Zacconi in Spettri di Ibsen. La sua recitazione mi ha talmente impressionato che da lì ho cominciato ad andare volentieri a teatro".

Questi e altri ricordi li racconta ampiamente la figlia di Tedeschi, la sociologa Enrica - la sorella minore è Sveva, avuta da Marianella - in un dialogo-biografia uscito tre anni fa da Viella, molto ricco e sapiente nell’intreccio di vita personale e sociale, teatro e storia. Si intitola Semplice, buttato via, moderno. Il ’teatro per la vità di Gianrico Tedeschi, cioè proprio come lui intende il lavoro dell’attore: non aulico, ridondante e coi birignao sia convenzionali che sperimentali, ma ’semplice, buttato via, moderno’, scivolando talvolta nello stupore, nell’inquietudine, nella diffidenza verso l’eccesso di emozioni, nello straniamento comico.

E così che Tedeschi entra nell’antologia dei grandi attori del teatro italiano: dopo l’Accademia inizia con un grande attore come Ruggero Ruggeri, poi col teatro di Strehler, di Visconti - Tre sorelle, La Locandiera accanto a Mastroianni - di Luigi Squarzina, via via fino a Luca Ronconi per cui nel 2011 è il cinico industriale Oldfield in La compagnia degli uomini di Edward Bond al Piccolo, passando per successi come Il cardinale Lambertini di Testoni, un sardonico Sior Todero Brontolon con la regia di Andrée Ruth Shammah che lo ha diretto in tanti spettacoli, Noblesse Oblige, I promessi Sposi alla prova...

Moderno, anzi quasi postmoderno, Tedeschi lo è anche nel mescolare alto e basso, classico e pop, Thomas Bernhard nell’indimenticabile Il riformatore del mondo regia di Maccarinelli e Carosello, lo show pubblicitario degli anni Settanta, Goldoni e i varietà tv, Jules Dessin con Steno e Monicelli al cinema dove ha girato oltre quaranta film, fino a Viva l’Italia di Roberto Andò in una incessante e divertita voglia di fare, come succede a tanti altri grandi vecchi che forse per non perdere tempo moltiplicano forza e emozioni dentro l’involucro del personaggio.

"L’attore è qualcuno che vede il mondo come un grande gioco. Magari tragico, ma gioco", ha ripetuto nel 2013 quando interpretava Farà giorno con la regia di Maccarinelli, dove è un ex partigiano che incontra un giovane di destra, una storia che rispecchia temi che erano anche suoi. E ancora: "Ho 96 anni e mi diverto ancora a recitare", ha confessato nel 2016 quando era in scena con Dipartita finale. E l’amico Ugo Pagliai che era in scena con lui lo raccontava così: "Ha ancora una voce squillante, e indubbiamente è quello che si muove più di tutti in scena. È la tipica espressione beckettiana di un essere umano, dice delle frasi astratte con uno sguardo così disperato e così pieno di vita che è una cosa meravigliosa. È piegato su se stesso, però nonostante questo c’è una fiamma dentro di lui che è difficilissimo spegnere. È un’energia pazzesca, e io me la godo un po’ ogni sera".


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