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Pianeta Terra. "Pietà per il mondo, venga il nuovo sapere" (Michel Serres: Distacco, 1986)

ITALIA: GIORNO DELLA MEMORIA (LEGGE 211, 20 LUGLIO 2000). LAGER DI WIETZENDORF, 1944. Basilica di S. Ambrogio, Natale 2000: il Presepio degli Internati Militari Italiani. In memoria di Enzo Paci e a onore del Cardinale Martini. Una nota del prof. Federico La Sala

lunedì 8 settembre 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Uscire dai cerchi di filo spinato che delimitano dappertutto il nostro presente storico è la scommessa. Come fecero i militari italiani internati nel lager tedesco di Wietzendorf (cfr. il Presepio del lager - Natale 1944, ricostruito nella Basilica di sant’Ambrogio, a Milano, nel Natale 2000) e fece Enzo Paci, anch’egli in un[nello stesso, fls] lager tedesco nel 1944 (cfr. Nicodemo o della nascita, in Della Terra..., cit., pp. 120-125), oggi non possiamo che riaprire la mente e il (...)

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> ITALIA 2008: GIORNO DELLA MEMORIA (LEGGE 211, 20 LUGLIO 2000). LAGER DI WIETZENDORF, 1944. Basilica di S. Ambrogio, Natale 2000: il Presepio degli Internati Militari Italiani. ... Il RITORNO DI LAZZARO di Jean Cayrol (...prigio­niero dal 1942 al 1945, arrestato trentenne dalla Ge­stapo come membro della Resistenza, nel lager di Mauthausen con il triangolo rosso dei politici... - di Goffredi Fofi).

sabato 26 gennaio 2008

Lazzaro e la croce dei sopravvissuti

di GOFFREDO FOFI (Avvenire, 26.01.2008)

Nel 1955 lo scrittore Jean Cayrol, che era stato prigio­niero dal 1942 al 1945, arrestato trentenne dalla Ge­stapo come membro della Resistenza, nel lager di Mauthausen con il triangolo rosso dei politici, ci divenne noto come autore del testo di un film documentario che ci sconvolse, Notte e nebbia di Alain Resnais. L’«operazione Notte e Nebbia», in tedesco Nacht und Nebel, abbreviata NN, fu quella, così battezzata dai nazisti, della deportazione e di milioni di persone, ebrei, resistenti, zingari, omosessuali...

Jean Cayrol, scomparso nei primi giorni di febbraio di due anni fa, ebbe anche lui la vita segnata dall’esperienza con­centrazionaria e in questi giorni la sua figura è al centro di un grande convegno organizzato dall’Università Roma 3 e dal Centro studi italo-francesi, che si chiude domani in oc­casione della Giornata della memoria («Jean Cayrol. Dalla Notte e dal­la Nebbia»).

La sua attività di saggista, poeta e romanziere, e in quanto dirigente delle E­ditions du Seuil di perso­naggio autorevole e in­fluente nella storia della cultura francese dagli an­ni del dopoguerra in a­vanti, non poteva che tor­nare più e più volte su quel vissuto, sul suo ’e­stremismo’ e sul modo in cui questo aveva modifi­cato la sua prospettiva su tutto: della vita, della so­cietà, della comprensio­ne e della reazione al mondo. Per sé ma anche per gli altri.

È singolare (ed è imper­donabile) che un testo di eccezionale importanza come il suo saggio Laza­re parmi nous, del 1950, elaborazione di un arti­colo apparso su ’Esprit’ un anno prima con il ti­tolo D’un romanesque concentrationnaire, ven­ga tradotto solo ora in I­talia, grazie a Marco Dot­ti e alla casa editrice Me­dusa, con il titolo di Il ri­torno di Lazzaro. È singolare (e imperdonabile), perché es­so è di un’intensità teorica sconvolgente, e però a suo mo­do luminosa anzi incandescente. Esso è in qualche modo u­na risposta alla domanda di Celan, che fu tra l’altro il tra­duttore in tedesco del commento per Notte e nebbia (e più tardi di Sartre) se fosse possibile ancora scrivere e poetare dopo Auschwitz, ma Cayrol non si domanda se si può scri­vere, e si sofferma piuttosto su come sarà possibile al so­pravvissuto di scrivere, sul «romanzesco concentrazionario» dei Lazzari tornati vivi dai campi della morte.

«Scrittore deportato» e non deportato diventato scrittore do­po il ritorno alla vita, come Dotti precisa, Cayrol parla di «un’arte che già, forse, ha trovato il suo primo indagatore e il suo primo storico nell’inquieto Albert Camus». Quest’ar­te può solo descrivere «la più strana delle solitudini» che pos­sa capitare a un uomo di sopportare, la scomparsa dell’ero­tismo dalla vita vera, il vedere in ognuno la folla e il plurale e non più il singolo, la differenza di quel che si sogna rispet­to a ogni interpretazione precedente, lo sdoppiamento di chi si guarda come si guarda a un morto, e lo sguardo por­tato sugli altri da lontano, come dal mondo dei morti...

Cayrol dice che «in ogni invenzione letteraria, si arriva dun­que a un’impenetrabilità degli esseri che si evolveranno in un mondo infinitamente diviso. Si arriva anche a un’inco­municabilità fra interlocutori, da qui l’abuso del monologo, la ricerca di frasi lapidarie, d’inscrizioni bibliche. L’eroe non ama che gli si risponda. Basta a se stesso, desidera lasciare in sospeso la domanda. Non teme il mutismo e talvolta no­terà, con una certa soddisfazione, il crescente malessere del­l’altro. Siccome ogni parola, un giorno, gli è stata vietata, si è disabituato al meraviglioso movimento delle labbra, al co­lore del parlato, al verbo fatto carne», e a tratti ci è impossibile non pensare a certe opere di Primo Le­vi. «Insomma, l’eroe laz­zariano non è mai là do­ve si trova. Deve compie­re un immenso lavoro di riflessione, pensare senza sosta che si trova là e non altrove, che ha vissuto un mondo che non si trova­va da nessuna parte e le cui frontiere non sono se­gnate, perché sono le frontiere della morte».

«Un uomo così ha un bi­sogno folle di amore», conclude Cayrol, e il se­condo saggio raccolto in questo libro, Attesa, ap­pena più rasserenato e di­steso, parla infatti della speranza, di come sia dif­ficile ma anche di come possa essere possibile passare «dal Venerdì San­to alla Pasqua». Cayrol trova nel cristianesimo la sua soluzione, e lo dice a piena voce, rivendicando una sorta di umanesimo essenziale e primario, che è bensì tragicamente condizionato dal fatto che «la speranza chiede uomini infinitamente ri­conciliati, uomini che non risistemano i bagagli ogni gior­no per preparare una nuova fuga».

Questo volume ha un ultimo dono da offrire al lettore, un pic­colo gruppo di poesie scritte da Cayrol prigioniero: «Ecco venire il tempo delle libertà insanguinate»... «Pensiamo a quelli che sono morti / cantando con la bocca chiusa»... Di Jean Cayrol vorrei anche ricordare che per Alain Resnais fu autore della sceneggiatura di un film bellissimo, Muriel o il tempo di un ritorno (1963). Vi si parlava pur sempre di Laz­zaro, ma stavolta il ritorno era dalla guerra d’Algeria.

-  Jean Cayrol
-  IL RITORNO DI LAZZARO
-  Medusa. Pagine 88. Euro 11,00


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