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CONTRO LA CIVILTA’ DELL’AMORE ("CHARITAS") DELL’EVANGELO, DI GIOVANNI XXIII, E DI GIOVANNI PAOLO II (Assisi, 1986) ....

LA TEOLOGIA DEL "LATINORUM" DELLA CHIESA CATTOLICO-ROMANA DI BENEDETTO XVI. CON QUESTO "LOGO" VINCERAI: DIO "LA ROBA" E’ ("Deus caritas est", 2006)!!! Una breve nota sulla catastrofe "unitaria" del Vaticano e dell’Italia - di Federico La Sala

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA VATICANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO" ... E CONTINUA A "GIRARE" IL SUO FILM PREFERITO, "IL PADRINO".
giovedì 21 febbraio 2008 di Maria Paola Falchinelli
Altro che la Chiesa di Maria e Gesù... - e Giuseppe!?
Questa è la Chiesa ... del “latinorum”, di "Mammona", di "Mammasantissima" e del Capitalismo!!!
FORZA “Deus caritas est”?! FORZA "DIO CARO-PREZZO"?!
Caro BENEDETTO XVI ...
Corra, corra ai ripari (... invece di pensare ai soldi)! Faccia come insegna CONFUCIO: provveda a RETTIFICARE I NOMI. L’Eu-angélo dell’AMORE (“charitas”) è diventato il Van-gélo (...)

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> LA TEOLOGIA DEL "LATINORUM" DELLA CHIESA CATTOLICO-ROMANA --- "Mai visto un camion da trasloco dietro un corteo funebre" (Papa Francesco).

venerdì 21 giugno 2013

Papa Francesco: "Mai visto un camion da trasloco dietro un corteo funebre"

      • Chiedere a Dio la grazia di un cuore che sappia amare e non si lasci sviare da cose inutili. Questa la sostanza dell’omelia tenuta dal Pontefice a Casa S. Marta: "Ci sono tesori rischiosi che dobbiamo lasciare, quelli accumulati durante la vita e che la morte vanifica. Ma ciò che abbiamo dato agli altri, lo portiamo" *

CITTA’ DEL VATICANO - "Non ho mai visto un camion da trasloco dietro un corteo funebre, mai". Papa Francesco continua a ripetere il suo messaggio. E ha usato questa immagine nell’omelia tenuta alla Domus Santa Marta, per esprimere un concetto che aveva già spiegato qualche tempo fa con una frase di sua nonna: "Il sudario non ha tasche".

C’è un tesoro, ha detto, che "possiamo portare con noi", un tesoro che nessuno può rapinare, che non è "quello che hai risparmiato per te", ma "quello che hai dato agli altri". Il problema, ha chiarito, sta nel non confondere le ricchezze.

Chiedere a Dio la grazia di un cuore che sappia amare e non si lasci sviare da tesori inutili. E’ la sostanza dell’omelia durante la Messa concelebrata con il cardinale Francesco Coccopalmerio, il vescovo Juan Ignacio Arrieta e l’ausiliare José Aparecido Gonzalves de Almeida, rispettivamente presidente, segretario e sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, accompagnati da alcuni collaboratori del dicastero.

Per Francesco, "la caccia all’unico tesoro che si può portare con sè nella vita dopo la vita è la ragion d’essere di un cristiano; come Gesù ha spiegato ai suoi discepoli dicendo loro: "Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore". Quindi, ci sono "tesori rischiosi" che seducono "ma che dobbiamo lasciare", quelli accumulati durante la vita e che la morte vanifica. Ma, ha scandito il Papa, "quel tesoro che noi abbiamo dato agli altri, quello lo portiamo. E quello sarà il ’nostro merito’, fra virgolette perché è il merito di Gesù Cristo in noi! E quello dobbiamo portarlo. E’ quello che il Signore ci lascia portare. L’amore, la carità, il servizio, la pazienza, la bontà, la tenerezza sono tesori bellissimi: quelli portiamo. Gli altri no".

Per il Vangelo, ha ricordato Francesco, "il tesoro che vale agli occhi di Dio è quello che già dalla terra si è accumulato in cielo". "Ma Gesù fa un passo oltre: lega il tesoro al ’cuore’, crea un ’rapporto’ fra i due termini" sottolinenando che il nostro cuore è dove teniamo il nostro tesoro. "Questo - ha osservato Bergoglio - perché il nostro ’è un cuore inquieto’, che il Signore ha fatto così per cercare Lui".

"Il Signore ci ha fatto inquieti per cercarlo, per trovarlo, per crescere. Ma se il nostro tesoro è un tesoro che non è vicino al Signore, che non è dal Signore, il nostro cuore diventa inquieto per cose che non vanno, per questi tesori", ha affermato Papa Francesco. Come "tanta gente", infatti, "anche noi siamo inquieti. Per avere questo, per arrivare a questo alla fine il nostro cuore si stanca, mai è pieno: si stanca, diventa pigro, diventa un cuore senza amore".

E’ questa "la stanchezza del cuore". "Pensiamo a questo", ha suggerito il Pontefice ai cardinali, vescovi, sacerdoti e collaboratori laici presenti alla messa di oggi. "Io cosa ho: un cuore stanco, che soltanto vuol sistemarsi, tre-quattro cose, un bel conto in banca, questo, quell’altro? O un cuore inquieto, che sempre cerca di più le cose che non può avere, le cose del Signore? Questa inquietudine del cuore bisogna curarla sempre".

* la Repubblica, 21 giugno 2013


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