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Guerra, e ancora guerra.....

ISRAELE E LA "SHOAH" DEI PALESTINESI. BOMBARDAMENTI SU GAZA. Il viceministro israeliano della Difesa, Matan Vilnai, ha minacciato "una shoah"!!! - a cura di pfls

Il presidente palestinese Mahmud Abbas ha espresso preoccupazione per quello che ha definito ’’il pericolo di una escalation israeliana’’
mercoledì 27 febbraio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] «Shoah», in ebraico, non significa necessaria­mente olocausto: indica anche rovina, distru­zione, catastrofe. Ed è probabilmente a questo che ha voluto fare riferimento Vilnay. Ma quel­la parola, difficilmente pronunciata senza rife­rimenti diretti al genocidio nazista, ha fatto il gi­ro dei media arabi. Gli stessi che da mercoledì mostrano le foto degli otto bambini palestine­si uccisi negli ultimi due giorni dai soldati i­sraeliani (insieme ad altre 23 persone). Vilnay ha cercato (...)

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> ISRAELE E LA "SHOAH" DEI PALESTINESI. BOMBARDAMENTI SU GAZA. ---- L’allarme di Blair: Gaza al collasso, Israele deve salvare la Striscia.

martedì 14 ottobre 2008

L’allarme di Blair: Gaza al collasso, Israele deve salvare la Striscia

di Umberto De Giovannangeli *

Gaza è sull’orlo del collasso. Migliaia di dipendenti pubblici resteranno senza stipendio, e a prosperare sarà l’«economia criminale», quella legata al traffico delle armi, al mercato nero e al riciclaggio del denaro. Un quadro inquietante, tanto più significativo perché a dipingerlo non sono personalità internazionali, come l’ex presidente Usa Jimmy Carter o il premio Nobel per la Pace sudafricano Desmond Tutu, considerate da Israele apertamente schierate con i palestinesi. Stavolta, a lanciare il grido d’allarme, è una personalità considerata amica dello Stato ebraico: l’ex premier britannico Tony Blair, inviato speciale del Quartetto (Usa, Russia, Onu e Ue) in Medio Oriente. La Striscia di Gaza si trova sull’orlo del collasso, afferma l’ex premier britannico.

In una lettera inviata al ministero della Difesa israeliano, della quale l’Unità ha potuto prendere visione, l’ufficio di Blair sollecita il governo israeliano a stanziare 28 milioni di dollari ogni mese per fronteggiare la grave crisi economica in cui versa il territorio palestinese, controllato dal giugno 2007 da Hamas. Senza questi soldi - rimarca la lettera - l’Autorità palestinese non potrà pagare gli stipendi a migliaia di dipendenti pubblici e le attività illegali - come il commercio sul mercato nero e il riciclaggio di denaro, così come il contrabbando di armi - si espanderanno a Gaza, afferma la lettera. Israele teme però che i soldi inviati per Gaza possano finire nelle mani di Hamas.

La lettera di Blair apre un nuovo squarcio di luce sulla tragedia di Gaza. Gaza, dove il 79% delle famiglie vive da tempo sotto la soglia di povertà (2 dollari al giorno) e non è in grado di provvedere al proprio sostentamento alimentare senza una qualsivoglia forma di aiuto esterno. Gaza, ovvero un territorio ostaggio dell’embargo, che ha peggiorato la povertà e la disoccupazione, reso inefficiente il sistema educativo, messo in ginocchio quello sanitario, distrutto l’apparato produttivo e reso dipendenti dagli aiuti 1,1 milione di persone, l’80% della popolazione. Gaza, dove il blocco israeliano ha fatto schizzare il prezzo della benzina a 5 euro al litro, come non accade in nessun altro posto al mondo. E le prime vittime sono i soggetti più deboli. I bambini - che rappresentano il 56% della popolazione della Striscia - sono quelli più a rischio.

Recenti dati - rileva in un dettagliato rapporto Save the Children - rivelano un aumento esponenziale delle malattie croniche e della malnutrizione tra i bambini con meno di cinque anni che vivono nella Striscia di Gaza. In crescita anche il numero di quelli che soffrono d’insonnia , ansia e diarrea. La percentuale di bambini con problemi di anemia e diarrea ha subito un aumento rispettivamente del 40% e del 20% rispetto allo scorso anno. Altri dati agghiaccianti sono forniti dall’Oms (l’Organizzazione Mondiale della Sanità): il 40% delle donne di Gaza sono anemiche e 1 bambino su 3 è malnutrito.

Alcuni di questi problemi sono strettamente legati alla qualità e alla quantità dell’acqua: ben il 40% della popolazione del territorio, ad esempio, ha accesso all’acqua solo per poche ore al giorno, anche a causa della mancanza di combustibile e pezzi di ricambio per far funzionare la rete di distribuzione, che rischia di collassate in ogni momento. Un sistema fognario inefficiente e l’impossibilità di ripararlo, sottolinea il rapporto di Save the Children, implica che circa 40milioni di litri di liquame vengano scaricati ogni giorno nel Mediterraneo, con il conseguente rischio di epidemie tra la popolazione e di problemi ambientali duraturi.

Come non bastasse, i prezzi proibitivi che benzina e diesel hanno raggiunto sul mercato nero stanno provocando una spaventosa impennata nei costi di produzione (e quindi dei prezzi di vendita) per tutti i prodotti alimentari. Il prezzo del pomodoro è cresciuto del 1000%, arrivando a toccare quasi due euro. Il cocomero costa il 400%, il pesce azzurro (perché anche le barche funzionano a gasolio) il 500% in più. Prezzi folli in un’economia che già prima di questa crisi devastante era al collasso, con una disoccupazione che sfiora il 70%; dei 110mila dipendenti in passato impiegati nel settore privato ben 78mila sono ora senza lavoro; il 95% delle attività industriali sono sospese.

Molti disoccupati hanno provato a reinventarsi un lavoro vendendo frutta e verdura porta a porta, con un asino e un carretto. Ma negli ultimi mesi anche il prezzo degli asini è salito del 60%, così come il costo del loro cibo. L’economia palestinese si configura sempre più come una «economia di baratto». Il Programma mondiale di alimentazione delle Nazioni Unite (Wfp), fissa a 1,60 dollari pro capite al giorno la soglia di «indigenza alimentare»; 1,60 dollari al giorno è il minimo richiesto per una alimentazione nutrizionalmente sufficiente.

A Gaza, centinaia di migliaia di persone non mangiano altro che pomodori e pane. Per quanto riguarda la popolazione anziana, nell’ultimo anni i decessi conseguenti ad un «indebolimento organico irreversibile» (inedia) sono aumentati del 38% rispetto all’anno precedente Questa è Gaza oggi. Se non un lager, certo un inferno, una gabbia isolata dal mondo dentro la quale si consuma la tragedia di un popolo. La lettera di Tony Blair lo ricorda.

* l’Unità, Pubblicato il: 14.10.08, Modificato il: 14.10.08 alle ore 8.50


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