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Ragione ("Logos") e Amore ("Charitas"). Per la critica dell’economia politica ..... e della teologia "mammonica" ( "Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006)

L’ILLUMINISMO, OGGI. LIBERARE IL CIELO. Cristianesimo, democrazia e necessità di "una seconda rivoluzione copernicana" - di Federico La Sala

domenica 9 marzo 2008 di Maria Paola Falchinelli
FILOSOFIA, ANTROPOLOGIA E POLITICA. IL PENSIERO DELLA COSTITUZIONE E LA COSTITUZIONE DEL PENSIERO ....
STATO DI MINORITA’ E FILOSOFIA COME RIMOZIONE DELLA FACOLTA’ DI GIUDIZIO. Una ’lezione’ di un Enrico Berti, che non ha ancora il coraggio di dire ai nostri giovani che sono cittadini sovrani. Una sua riflessione
HEIDEGGER, KANT, E LA MISERIA DELLA FILOSOFIA - OGGI
PARRHESIA EVANGELICA: IL FARISEISMO CATTOLICO-ROMANO E LA NOVITA’ RADICALE DELL’ANTROPOLOGIA CRISTIANA. PARLARE IN PRIMA (...)

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> L’ILLUMINISMO, OGGI. LIBERARE IL CIELO. Cristianesimo, democrazia e necessità di "una seconda rivoluzione copernicana" ----- Quali Lumi per il XXI secolo? Filosofi a confronto sull’idea di Giulio Giorello (di Edoardo Castagna).

martedì 4 marzo 2008

dibattito

Quali Lumi per il XXI secolo?

-  È davvero possibile un’«alleanza» tra Pascal e Voltaire, tra ragione e fede?
-  Filosofi a confronto sull’idea di Giulio Giorello

-  Antiseri: «La tolleranza si basa sul riconoscere i limiti umani».
-  Givone: «Salviamo il mistero cui sanno rispondere solo l’arte o la fede».
-  Botturi: «Ma c’è anche un razionalismo aggressivo»

di EDOARDO CASTAGNA (Avvenire, 04.03.2008)

Improntata al buon senso, l’idea lanciata da Giulio Giorello piace, ai filosofi. L’«alleanza» tra Voltai­re e Pascal, tra ragione e fede, pro­posta ieri sulle colonne del Corriere della Sera, è convincente, nella mi­sura in cui - però - della ragione e della fede si dà una certa lettura, ma­gari corretta ma purtroppo non per questo unanimemente condivisa. I Lumi settecenteschi vengono pre­sentati da Giorello come tutti im­prontati alla moderazione, alla tolle­ranza, alla sottolineatura dei limiti della ragione.

Il che, però, è soltanto una parte di quel complesso movi­mento, e «significa già una scelta», osserva Francesco Botturi: «All’in­terno della grande famiglia illumini­sta, Giorello ha deciso di privilegia­re una parte: ma è solo una parte, perché non dobbiamo dimenticare che esiste anche un illuminismo ben diverso, aggressivamente razionali­sta. Il richiamo ai limiti dell’uomo è certamente importante, però non sufficiente: il senso del limite può an­che tradursi in rassegnazione a una finitezza chiusa in se stessa. È ne­cessario invece che ci sia un’apertu­ra religiosa, che il senso del limite rinvii oltre se stesso; la mente uma­na non è capace soltanto di finitez­za, ma anche, in qualche modo, di relazione con l’infinito. Questa è sta­ta la grande tradizione religiosa del Seicento, quella di Cartesio e di Pa­scal ».

Proprio Pascal è l’ispirazione che Giorello vorrebbe vedere unita con quella di Voltaire, elevato a emblema del secolo dei Lumi. «Attenzione però - puntualizza Dario Antiseri -: Vol­taire, che teorizza la tolleranza come corollario dell’umana fallibilità - tol­leriamoci, diceva, perché siamo tut­ti soggetti all’errore - è solo una par­te dell’illuminismo. Dobbiamo di­stinguere tra i Lumi di scuola scoz­zese, tesi a mostrare i limiti della ra­gione umana (pensiamo ad Hume) e quelli di scuola francese, in cui c’è una tale esaltazione della ragione u­mana, che porterà Hayek a definire il Settecento francese ’l’irragionevo­le età della ragione’. Invece Pascal, proprio perché un grande razionali­sta, ha visto i limiti della ragione u­mana ».

Tanto che, da questo punto di vista, è possibile interpretarlo «co­me un pre-illuminista», come sug­gerisce Sergio Givone, a sua volta fa­vorevole alla proposta di Giorello: «Mi sembra un’ottima idea: di illu­minismo c’è un gran bisogno, al gior­no d’oggi. Viviamo in un’epoca for­temente irrazionalistica, si crede ai maghi e agli idoli, si adorano fetic­ci... un deciso richiamo al valore del­la ragione non può che far bene. Soprattutto se non è un richiamo a senso unico. Spesso l’illuminismo esclu­de tutto ciò che non è ragio­ne - la fede, per esempio. In questo caso, invece, no: ri­chiede la fede, la vuole. L’il­luminismo è anche e soprat­tutto consapevolezza dei li­miti della ragione: ed ecco l’apertura verso Pascal, uo­mo di fede. È positivo tentare di te­nerlo insieme a Voltaire: due autori, per rispondere a una doppia esigen­za ».

«Sul piano etico - prosegue Antiseri - Pascal ci dice che l’uomo, con tut­ta la sua ragione, non può conosce­re che cosa sia bene e che cosa ma­le: questo lo coglie soltanto dal Van­gelo. E, dal punto di vista teologico, pone il problema della scelta radica­le della fede, contro il Dio dei filoso­fi e dei dotti. Se le prove metafisiche dell’esistenza di Dio fossero valide, si chiede, che fine farebbe la fede? Vol- taire era un deista; per Pascal, il ve­ro Dio è Gesù Cristo, e senza Gesù Cristo non conosceremmo niente: né di Dio, né dell’uomo». Una sintesi, allora può essere tentata soltanto in­sistendo su Voltaire «come colui che guarda all’uomo come fallibile, né onnisciente né onnipotente, e che su questa consapevolezza ha basato la sua idea di tolleranza. Una ragione laica che riflette su se stessa e che ve­de i suoi limiti può realmente anda­re d’accordo con la concezione cri­stiana, che vede l’essere umano co­me creatura, non onnipotente».

Conferma Botturi: «Una certa esal­tazione della ragione umana è, di per sé un’istanza perfino positiva, come ha ricordato anche il Papa in più di un luogo; il problema è che in gene­re la razionalità illuministica è iden­tificata con la razionalità tecnico­scientifica. E così si perde il senso cri­tico del limite».

Oggi i Lumi, quindi, hanno tutto da guadagnarci dallo sposalizio con la fede di Pascal. Ma c’è un problema: Pascal è netto nell’affermare che per lui Dio è il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, non il Dio dei filosofi e del­la ragione: «Ovvero - conclude Givo­ne - non è il Dio dei filosofi che so­no soltanto filosofi. ’La vera filosofia si fa beffe della filosofia’, dice Pascal - restando filosofia, fermamente an­corata alla ragione ma consapevole dei limiti della ragione stessa». Tra Pascal e Voltaire, quindi, un’aria di parentela c’è: «Ma le difficoltà na­scono dopo, quando l’illuminismo si è scontrato con il mondo attuale e ha prodotto i guasti che sappiamo. La ragione è diventata ragione stru­mentale, votata al dominio e al pos­sesso. Persa la consapevolezza del proprio limite, non ha saputo - pa­scalianamente - farsi beffe di se stes­sa. Eppure, al di là della ragione c’è il mistero: non uno spazio vuoto, e­lemento negativo, ma la sorgente di tutte le nostre domande più profon­de, quelle alle quali magari non sap­piamo dare risposta ma che non per questo cessano di essere vere. La dif­ferenza passa qui: c’è un illuminismo che considera le domande che sgor­gano dal mistero come irrilevanti, co­me domande che non hanno senso; e c’è un illuminismo, invece, che sta di fronte al mistero e e alle sue do­mande: se la ragione non sa rispon­dere, non ne fa discendere che quel­le domande siano prive di senso. Ci sono altri luoghi dello spirito dove trovano risposte: nella religione, per esempio, o nell’arte».

***

E Ratzinger disse: i meriti dei philosophes distrutti dai loro figli
-  In un discorso tenuto a Subiaco poco prima dell’ascesa al soglio, rivendicò il legame tra il cristianesimo, fede del «logos», e la filosofia

(Avvenire, 04.03.2008).

Poche setti­mane pri­ma della sua a­scesa al Soglio, il cardinale Joseph Ratzinger ha te­nuto, ricevendo a Subiaco il pre­mio «San Bene­detto », un’im­portante «lec­tio », nella quale parlò anche di illuminismo e neoilluminismo. Ratzinger ri­cordò che «l’il­luminismo è di origine cristiana ed è nato non a caso proprio ed esclusivamente nell’ambito della fede cristiana» e che, nel Sette­cento ebbe una funzione saluta­re «laddove il cristianesimo, contro la sua natura, era purtroppo diventato tradizione e religione di Stato». Nel contesto dell’An­cien Regime, anzi, «è stato merito dell’illu­minismo aver riproposto i valori originari del cristianesimo», ovvero il suo essere «la religione del ’logos’», che «ha compreso se stessa fin dal principio come la religione se­condo ragione», che «in quanto religione dei perseguitati, in quanto religione universale, al di là dei diversi Stati e popoli, ha negato allo Stato il diritto di considerare la religio­ne come una parte dell’ordinamento stata­le ». Ma questo poté accadere solo perché «a quell’epoca le grandi convinzioni di fondo create dal cristianesimo in gran parte resta­vano ». E proprio questo segna il netto di­stacco tra i Lumi settecenteschi e l’odierno neoilluminismo. Ratzinger indicava un’«au­tolimitazione della ragione positiva, che è a­deguata nell’ambito tecnico, ma che, laddo­ve viene generalizzata, comporta invece una mutilazione dell’uomo. Ne consegue che l’uo­mo non ammetta più alcuna istanza morale al di fuori dei suoi calcoli e anche che il con­cetto di libertà, che potrebbe sembrare e­spandersi in modo illimitato, alla fine porta all’autodistruzione della libertà».


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