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Europa. Letteratura medioevale ...

L’AMORE E LA PAROLA. Che cos’è l’amore, chi può amare, chi è massimamente degno di amore, come amare? Del "Gualtieri" di Andrea Cappellano (XII sec.), una recensione del prof. Federico La Sala

martedì 25 marzo 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] La contraddizione, quasi schizoide, del trattato di Andrea Cappellano è ancora più profonda di quanto non sembri; svela “le inquietudini di una cultura che era, insieme laica e clericale, spregiudicata e rispettosa dell’ordine sociale” (cfr. Storia e antologia della letteratura italiana, vol. I, Le origini, a cura di R. Antonelli, Firenze. La Nuova Italia, 1973, p.188) e la lacerazione che percorre la conoscenza dell’intellettuale europeo nel momento decisivo del suo (...)

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> L’AMORE E LA PAROLA. ---- Le dame, i cavalieri e il piacere proibito (di Franco Cardini) - Le Goff. "Mille anni di passioni segrete" (Intervista di Pietro Del Re)

domenica 15 marzo 2009

Le dame, i cavalieri e il piacere proibito

L’amore carnale nel Medioevo

di Franco Cardini (la Repubblica, 15.03.2009)

Nella storiografia divulgativa, quella scritta da "storici" amateurs, ricorre un buffo fenomeno che gli studiosi di professione ben conoscono: la frequente retrodatazione di usi e di tradizioni che appartengono al passato più o meno prossimo e che vengono presentati - e in genere entrano nell’immaginario collettivo - come ben più antichi di quanto non siano. Concorre, a configurare questo bizzarro effetto deformante, una sorta di superstizione progressista: s’immagina la storia come una sequenza di eventi, istituzioni e strutture in costante evoluzione positiva, in progresso; ed è quindi ovvio, se ne deduce, che l’oggi sia migliore dello ieri e che il domani sarà ancora migliore dell’oggi.

In questi ultimi anni, per la verità, tale beata illusione è stata messa a dura prova, e forse nessuno l’adotterebbe per le cose contemporanee. Ma sopravvive per il passato: difatti si parla di un Medioevo nel quale si bruciavano le streghe, che invece poverine andarono piuttosto con i loro roghi a illuminare il già «luminoso» Rinascimento, perché nel «buio Medioevo» erano quasi sconosciute. Oppure, ci s’immagina l’aristocrazia feudale dei secoli Dodicesimo e Tredicesimo come fatta tutta di signorotti a immagine del manzoniano don Rodrigo, la cui nobiliare prepotenza era, invece, del tutto seicentesca, e quattro-cinque secoli prima nessuno l’avrebbe tollerata.

Così accade quando s’immaginano i costumi sessuali. La pruderie ottocentesca discenderebbe dal casto e represso Medioevo, in un rassicurante continuismo che solo di recente avrebbe lasciato il passo a una crescente libertà sessuale. Inutile dire che così non era: tra il Medioevo e il casto romanticismo si è incuneata la cultura libertina, che dà dei punti alle nostre fantasie più osées. Ma che a sua volta, guarda caso, aveva nel Medioevo molti più modelli di riferimento di quanti non ci aspetteremmo.

Medioevo casto e represso. È uno dei più radicati fra i nostri luoghi comuni; come quello d’un Medioevo igienicamente poco raccomandabile, ad esempio. Errore. La nostra età di mezzo pullulava di «bagni» e di «stufe», in parte ereditate dall’età romana - ma anche da certe tradizioni barbariche, ad esempio dal bagno di vapore turcomongolo -, in parte reimportate attraverso il mondo musulmano, a sua volta erede della tradizione bizantina. E nei bagni non ci si limitava a lavarsi: «stufa» era sinonimo di bordello. D’altro canto, lo spettacolo della nudità - aborrito dalla Riforma protestante in poi - era nei secoli di mezzo alquanto comune e consueto.

E allora, il Medioevo mistico, innamorato della Vergine Maria e per il resto tutto onore e gelosia, nel quale circolavano congegni come le cinture di castità? L’amore mistico e spirituale, quello rivolto alla Madonna e passato poi, attraverso trovatori, trovieri e Minnesänger all’amor cortese e al culto della «donna angelicata», costituiva senza dubbio una grande forza spirituale, etica ed estetica. Ma c’era anche ben altro.

L’amore fatale, l’amore-passione travolgente e inestinguibile è, secondo un ormai classico studio di Denis de Rougemont, L’amour et l’Occident (1939), un’invenzione dell’Occidente medievale, i grandi modelli del quale sono uno romanzesco (Tristano e Isotta) e uno storico (Abelardo ed Eloisa). Jack Goody (Il furto della storia, Feltrinelli 2006) ha obiettato che le cose non stanno proprio così: e che anche l’antico Egitto, e poi almeno India, Cina e Giappone la sapessero lunga al riguardo. Certo comunque il Medioevo conosceva bene la lussuria, che Dante tratta come un grave peccato (il più lieve tuttavia tra quelli mortali) e ci mostra condannata nell’Inferno.

Ma eccoci al punto: la poesia cavalleresca e più tardi quella lirica e la novellistica, al pari di certe magari dissimulate forme d’arte plastico-figurativa, sono molto meno avare di quel che siamo abituati a pensare di esempi d’amore fisico anche alquanto spinto: al limite, non di rado, di quel che per noi sarebbe l’erotismo se non addirittura la pornografia.

Il bel libro recente di Florence Colin-Goguel, L’image de l’Amour charnel au Moyen Âge (Seuil 2008, prefazione di Michel Pastoureau) ci dà ampia materia di modificare, a proposito del nostro Medioevo, parecchie idées reçues che pigramente ci portiamo dietro. Zavorrato dall’austera continenza d’origine paolina e poi ascetica, ma insidiato non solo dall’eredità erotica della cultura latina bensì anche da certi modelli biblici (il Cantico dei Cantici...), il Medioevo occidentale ha coltivato un interesse e una propensione per l’amore fisico spesso sconfinato - come nella tradizione goliardica - in forme grottesche, dissacratorie e paradossali, ma alimentato anche da una raffinata tensione intellettuale che si sfogava perfino in un’accurata trattatistica e raggiungeva, invadendola, perfino la teologia morale.

Tempo di gelosia e di segregazione, il Medioevo era anche età di società di soli uomini e di donne sole, dove rapporti omosessuali e autoerotismo avevano modo di espandersi. Dietro le stesse tradizioni cavalleresche e monastiche, chiericali e universitarie, si avverte spesso, e nemmeno troppo nascosto, il brivido dell’androginia e dell’eros "alternativo". Gli stessi cacciatori d’una «repressione della donna» in età medievale avrebbero modo di ricredersi, quanto meno studiando la società aristocratica. in pieno Dodicesimo secolo, corti come quella di Eleonora duchessa d’Aquitania (la madre di Riccardo Cuor di Leone) erano luoghi nei quali si praticava e si teorizzava l’adulterio, mentre più tardi nelle società mercantili l’uso delle more, delle russe e delle circasse tenute come schiave domestiche avrebbe diffuso forme di poligamia pratica e popolato il mondo di bastardi: che sovente avevano anzi un loro ruolo sociale e perfino araldico riconosciuto.

Scorrendo le pagine e le immagini proposte dalla Colin-Goguel, allieva di Le Goff e di Chastel, si resta addirittura stupiti nel constatare come dalla musica ai tornei, dai giochi alle passeggiate in giardino, dagli usi enogastronomici alle stesse metafore religiose, il Medioevo fosse pervaso di erotismo e di attrazione carnale. La stessa eresia catara, che proclamava come il massimo peccato contro Dio fosse la riproduzione, che perpetuava la schiavitù dello spirito entro la prigione carnale, era poi molto meno severa nei confronti delle forme di erotismo che comportassero dispersione del seme e non dessero quindi frutti. E questa considerazione attenua di molto lo stupore di qualcuno, allorché constata quanto il catarismo fosse diffuso in contrade gioiose come la dolce Provenza. Per tacere dei frequenti coiti diabolici. Immaginari, d’accordo, anzi illusori. Ma, dopo il dottor Freud, la sappiamo lunga al riguardo.


intervista

Le Goff. "Mille anni di passioni segrete"

di Pietro Del Re (la Repubblica, 15.03.2009)

Eva è il demonio. È all’origine dei mali del mondo, perché tentatrice, istigatrice del peccato e colpevole della cacciata dell’umanità dal Paradiso. Con lei, nel Medioevo la donna diventa l’icona del vizio. «Eppure, non si può dire che la società dell’epoca sia stata antifemminista», spiega lo storico francese Jacques Le Goff. «Anche perché i rapporti tra i sessi avevano un carattere ambiguo: l’uomo medievale era spesso una creatura androgina». A ottantacinque anni, Le Goff è uno dei più illustri eredi della École des Annales. L’ultima sua fatica è quasi un instant book: sta scrivendo un libro sui soldi nel Medioevo, «per dimostrare che le banche hanno sempre fallito».

Professore, che cosa sappiamo del comportamento sessuale di quei secoli bui?

«Quasi nulla, perché salvo le espressioni letterarie o artistiche, abbiamo pochi documenti che ci permettono di capire che cosa realmente accadesse nel segreto dell’alcova».

Dopo il matrimonio medioevale, assieme all’uomo e alla donna nel letto nuziale c’è anche Dio. Era legittimo il coito coniugale o era soltanto una concessione alla procreazione?

«Il matrimonio diventa sacramento solo dopo il quarto Concilio lateranense, nel 1215. Fino ad allora non era riuscito a distinguersi da quello che era nell’antichità romana: un contratto. Tuttavia, anche se ci si sposava al di fuori della Chiesa, per essere valido agli occhi del clero, e quindi a quelli di Dio, il matrimonio doveva essere consumato».

Ma godere è sempre peccato?

«Generalmente sì. Nel Duecento, proprio quando la Chiesa inventa il Purgatorio per strappare l’uomo alla tradizionale opposizione Inferno-Paradiso, San Tommaso D’Aquino nega che possa esserci una parte legittima di piacere nel compimento dell’atto sessuale, anche nell’ambito del matrimonio».

All’epoca, il peccato originale era assimilato a quello carnale e l’immagine dell’Inferno spesso rappresentata come il sesso femminile: si può dire che nel Medioevo il Male fosse donna?

«Sì, ma fino a un certo punto. Contrariamente a quando accadeva a Bisanzio, fino all’Undicesimo secolo il culto della Vergine Maria non era celebrato dalla Chiesa. A partire da quel momento si sviluppò invece con forza straordinaria. È anche grazie al culto mariano che la donna è stata rivalutata nelle società medievali».

Contro l’infamia della lussuria e dell’adulterio erano previste punizioni corporali durissime. Queste rendevano l’uomo medievale più "puro" dell’uomo moderno?

«Il castigo ha senza dubbio contribuito a tenere nascosta la lussuria, benché i teologi e i predicatori dicessero che Dio vedesse tutto, compreso quello che si faceva nell’ombra. Tuttavia sul margine dei manoscritti dell’epoca sono spesso raffigurate scene di lussuria, che non esiterei a definire pornografiche: un vescovo sodomita, una donna che coglie falli da un albero o scene di sesso tra uomini e animali. Il Medioevo ammetteva il male, purché si manifestasse al margine della società, lontano dal suo centro sacro. Piuttosto che volerlo sradicare del tutto, il cristianesimo ha sempre cercato di limitare il male attraverso la confessione e il pentimento».

Le prostitute erano tollerate dalla Chiesa?

«Sì, la prostituzione era permessa. Quando il re moralista Luigi IX, detto San Luigi, volle vietarla, il vescovo di Parigi gli disse che era "un male necessario"».

L’amor cortese che sublima la donna è sempre un amore platonico?

«Su questo problema i medievisti sono divisi. Io credo che l’amor cortese sia puramente immaginario. Esiste soltanto nella letteratura. Ciò non significa che l’amore reale sia sempre stato brutale, che ci sia sempre stata una violenta dominazione dell’uomo sulla donna. Ma l’amore in cui la donna diventa il signore e il cavaliere il suo servo, non c’è mai stato. Neanche nelle classi superiori della società. Detto ciò, il Medioevo è durato dal Quinto al Quindicesimo secolo, e in mille anni molte cose sono cambiate. La svolta essenziale si produce nel Duecento, quando i valori del cielo scendono sulla Terra. Da quel momento la felicità non è riservata solo all’aldilà. C’è l’inizio di una possibile soddisfazione del piacere anche per noi mortali. Appaiono, per esempio, i primi trattati di gastronomia. Il lavoro, che era considerato una punizione del peccato originale, diventa invece un valore. È del resto in quell’epoca che si comincia a dire che l’uomo è stato creato a immagine di Dio».

Che cosa cambia con il Rinascimento?

«C’è l’esaltazione della bellezza e, in particolare, della nudità. La Chiesa medievale rifiutava la nudità, e con essa la maggior parte dell’arte antica che, soprattutto nella scultura, rappresentava corpi nudi. Con il Rinascimento in Europa, soprattutto nel Cinquecento, avviene la riscoperta dei nudi. Gli stessi che prima erano rappresentati negli affreschi delle basiliche soltanto nelle scene della resurrezione dei corpi».


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