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Europa. Letteratura medioevale ...

L’AMORE E LA PAROLA. Che cos’è l’amore, chi può amare, chi è massimamente degno di amore, come amare? Del "Gualtieri" di Andrea Cappellano (XII sec.), una recensione del prof. Federico La Sala

martedì 25 marzo 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] La contraddizione, quasi schizoide, del trattato di Andrea Cappellano è ancora più profonda di quanto non sembri; svela “le inquietudini di una cultura che era, insieme laica e clericale, spregiudicata e rispettosa dell’ordine sociale” (cfr. Storia e antologia della letteratura italiana, vol. I, Le origini, a cura di R. Antonelli, Firenze. La Nuova Italia, 1973, p.188) e la lacerazione che percorre la conoscenza dell’intellettuale europeo nel momento decisivo del suo (...)

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> L’AMORE E LA PAROLA. --- "Les aveux de la chair" ("Le confessioni della carne"). Michel Foucault ripercorre la genesi della confessione (di Andrea Calzolari).

domenica 13 gennaio 2019

Alias Domenica

Il sesso è ribelle all’uomo come l’uomo a Dio

Saggi. Esce da Gallimard, "Les aveux de la chair", dove Michel Foucault ripercorre la genesi della confessione nella prospettiva del tema che lo assilla nei primi anni ’80: il rapporto del soggetto con la verità

di Andrea Calzolari (il manifesto, Alias Domenica, 13.01.2019)

Da quando Pierre Janet, nel 1903, scrisse che la confessione sembrava inventata da un alienista geniale che intendeva studiare gli ossessi, l’analogia tra il confessore e lo psicoanalista è stata ripetutamente riproposta, diventando un luogo comune. Ma, un secolo prima di Janet, le Liaisons dangereuses avevano mostrato un altro aspetto della confessione nella pagina in cui la Merteuil, protagonista «cattiva» del romanzo, racconta di quando, adolescente, per informarsi sui piaceri proibiti del sesso, aveva dichiarato falsamente al confessore di aver fatto «quel che fanno tutte le donne»; le indagini e le domande del sacerdote, ansioso di salvare l’anima della giovanissima penitente, l’avevano così resa edotta proprio sui seducenti vizi da cui il prete avrebbe voluto distoglierla.

n quell’episodio Laclos inscena la spirale di sapere, potere e godere che Foucault ha messo al centro de La volontà di sapere: «Piacere di esercitare un potere che interroga, sorveglia, indaga, spia, fruga, palpa, porta alla luce; e dall’altra parte, piacere che arde di doversi sottrarre a quel potere, di fuggirlo, ingannarlo o travestirlo. Potere che si lascia invadere dal piacere che perseguita; e di fronte a lui, potere che si afferma nel piacere di mostrarsi, di scandalizzare o di resistere». Chi non ricorda questa pagina superba? Se non si conosce quel libro, si ignora uno dei vertici della coscienza contemporanea, e si resta sordi a domande che non smettono, e a lungo non smetteranno, di farci pensare.

Ma dopo La volontà di sapere (datata 1976), primo volume della Storia della sessualità, il progetto sembrò arenarsi: negli anni seguenti Foucault non pubblicò niente, mentre i corsi al Collège de France e l’intensa attività di conferenziere testimoniano sia lo spostamento dei suoi interessi dall’età moderna all’antichità, sia una rimodulazione dei vettori d’indagine.
-  Nel 1984, lo stesso anno della morte dell’autore, uscirono L’uso dei piaceri e La cura di sé, i due volumi sull’«esperienza greco-latina degli aphrodisia»; da qualche mese, in Francia, è uscito finalmente anche il quarto volume, Les aveux de la chair (Le confessioni della carne, sul cristianesimo delle origini, a cura di Frédéric Gros, Gallimard, pp. 427, € 24,00) nella stesura, che Foucault non considerava definitiva, consegnata a Gallimard nel 1982, e quindi prima dei due precedenti lavori. Se restano tracce della mancata elaborazione finale (quattro frammenti che non si sa dove collocare sono annessi in appendice), il libro è già compiutamente organizzato, splendidamente scritto e talmente concentrato che è persino difficile estrapolarne qualche esemplificazione.

Basti un accenno a due temi cruciali, con cui Foucault sembra rispondere in anticipo alle obiezioni del filosofo medievista Alain de Libera, che nella ponderosa «archeologia del soggetto» a cui stava lavorando da una decina d’anni, criticava sia Foucault sia Heidegger, ai quali peraltro dichiaratamente si ispirava, per aver sostenuto che il soggetto è un’invenzione moderna. In realtà, nel pensiero medievale, secoli prima del cogito cartesiano, la questione del nesso tra la soggettità (il soggetto-sostanza, supporto di attributi: il sostantivo grammaticale) e la soggettività (il soggetto come io pensante e/o agente) fu posta e discussa, anche se per lo più sotto forma di dibattiti teologici o addirittura cristologici (del resto niente affatto alieni da raffinate analisi logiche).

Ora, Les aveux de la chair riconosce il ruolo cruciale del pensiero cristiano delle origini nella costituzione del soggetto cosiddetto moderno, a partire appunto dalla istituzione della confessione: la genesi del sacramento nei primi secoli della chiesa, già a lungo studiata dagli specialisti, è ripercorsa da Foucault nella prospettiva dei temi che lo assillano negli anni in cui scrive il libro, quelli in cui studia il rapporto del soggetto con la verità.

La novità del Cristianesimo

Non a caso il libro insiste nel distinguere concettualmente due modi della confessione, l’exomològesis e l’exagòreusis, che nella pratica si sovrappongono. L’exomològesis è propriamente un «far-vero» (una «veri-ficazione»), in quanto implica non solo ammettere le proprie colpe, ma dimostrare praticamente, ovvero performare il proprio pentimento al cospetto della comunità con digiuni e mortificazioni di ogni genere. Questa penitenza, che finirà per dare il nome al sacramento, ne costituisce però solo un aspetto, complementare all’exagòreusis, il «dire-vero» (o «veri-dizione»), cioè l’impegno a dichiarare i propri peccati nella maniera più esaustiva: ciò che presuppone un «esame ininterrotto di sé», connesso «alla confessione incessante all’altro» in modo tale, nota Foucault, che si può considerare quest’ultima come il «versante esteriore dell’esame, la sua faccia verbale volta verso l’altro».

L’exomològesis, l’exagòreusis e l’esame, veri-ficazione e veri-dizione, sfociano nell’obbedienza assoluta al direttore spirituale: rifacendosi a Cassiano e agli altri teorici del monachesimo, Foucault ricorda che l’ideale monastico comportava persino l’abdicazione a una volontà propria. Nello stesso ambiente monastico viene del resto elaborata la dottrina relativa alla direzione spirituale, descritta da Gregorio Nazianzeno come «l’arte delle arti, la scienza delle scienze», dove si stabilisce che può dirigere solo chi sa a sua volta obbedire.

Si viene così definendo la struttura del complesso apparato istituzionale, consolidatosi nei secoli, in cui il soggetto cristiano plasma se stesso e su cui si è fondato il potere della chiesa. Sta in questo quadro il tema della sessualità, la cui trattazione (focalizzata sull’amore coniugale e sulla verginità) culmina nell’ultimo capitolo di Les aveux de la chair, dedicato alla concezione agostiniana della libido che, sostiene Foucault, segna un passaggio fondamentale nella storia, non solo teologica, del concetto.

Nel fuoco delle polemiche contro manichei e pelagiani, Agostino aveva delineato un quadro destinato, pur con successivi sviluppi, a durare secoli, muovendo da una questione allora assai discussa: esisteva una sessualità nel paradiso terrestre? Per i manichei la sessualità, prodotta dal demiurgo malvagio, era irredimibile; per i pelagiani, essendo stata creata da Dio, non poteva essere in sé peccaminosa (condannabili erano solo gli eccessi, come per i moralisti classici).

Per Agostino nel paradiso terrestre il sesso era docile come qualunque altro organo, svolgeva cioè la sua funzione, come la mano, per esempio, senza alcuna oscenità e immune dalla attuale parossistica violenza. Perversioni, queste, che secondo Agostino, sono l’effetto della caduta: con una sorta di contrappasso, come Adamo si è ribellato a Dio, così il sesso si ribella alla volontà umana, una ribellione che si attesta appunto nella motilità autonoma, positiva o negativa (erezione o impotenza) del sesso maschile. In questa prospettiva, primariamente fallica, il sesso - scrive Foucault in una formula folgorante, «è per l’uomo ciò che l’uomo è per Dio: un ribelle. Uomo dell’uomo, eretto davanti a lui e contro di lui».

Sapere, potere, godere

Che la libido sia ereditata da tutti gli uomini venuti al mondo (tant’è vero che essa caratterizza necessariamente anche la sessualità lecita del matrimonio), non significa tuttavia che il peccato sia dovuto all’azione di una forza esterna all’anima (la carne che sovverte lo spirito) o a un conflitto tra la ragione e la volontà («et veggio ‘l meglio, et al peggior m’appiglio»). La libido, infatti, non è qualcosa di diverso dalla volontà stessa, in quanto non è che la sua forma decaduta. Per quanto forte sia la pulsione della libido, essa non potrebbe mai tradursi in atto, senza il consenso - concetto fondamentale in Agostino - della volontà, che nel peccato «vuole ciò che vuole la concupiscenza»; ed è tale consenso che rende il soggetto di concupiscenza soggetto di diritto, responsabile delle proprie azioni.

Questa la novità del Cristianesimo secondo Foucault: mentre per il pensiero antico non si trattava di analizzare la sessualità, ma «piuttosto di collocarla in un’economia generale dei piaceri e delle forze», il cristianesimo, con Agostino, fonda «l’analitica del soggetto della concupiscenza, dove sono legati, con nodi che la nostra cultura ha piuttosto rafforzato che allentato, il sesso, la verità e il diritto». È in queste parole, le ultime del libro, che andrebbe probabilmente letta la trasformazione, ma anche la continuità, di quel circuito di sapere, potere e godere di cui parlava la Volontà di sapere.


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