SUL PAPA UNA SORPRENDENTE LINEA INTERPRETATIVA Peccato per Furio Colombo e le sue affannose iperboli (Avvenire, 26.03.2008)
La parola e i gesti di Papa Benedetto in questa Pasqua 2008 sarebbero stati eminentemente «politici». Anzi la Pasqua stessa sarebbe stata segnata da una «svolta politica» della Chiesa cattolica: la dichiarazione di ostilità verso ebraismo e islamismo accompagnata da una manifesta noncuranza verso le sofferenze del buddismo tibetano. Incredibile.
Eppure è questa la tesi avanzata da Furio Colombo sull’«Unità» di ieri. E colpisce davvero che, per sostenere la sua sorprendente e corrosiva linea interpretativa, un collega colto come l’editorialista ed ex direttore del giornale ’fondato da Gramsci’ abbia finito per dimostrarsi molto prevenuto, piuttosto sprovveduto e assai poco cronista. Le spericolate argomentazioni di Colombo, purtroppo, non consentono altra conclusione. Soprattutto per la pretesa di dar corpo in ogni modo agli spettri che si è deciso di evocare, anche a costo di ricorrere a sconcertanti fuochi d’artificio verbali.
Non sapremmo come definire altrimenti gli acri giochi di parole con cui Colombo trasforma i pacati e forti appelli di Papa Ratzinger alla tolleranza e alla non violenza in un «girare al largo» dal dramma del Tibet. O quelli con i quali proclama che invocare la pace in «Terra Santa», come ha fatto Benedetto XVI, significherebbe addirittura disconoscere Israele. O, infine, quelli con cui si sforza di vedere e descrivere la conversione cristiana di Magdi Allam - culminata, la notte di Pasqua, nel battesimo da parte del Pontefice - non come un personalissimo eppure emblematico fatto di libertà, bensì come un evento istantaneo e deliberatamente provocatorio nei confronti dei musulmani.
A fare giustizia delle affannose iperboli polemiche di Colombo - che ad altre e simili, in uno straniante effetto trascinamento, ha dato in qualche modo il là - sono arrivate sempre ieri, in felice concomitanza, le parole scelte dal direttore dell’«Osservatore Romano» e dal re dell’Arabia Saudita per additare la via del dialogo, senza confusioni, tra le grandi religioni monoteiste. Una via difficile, come sempre. E, per il bene dell’umanità, più di sempre necessaria e aperta.