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PIANETA TERRA. Eu-ropa. Lunga vita all’Italia....

EXPO 2015. MILANO O SMIRNE? OGGI A PARIGI LA SCELTA FINALE. RISULTATO: VINCE MILANO!!! - a cura di pfls

Sarà a Milano l’Expo 2015. Lo hanno deciso i delegati del Bureau international des exposition (con 86 voti, contro 65).
lunedì 31 marzo 2008 di Maria Paola Falchinelli
EXPO 2015, VINCE MILANO
[PARIGI - Milano ha ottenuto la designazione a ospitare l’edizione 2015 dell’Expo mondiale con 86 voti, contro i 65 andati a Smirne.
La votazione che ha portato a Milano la designazione per l’Expo 2015 è stata preceduta da alcune prove, resesi necessarie perché qualche candidato non avevo dimestichezza con la pulsantiera elettronica per il voto. Poi, tra una votazione di prova e l’altra, qualche altro delegato si è assentato allungando i tempi della (...)

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> EXPO 2015. MILANO O SMIRNE? OGGI A PARIGI LA SCELTA FINALE. ... L’opportunità e il rischio. Una straordinaria opportunità, un rischio altissimo. (di Roberto Rho).

lunedì 31 marzo 2008

L’opportunità e il rischio

di Roberto Rho *

Una straordinaria opportunità, un rischio altissimo. Nel tardo pomeriggio di oggi sapremo se Milano ospiterà, da maggio a settembre del 2015, l’esposizione universale o se il poderoso spiegamento di forze della diplomazia turca sarà riuscito nel miracolo di portare a Smirne l’evento che sta tanto a cuore a Letizia Moratti. Per una volta, le amministrazioni pubbliche italiane, nazionali e locali, hanno marciato compatte verso l’obiettivo.

Fatta eccezione per uno sparuto drappello di irriducibili (raccolti nel comitato No-Expo) la speranza di vincere la corsa è ampiamente condivisa dalla città, dalla politica al mondo dell’impresa, dai commercianti ai tassisti, dalle associazioni fino ai comuni cittadini, perlomeno quelli che sono informati dell’importanza della posta in palio. E non sono molti, giacché i registi dell’operazione Expo (in primis il sindaco) hanno fatto pochissimo per condividere con la città il senso e gli obiettivi della sfida e le ragioni per cui valeva la pena investire un anno e mezzo di lavoro per portare a casa il successo.

Ci sono molte buone ragioni per ritenere che l’Expo a Milano sia una straordinaria opportunità per la città. Le metropoli che hanno ospitato i grandi eventi del recente passato - le Esposizioni, ma anche le Olimpiadi o i grandi tornei internazionali di calcio - quasi sempre ne hanno approfittato per imprimere una svolta allo sviluppo urbanistico, per migliorare le infrastrutture, per allacciare i collegamenti con il mondo.

E poi i quattrini: 4 miliardi di euro di investimenti diretti che pioverebbero sulla città, per rifare il polo espositivo e le infrastrutture di collegamento (e Dio sa se ce n’è bisogno), altrettanti come ricaduta sul sistema economico della regione, altri 10 miliardi per le grandi infrastrutture stradali che si faranno comunque, che si vinca o che si perda, ma alle quali la prospettiva dell’Expo darebbe un impulso forse decisivo, dopo anni di melina burocratica. E ancora, 120 paesi espositori, milioni di visitatori, 70-80mila nuovi posti di lavoro...

Una straordinaria opportunità perché questa città sonnecchia da quindici anni nel dopo-Tangentopoli, senza un piano di sviluppo, senza una regia, scopando sotto il tappeto del luogo comune - l’operosità e l’efficienza milanese - i problemi ambientali, sociali ed economici che in questi anni di verticistica malagestio si vanno pericolosamente accumulando. Un grande evento necessita di un grande progetto, della capacità di condividerlo con tutti i portatori di interessi, di un regista (o meglio, di una cabina di regia), di investimenti e comporta, se ben gestito, benefici per tutti. Una straordinaria opportunità ma, per le stesse ragioni, un grande rischio. Perché, fino ad oggi, Milano non ha un progetto.

Lo sviluppo della città da anni è deciso e cucinato nelle segrete stanze dei sindaci-imprenditori e soprattutto in quelle dei grandi costruttori che si sono spartiti, uno spicchio a testa, i grandi cantieri e che lucrano centinaia di milioni di euro applicando una regola semplice semplice: costruire il numero massimo di metri cubi abitabili nel minimo spazio al suolo, incuranti di concetti trascurabili come vivibilità e compatibilità ambientale. Perché quello presentato ai delegati del Bie, le mille pagine della Moratti, non è un progetto, ma una cartella stampa, ben confezionata, uno strumento di marketing, non un piano per la città. E senza un piano unitario, senza obiettivi chiari, senza un’idea di come e per chi dovrà essere la Milano del 2015, si fa caos, non sviluppo.

Perché la gestione di Letizia Moratti, così come quella del suo predecessore, è stata fin qui attentissima alle sollecitazioni delle grandi lobby di potere, i costruttori, appunto, le imprese e i commercianti, senza il consenso dei quali in città non si muove foglia, e gelidamente incurante del resto. Perché tradizionalmente, quando a Milano piovono miliardi (forse qualcuno ricorderà il precedente di Italia 90), i benefici finiscono invariabilmente nelle tasche di pochi e soliti noti e i problemi si scaricano sulla città. E nessuno, fin qui, ha spiegato quali saranno i criteri con cui sarà gestita l’enorme mole di denaro in arrivo, in caso di vittoria, con particolare riferimento alla trasparenza delle procedure di assegnazione dei progetti e dei lavori e ai filtri di protezione per evitarne un utilizzo disinvolto, per così dire. Forza Milano, porta a casa l’Expo. Poi ci sarà da lavorare.

* la Repubblica, 31 marzo 2008.


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