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Pubblico

La pianificazione territoriale e l’Euroinferno delle aree protette - di Osvaldo Pieroni

martedì 29 novembre 2005 di Emiliano Morrone
L’articolo di Pino Paolillo pubblicato domenica dal Quotidiano della Calabria, che riporta in larga parte la posizione critica del WWF nei confronti delle politiche ambientali della giunta Loiero, coglie nel segno. Benché le Linee Guida della Pianificazione Regionale presentate in questi giorni alla pubblica discussione in tutti i capoluoghi calabresi non abbiano valore normativo, ho l’impressione che le lobbies del cemento e del mattone, dei progettisti e degli ingegneri legati al carro (...)

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> La pianificazione territoriale e l’Euroinferno delle aree protette - di Osvaldo Pieroni

mercoledì 2 agosto 2006
Pur concordando con Lei sull’impatto ambientale negativo che un opera del genere avrà sul territorio calabrese ritengo che non si possa pretendere che lo sviluppo, necessario a garantire condizioni economiche di vita migliori ai cittadini, venga sempre fatto a casa degli altri. Ci sono Regioni italiane, come ad esempio la Lombardia e il Veneto, che in molte zone sono delle vere e proprie "colate di cemento": in tali zone, però, le persone possono più facilmente trovare lavoro, avere un reddito e soddisfare così i propri bisogni primari e secondari. La Calabria, invece, è una delle Regioni meno sviluppate d’Italia, assistita in gran parte dal gettito fiscale che, per il tramite dello Stato centrale, proviene dalle Regioni del Nord. Se si vuole davvero consentire ai cittadini calabresi di avere servizi primari al pari delle regioni sviluppate (ad es. gli ospedali); se si vuole consentire ai regazzi calabresi di studiare nella loro terra e di trovarvi un lavoro dignitoso..be’ allora sarebbe opportuno vedere questo progetto come un opportunità per tutti. Sinceramente preferisco vedere la regione di cui sono originario autonoma e autosuffiente, magari sacrificando una zona protetta per i volatili, che una regione che vive sull’assistenza delle altre Regioni specie quelle del nord che, tra l’altro, ormai da anni cominciano a "scalpitare" per le "donazioni" che vengono fatte al sud. La Calabria, tra l’altro, ha moltissime zone verdi e sacrificarne una per consentire ad una delle province italiane più sottosviliuppate di uscire velocemente da una situazione di crisi nera mi sembra uno scambio accettabile. L’alternativa? lasciare tutto com’è e continuare ad assistere allo scioglimento di numerosi famiglie calabresi ove i capofamiglia o i figli in età lavorativa sono costretti a trasferirsi al nord o all’estero in cerca di un lavoro per far ritorno a casa, se va bene, una volta l’anno. L’ideologia e la preoccupazione per quello che possono guadagnare "gli altri" andrebbe messa da parte per fare posto a considerazioni reali su quello che è meglio per i cittadini. Non è inaccettabile sacrificare l’habitat naturale di alcuni uccelli: lo è che una persona italiana debba fare 1000 km per venire al nord per farsi curare o che un contadino pensionato calabrese debba "mantenere il figlio di 25 anni" perché non c’è lavoro! Gli uccelli non possono costruire gli ospedali o aiutare chi si trova in una situazione di indigenza: la regione, con la tassazione derivante da un’attività del genere, si!

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