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Pianeta Terra. Olimpiadi 2008....

LAGYELO. PECHINO 2008: PER IL TIBET, UNA PAROLA. Con una parola si può fare molto. Un appello di Reinhold Messner - a cura di pfls

Vorrei che tutti gli atleti ai prossimi Giochi di Pechino - o almeno tutti quelli che saliranno sul podio - pronunciassero questa parola.
martedì 8 aprile 2008 di Maria Paola Falchinelli
Si pronuncia «laghielo», si scrive «lagyelo». È una parola
tibetana. Significa «gli dei sono stati clementi».
Io mi sento tibetano, perché la mia cultura, come la
loro, vive di montagna. Anche Milarepa, che è stato
il più grande poeta della montagna, era tibetano.
«Lagyelo» è
la parola con cui festeggiavo i miei ritorni dalle cime dell’Himalaya.
Perché solo gli dei possono accettare che qualcuno
salga nel loro regno.
Vorrei che tutti gli atleti ai prossimi Giochi di Pechino - o almeno (...)

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> LAGYELO. PER IL TIBET, UNA PAROLA. Con una parola si può fare molto. Un appello di Reinhold Messner - --- una lettera-proposta di Ambra Cusin (inviata da don Aldo Antonelli)

giovedì 10 aprile 2008


-  Da Trieste Ambra Cusin lancia una proposta che trovo interessante e alla quale potremmo aderire. Se i capi di stato, per interessi di bottega, non sembrano disposti, noi dal nostro canto, potremmo far pesare la nostra assenza! Che ne dite?

-  Vi incollo quanto Ambra scrive.
-  Buona lettura ed un abbraccio a tutte e tutti.
-  Aldo [don Antonelli]

Cari amici,

dunque, io ho deciso. A modo mio, nelle mie limitatissime e forse inutili possibilità, ho deciso di non assistere a nessun spettacolo olimpico, né all’inaugurazione né ai giochi olimpici.

Attuerò così la mia umile protesta non violenta nei confronti di quanto sta accadendo in Tibet rispetto ai diritti umani.

I tibetani da troppi anni sono costretti a rinunciare a parlare la loro lingua (pensate alla nostra minoranza slovena, a quando era stata costretta dal fascismo a cambiare cognome, a non poter parlare lo sloveno... oggi succede in Tibet la stessa cosa!) e se vogliono occupare posti di lavoro in ambito pubblico devono solo parlare cinese.

Se volete avere un assaggio di come i cinesi, nonostante la loro millenaria cultura, siano in grado di calpestare i diritti civili, leggete il libro della Jung Chang: Cigni selvatici: tre figlie della Cina e vi farete un’idea.

Ci hanno detto che le olimpiadi andavano fatte in Cina perché questo avrebbe portato a maggiori conquiste sociali e civili in quel paese, ma da quanto mi risulta, per quanto riguarda ad esempio la pena di morte, nulla è cambiato.

E da molti, troppi anni, i monaci tibetani sono fatti oggetto di violenza. In questo periodo vengono criticati e perseguitati solo perché hanno avuto il coraggio, approfittando della visibilità data dalle olimpiadi, di segnalare la repressione nella quale vivono.

Non mi interessa se la mia personale scelta di boicottaggio è inutile a livello macrosociale, io sento di dover seguire ciò che mi indica la mia coscienza. Mi impegno, se sarò in un luogo dove posso farlo, di accendere una candela nella sera dell’inaugurazione, e per tutto questo periodo girerò con un nastrino rosso sulla borsetta o sullo zaino.

Questo è ciò che una semplice e impotente cittadina può fare. Se volete potete farlo anche voi, se volete potete far girare questa mail ai vostri indirizzi. Se volete potete gettarla via. Noi siamo liberi, ma questa libertà non è un dono garantito per tutti.

Cordiali saluti

Ambra Cusin


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