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VERITA’ E MENZOGNA. Per Gesù Dio è amore ("charitas"), per Benedetto XVI è Mammona, Capitale ("Deus caritas est", 2006).

TEOLOGIA E POLITICA. IL VERTICISMO E L’ANTROPOLOGIA DELLA GERARCHIA DELLA CHIESA CATTOLICA. Il pantano clericale è ancora fermo lì al sogno inconfessato del potere di uno solo. Una riflessione di Enzo Mazzi, cdb Isolotto - a cura di pfls

sabato 5 aprile 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Oggi il potere ecclesiastico torna a forzare la sua presenza nel campo direttamente politico per due motivi. Uno è quello di condizionare la politica stessa e di ottenere il massimo per gli interessi che la gerarchia considera (a torto) interessi della Chiesa. Ma la sua capacità di spostare voti è molto minore dello sbandieramento che ne fa. L’altro motivo, forse più decisivo, è quello di spostare la società, la politica e la cultura verso l’affidamento a poteri autoritari. Il (...)

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> TEOLOGIA E POLITICA. IL VERTICISMO E L’ANTROPOLOGIA DELLA GERARCHIA DELLA CHIESA CATTOLICA. ------ E il Cavaliere delle due Leghe (di Nicola Tranfaglia).

giovedì 10 aprile 2008

Il Cavaliere delle due Leghe

di Nicola Tranfaglia *

Alle battute di Umberto Bossi gran capo della Lega Nord sui fucili da imbracciare contro le schede elettorali, dimenticando che sono l’espressione letterale della legge-porcata del senatore leghista Calderoli, ora si aggiungono quelle di Lombardo, leader del movimento per le autonomie che vuole conquistare la Sicilia per conto di Berlusconi.

Le une e le altre sono, più che una battuta, il frutto dell’atteggiamento politico delle due Leghe, quella del Nord e quella del Sud, che usano l’arma del federalismo per annunciare la loro battaglia contro "Roma ladrona" e l’unità d’Italia.

E dimenticano una verità storica fondamentale: è stata la Chiesa cattolica e non altri ad opporsi per molti secolo all’unificazione del regno italico. Peccato che ora i leghisti si aggrappino, come del resto tutta la destra, alla persistente influenza del Vaticano per vincere le elezioni che altrimenti sarebbero appalto di altre e opposte forze politiche. È una delle molte contraddizioni che in queste settimane di campagna elettorale emerge con forza.

Mai come questa volta, il destino del cosiddetto Popolo della libertà che raggruppa Forza Italia e Alleanza Nazionale con l’appoggio della fascista Alessandra Mussolini e di altri piccoli partiti dipende chiaramente dai risultati che la Lega Nord conseguirà soprattutto in Veneto e in Lombardia e da quello che il partito di Lombardo riuscirà ad ottenere in Sicilia cercando di ridurre ai minimi termini la forza residua dell’Unione di centro di Pier Ferdinando Cassini.

Questa volta, insomma, il Cavaliere non potrà negare nulla a Bossi come a Lombardo. Avendo già assorbito Alleanza Nazionale di Fini e tutti gli altri della Destra con l’eccezione di Storace, Berlusconi dipenderà in maniera essenziale dai voti leghisti alla Camera e ancor più al Senato. Non a caso, di fronte ai fucili, si è lasciato prima sfuggire qualche frase sullo stato di salute di Bossi, poi ha dovuto rettificare perché non può correre il rischio di aprire un fronte polemico con l’alleato essenziale.

Avremmo insomma, se Berlusconi diventasse di nuovo presidente del Consiglio, una situazione in cui sarebbe Bossi a consigliargli e poi a pretendere l’uscita dal quadro costituzionale invece di un Casini che, nel quinquennio berlusconiano, ha spinto il pedale, sia pure debolmente, sul piano della moderazione e del rispetto delle istituzioni.

Del resto, nelle parole del capo della Lega Nord, come di quelle di Lombardo, c’è evidente lo spirito della secessione antiunitaria che ha percorso tutta la storia della Lega e che esalta i peggiori egoismi localistici delle regioni ricche economicamente ma arretrate sul piano civile che si è espresso ormai da più di quindici anni nelle piazze come nel parlamento nazionale.

Certo, dal punto di vista mediatico, il ricorso ai fucili e alle marce leghiste sulla capitale fa sensazione e riempie le prime pagine dei giornali e delle televisioni ma non può avere effetti concreti: è come se si giocasse una partita di calcio con i regolamenti da tempo concordati e improvvisamente entrasse in campo una squadra di picchiatori armati di bastoni che vuole risolvere la partita attraverso l’aggressione fisica. In un mondo normale sarebbe cacciata dal campo e probabilmente costretta a non entrare più.

Questo con la Lega non succede, sia perché pochi credono a quel che proclama Bossi, sia perché il partito nordista fa parte dello schieramento di destra che fa capo al Cavaliere. Non è la sinistra radicale, già emarginata dai mezzi di comunicazione, e presentata dalla maggior parte delle televisioni e dei giornali come una forza da uccidere a tutti i costi.

Ma io credo che le battute di Bossi dovrebbero preoccupare di più il governo e le istituzioni perché segnalano una volta ancora la minaccia di alcune forze di destra di passare ai fatti se non si accettano i loro diktat.

In un Paese normale l’offesa alla Costituzione, al Governo, al Parlamento dovrebbe essere condannata da tutte le forze in campo e i colpevoli di questi reati dovrebbero essere puniti e isolati non solo da una parte dello schieramento politico ma da tutti gli altri partiti. Invece questo non è mai avvenuto e non avviene neppure adesso.

* l’Unità, Pubblicato il: 09.04.08, Modificato il: 09.04.08 alle ore 12.51


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