AnalisI
La psiche sotto l’occhio di Darwin
di Maurilio Orbecchi (La Stampa/TuttoScienze, 18.05.2011
Le grandi domande sull’uomo hanno determinato la nascita di tre settori culturali: la religione, la filosofia e, recentemente, la psicologia. Sono discipline che derivano da persone con idee eterogenee su aspetti essenziali della vita, e producono pertanto differenti visioni del mondo.
La scienza, invece, in radicale antitesi a questo modo di procedere, porta a risultati che possono essere controllati empiricamente. Per questo motivo riesce a superare le differenze tra le diverse opinioni e a imporsi nel mondo contemporaneo come il più importante elemento di condivisione interculturale e universale tra gli esseri umani (se non prendiamo in considerazione le frange di quanti hanno problemi con il pensiero razionale).
I risultati scientifici sono di tale rilevanza, rispetto alla conoscenza che l’uomo ha di se stesso, da incidere direttamente anche negli altri settori. Religione, filosofia e psicologia conservano certo una loro libertà espressiva, ma non hanno più tutta la libertà: il limite risiede proprio nell’impossibilità di contraddire in maniera troppo palese le scoperte scientifiche. Se un tempo era possibile costruire una filosofia che individuava nell’acqua e nel fuoco il principio di ogni cosa, oggi sarebbe insensato continuare a farlo. Fino a 150 anni fa il libro della Genesi era sostanzialmente proposto come verità letterale, mentre oggi perfino il Papa sostiene che è una narrazione simbolica.
Alcuni elementi offerti dall’evoluzionismo stanno cambiando anche il quadro teorico attraverso il quale l’uomo interpreta se stesso. Darwin sosteneva che la vita emozionale degli esseri umani condivide molte espressioni comuni con gli altri animali e lo spiegava per mezzo di una discendenza comune. Tuttavia si sono dovuti attendere gli Anni 70 del secolo scorso perché i biologi si occupassero anche della mente dell’uomo, oltre che del corpo. Tra questi va segnalato Robert Trivers, definito da Steven Pinker «uno dei grandi pensatori del mondo occidentale».
Trivers ha avuto grande impatto nella biologia evoluzionistica. Tra i suoi contributi, lo studio sull’«altruismo reciproco», un meccanismo geneticamente determinato che porta l’individuo a ridurre temporaneamente la propria «fitness», in vista del ricambio successivo da parte dell’individuo beneficiato; quindi la teoria dell’investimento parentale differente tra maschi e femmine, un comportamento che deriva dalla limitata capacità riproduttiva delle femmine rispetto ai maschi. Per questo motivo le femmine sono un bene di valore, per il quale i maschi lottano tra loro. O ancora, la comprensione del conflitto genitori-figli su base genetica, che deriva dal fatto che ogni membro di una famiglia è imparentato al 100% con se stesso e solo al 50% con gli altri. La conseguenza è che ciascun fratello ritiene equa una spartizione in cui riceva il doppio dell’altro. Purtroppo, però, anche gli altri la pensano allo stesso modo, con risultati immaginabili.
Una delle teorie più affascinanti di Trivers di cui uscirà in autunno «Deceit and Self-Deception» - è quella sull’autoinganno, interpretato come una forma aggressiva di inganno. Il tentativo di raggiro è presente in tutto il mondo biologico e deriva dalla necessità degli organismi di mantenersi in vita e raggiungere il successo riproduttivo.
Secondo Trivers, l’autoinganno, come l’inganno, ha una funzione di adattamento all’ambiente perché nascondendo la verità anche a se stessi, permette a chi lo attua di sembrare più vero. Questo meccanismo porta a raggiungere i propri scopi di manipolazione più facilmente: non c’è miglior impostore di chi si convince di essere autentico, proprio quando mente. L’autoinganno, geneticamente predisposto negli individui, diventa così una delle maggiori fonti di conflitto nella vita perché ogni persona si rappresenta - ingannandosi - migliore di quanto non sia. Ha sempre l’impressione che in ogni rapporto e in ogni compromesso sia l’altro a guadagnarci.
Contributi come questi sono importanti non solo perché danno la possibilità di capire quanto l’uomo sia simile agli altri animali, ma soprattutto perché permettono di comprendere quanto la teoria dell’evoluzione sia una chiave interpretativa dalla quale non si può prescindere se si vuol davvero capire l’uomo.