Il candidato del centrodestra stacca l’avversario di circa 7 punti
"Sarò sindaco di tutti i romani, senza pregiudizi o distinzioni"
Rutelli capitola contro Alemanno
Così finisce il "laboratorio Roma"
Lo sconfitto: "Una grande amarezza, ma ho fatto il mio dovere"
"Ho perso sulla sicurezza, serve riflessione sui limiti della sinistra"
di ALESSANDRA VITALI *
ROMA - Voleva essere "un salto nel futuro" e invece è finito nel vuoto quello che Francesco Rutelli si era impegnato a fare con i cittadini. Il candidato sindaco del centrosinistra - terzo mandato se avesse vinto - non ce la fa. Sconfitta pesante, retrocede pure rispetto al primo turno elettorale. Col 53,5% contro il 46,5%, Gianni Alemanno lo stacca di circa 7 punti, stronca l’esperienza quindicennale del centrosinistra alla guida della capitale, consegna la città alla destra per la prima volta nella storia e regala l’ennesima conferma al Pdl che con Roma mette il lucchetto al risultato del 13 aprile. E difatti "è la vittoria più bella per il centrodestra", dice Fini, che non manca di sottolinearne la portata "storica". Una "grande amarezza ma ho fatto il mio dovere" dice Rutelli che - come già Veltroni con Silvio Berlusconi la sera del 14 aprile - ha telefonato all’avversario per fargli gli auguri.
I numeri. Al primo turno, Rutelli aveva ottenuto il 45,8% dei consensi con 761.126 voti. Ora, il candidato del centrosinistra si è attestato al 46,4% con 664,649 voti, il che equivale a un’emorragia di quasi 97 mila voti. Quanto ad Alemanno, al primo turno si era fermato al 40,7% con 677.350 voti, mentre nel ballottaggio è passato al 53,6% con 768.931 voti, 91 mila in più rispetto al 13-14 aprile.
"Ho perso per la sicurezza". Ha infiammato la campagna elettorale, con gli scontri più animati fra i candidati, soprattutto dopo l’aggressione di una ragazza a La Storta. Ma proprio sulla sicurezza Rutelli sente di aver fallito: "Il motivo della sconfitta è dipeso dalla ventata di destra, riassunto nel tema della sicurezza". Ammette che ci sono state "strumentalizzazioni pesanti" ma invita a "riflettere sui limiti della sinistra" per quanto riguarda "queste vicende".
"Grande amarezza, ma ho fatto il mio dovere". Tanti "i successi e le soddisfazioni nella mia vita politica", ma "oggi è una sconfitta, e un’amarezza grande". Rutelli non nasconde il suo stato d’animo, si dice convinto di "aver fatto il mio dovere", e confida nelle "energie importanti in campo, sia nel Pd che nel centrosinistra romano, che saprà guardare al proprio futuro".
Le reazioni nei comitati. Clima di incredulità nelle sede del comitato elettorale di Rutelli in via Pacinotti. La battaglia era dura ma la batosta è indigesta. Rutelli arriva dopo le 18. Qualcuno batte le mani, "non applaudite" dice lui. Alemanno saluta i supporter dalla finestra di via Salandra, sotto sono cori da stadio e i tassisti, protagonisti lo scorso inverno di una protesta anti-Veltroni che tenne in ostaggio la città, festeggiano con caroselli di auto bianche e cori di clacson. Alle 19.30, la presa del Campidoglio: "Tutti a festeggiare, portate il tricolore", esorta Domenico Gramazio (An).
Alemanno: "Sarò il sindaco di tutti". Nell’attesa, conferenza stampa lampo del neosindaco nella sede del comitato. "Quando si vince bisogna essere generosi - dice Alemanno - ci lasciamo alle spalle i veleni e le polemiche che hanno contraddistinto questa campagna elettorale". Sarà "sindaco di tutti i romani, senza pregiudizi e divisioni", sottolinea, e ringrazia chi l’ha votato "ma anche chi ha fatto una scelta diversa, che io rispetto".
Il sogno del "laboratorio Roma". Se fosse stato eletto, per Rutelli sarebbe stato il terzo mandato. La prima volta fu nel 1993, quando ebbe la meglio sul candidato Gianfranco Fini, poi nel 1997, contro Pierluigi Borghini. Due successi che lo fecero sindaco della capitale fino al gennaio 2001. L’anno in cui, poi, fondò la Margherita. Fu con la prima vittoria, nel ’93, che Rutelli avviò quel "laboratorio Roma" - esperienza sociale, culturale, territoriale - che tanto contribuì alla nascita, su scala nazionale, dell’Ulivo prima e dell’Unione poi. Come racconta spesso, "arrivato in Campidoglio trovai i cassetti vuoti", niente progetti per la città, ai quali invece lui si dedicò, e che sviluppò negli anni a seguire con Veltroni. Il vento di Tangentopoli - che colpì anche l’amministrazione capitolina - lasciò a Rutelli (il "sindaco in motorino" per chi ne apprezzava la sensibilità ecologista, "cicciobello" per chi ne denigrava l’avvenenza) il compito di riportare trasparenza e legalità nel governo della città. Che lasciò appena concluso il Giubileo del 2000. E che adesso ha provato a riconquistare, invano.
* la Repubblica, 28 aprile 2008.