Indiana Jones alla ricerca del suo cappello
di VITTORIO SABADIN (La Stampa, 2/6/2008)
Alla fine degli Anni Settanta, due trentenni malvestiti entrarono un pomeriggio nel leggendario negozio di Herbert Johnson, che allora si trovava al 13 di Old Burlington Street, a Londra. Il commesso li accolse con la consueta cortesia.
Quello dei due che portava il berretto da baseball fece le presentazioni: «Mi chiamo Steven Spielberg e questo è il signor Harrison Ford: vorremmo vedere qualche cappello». Nessuno dei presenti immaginava che stava per nascere il più famoso copricapo della storia del cinema dopo la bombetta di Charlie Chaplin: quello di Indiana Jones.
Spielberg spiegò che stavano per girare un film di avventura e che cercavano qualcosa che caratterizzasse il personaggio principale, perché, come diceva sempre John Ford all’ombra del suo Stetson, un uomo si riconosce dal cappello che porta. Il regista chiese quale fosse il modello più vecchio in produzione e dopo una breve ricerca si scoprì che c’era un «Fedora» del 1890 ancora in catalogo, perché la sua forma era davvero senza età. Era chiamato «Il poeta», un appellativo molto lontano dalle impolverate avventure che lo aspettavano alla ricerca dell’Arca dell’alleanza nel deserto egiziano. Da quasi un secolo, Herbert Johnson produceva il cappello in una tonalità di marrone denominata «Sable», adatta un po’ a tutte le circostanze e a tutti i terreni, e si capì subito che se c’era un cappello che Indiana avrebbe comperato prima di partire era proprio quello, ma con qualche piccola modifica.
Mentre i due inconsueti clienti aspettavano nel negozio, gli artigiani si misero al lavoro per abbassare la tesa davanti e dietro, in modo da dare al cappello un’aria più da «esploratore o da safari». Anche l’altezza del nastro venne ridotta (da 50 a 39 millimetri) per fare sembrare la calotta più alta e solo quando Harrison Ford se lo mise finalmente in testa Spielberg capì che era davvero nato Indiana Jones. Herbert Johnson realizzò 45 esemplari del cappello solo per il primo film, tutti messi a dura prova da Ford e dalle controfigure nelle movimentate sequenze del film.
Ogni eroe, della mitologia o del cinema, ha una protesi magica che lo aiuta nelle sue avventure. Giove aveva i fulmini, James Bond i micidiali gadget di Mr. Q, Indiana Jones la frusta che può fare qualunque cosa (annientare un malvagio o fare avvicinare dolcemente la bella di turno) e il cappello, diventato l’identità stessa del personaggio, l’indumento di cui non si priva mai e che ci fa capire che sta arrivando, anche se soltanto vediamo la sua ombra su una roccia.
Sono passati quasi trent’anni e Herbert Johnson non è più al 13 di Old Burlington Street. L’azienda si è fusa con Swaine Adeney e con Brigg, due icone dell’abbigliamento per il tempo libero. I primi fanno dal 1750 i migliori abiti da cavallo e da campagna, Brigg tiene asciutta la famiglia reale con i suoi ombrelli, i preferiti del principe Carlo. Ma nella loro vetrina al numero 54 di St James’s Street, tra i gentlemen’s club più esclusivi di Londra, c’è ancora il vero cappello di Indiana Jones che chiunque può acquistare per 190 sterline, circa 250 euro. E chi vuole anche la frusta, la troverà al piano di sotto, tra le selle e gli stivali.