Sudafrica, 62 morti e 670 feriti nelle violenze xenofobe *
Dall’inizio delle violenze contro i migranti in Sud Africa, cioè dall11 maggio, sono state uccise almeno 62 persone, 670 le persone ferite, 35mila i profughi. Inoltre, tra i 12 e i 15mila mozambicani hanno riattraversato il confine per tornare nelle loro case. La polizia ha arrestato più di 1433 persone coinvolte negli attacchi xenofobi. «Il numero dei decessi è salito da 56 a 62», ha precisato il portavoce nazionale della polizia, Sally de Beer, perché «alcuni feriti sono morti in ospedale». «Ma nessun grave incidente si è verificato di recente», ha concluso. La situazione è tornata gradualmente sotto controllo alla fine della scorsa settimana.
Le violenze contro gli immigrati, in gran parte provenienti da Zimbabwe, Malati e Monzambico, erano cominciate l’11 maggio in una township di Johannesburg e si erano poi estesi a tutte le province del paese. Gli scontri più violenti si sono verificati nell’accampamento informale Ramaphosa. Solo in questo pezzo di terra sudafricano, quello che gli «esperti» chiamano slum o «informal settlemet», sono stati uccisi circa trenta stranieri. La violenza si è concentrata soprattutto in Gauteng, Johannesburg ma si è rapidamente diffusa in altre aree del Paese, come Città del Capo, Mpumalanga e Kwa Zulu Natal.
Decine di migliaia di persone - 35mila secondo il governo, 100mila secondo le Ong locali - sono fuggite dalle bidonville per paura degli attacchi. Une parte dei migranti sono rientrati nei loro Paesi, il Mozambico ha accolto più di 30mila tra profughi e rimpatriati. Altri si sono rifugiati nei commissariati, nei centri sociali, o in campi di fortuna. La maggior parte dei luoghi dove hanno trovato rifugio gli stranieri in fuga versano però in condizioni igieniche estremamente precarie, secondo le Ong sul terreno come Medici senza frontiera. Il governo del Sudafrica allestirà perciò sette campi profughi, che potranno ospitare fino a 70mila persone.
L’esperto sul razzismo del Consiglio dell’Onu per i diritti umani ha condannato «nei termini più forti» le recenti violenze xenofobe in Sudafrica. Il relatore dell’Onu sulle forme contemporanee di razzismo, xenofobia e intolleranza, Doudou Diene, ha esortato le autorità sudafricane a portare i responsabili davanti alla giustizia e a «stimolare una riflessione comune sulle cause profonde di questo fenomeno». Sarà inoltre necessario affrontare un dibattito sull’integrazione degli immigrati e dei rifugiati, ha osservato Diene.
Il governo ha risposto che saranno insediati dei tribunali speciali per giudicare gli autori delle violenze. La causa è imputata alla frustrazione dei sudafricani poveri, che attendono a 14 anni dalla fine dell’Apartheid un miglioramento delle loro condizioni di vita. Nonostante il Sudafrica sia la prima potenza economica di tutto il continente, il 43% della sua popolazione vive con meno di due dollari al giorno. È il risultato delle politiche liberiste adottate dal governo. Nell’ultimo anno si sono persi circa un milione di posti di lavoro; Cosatu, il principale sindacato del Sudafrica, stima la percentuale di disoccupazione attorno al 45 per cento. Nell’area di Città del Capo due famiglie «nere» su tre non hanno abbastanza cibo per sopravvivere; il salario reale dei lavoratori si è ridotto del 10 per cento mentre quello dei manager è stato aumentato del 42 per cento. Il dato più allarmante è che negli ultimi anni a dieci milioni di persone è stato interrotto il servizio di acqua e luce e a più di due milioni è stato eseguito uno sfratto. La disparità tra ricchi e poveri è tremenda: il Sud Africa dopo il Brasile, è il paese più ineguale del mondo.
* l’Unità, Pubblicato il: 31.05.08, Modificato il: 31.05.08 alle ore 13.12