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IN PRINCIPIO ERA IL LOGOS. La Memoria, la Filologia e ... la Teologia del "latinorum" e dell’eu-carestia!!!

LA CARESTIA E LA CHIESA CATTOLICO-ROMANA. "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1Gv., 4., 1-8). LO SCEMPIO DEL "CORPUS DOMINI". Una nota di don Aldo Antonelli sulla presente *carestia*, umana e teologica - a cura di Federico La Sala

MA CHI E’ IL “PADRE NOSTRO”?! AMORE (gr.: “AGAPE”, gr.: “CHARITAS”, da “charis” da cui anche “eucharistia) O MAMMONA (lat.: “CARITAS”)?!
lunedì 26 maggio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] E mi infonde coraggio e mi dà nuovo ardire ciò che scrive don Paolo Farinella da Genova:
«Nel giorno in cui viviamo Dio in quanto corpo/carne, non possiamo non pensare ed essere uniti e solidali con tutti i corpi/carne dilaniati, squartati, violati, violentati e stuprati nel mondo. Oggi il nostro cuore è accanto ai bambini e alle bambine vittime della pedofilia, di cui si rendono colpevoli anche coloro che dovrebbero maestri e custodi dei corpi indifesi.
Oggi vogliamo essere accanto (...)

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> LA CARESTIA E LA CHIESA CATTOLICO-ROMANA!!! ---- "Ecco come nasce l’odio per l’occidente". L’ultimo saggio di Jean Ziegler sui rapporti tra i paesi ricchi e il resto del mondo (di Giampaolo Cadalanu).

lunedì 1 febbraio 2010

L’ultimo saggio del sociologo svizzero sui rapporti tra i paesi ricchi e il resto del mondo

Ziegler: "Ecco come nasce l’odio per l’occidente"

"Spero che le cose possano cambiare e migliorare: c’è più coscienza da parte di tutti"

di Giampaolo Cadalanu (la Repubblica, 01.02.2010)

Per capire l’odio non servono il linguaggio castigato, la prudenza, gli occhiali rosa. Danno un’idea del mondo che è una bugia, comoda solo a nascondere i privilegi. Jean Ziegler non ha bisogno di essere diplomatico. Non lo è stato in passato, come sociologo appassionato di Africa, come parlamentare critico verso la sua Svizzera, come docente e saggista. Non lo è stato fino al 2008, da relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto al cibo. Adesso è consigliere del Comitato Onu per i diritti umani e a 75 anni ha meno voglia che mai di moderare il suo sdegno. È un manifesto dell’indignazione il suo ultimo libro, "L’odio per l’Occidente", che in questi giorni va in libreria per l’editore Tropea. Toni forti in tempi di passioni avvizzite: «Bisogna tornare a Jean-Paul Sartre, quando diceva che per amare l’uomo bisogna odiare ciò che lo opprime. E non "chi", ma "ciò" che lo opprime». La ricetta di Ziegler è quella di voler capire a tutti i costi, per gridare la nudità non più dell’imperatore, ma dell’impero stesso.

Professor Ziegler, dove nasce l’odio per l’Occidente?

«Ci sono due tipi di odio, che vanno distinti. Il primo è l’odio patologico, quello di Al Qaeda, che porta al terrorismo. Si tratta, appunto, di una forma patologica da condannare senza scuse. E di quest’odio nel libro non mi occupo. C’è però un altro tipo di odio, che io chiamo ragionato, basato sulla rinascita di un’identità collettiva e sulla resistenza all’ordine capitalistico».

L’odio patologico si esprime con atti di terrorismo, con l’aggressione all’Occidente. Che cosa produce invece questo odio ragionato?

«Produce nazioni capaci di negoziare con l’Occidente. Da qui nasce per esempio l’elezione di un indio come Evo Morales alla presidenza della Bolivia. Quello che era il secondo paese più povero dell’America latina ora sta rinascendo, dopo che nei primi mesi di carica Morales aveva espropriato oltre duecento proprietà».

Ma quali sono le radici di questo sentimento?

«Tre sono le ragioni fondamentali. La prima è molto misteriosa: il recupero della memoria ferita, che affiora e diventa coscienza politica. È successo per esempio al primo vertice di Durban sul razzismo: all’improvviso i paesi del Sud e l’Africa hanno chiesto scuse e riparazioni. Prenda la vicenda di Haiti: quando gli schiavi si ribellarono, la Francia mandò l’esercito, che fu battuto. Allora Napoleone ordinò il blocco navale dell’isola e costrinse il paese a pagare 150 milioni di franchi d’oro, una somma enorme, agli ex proprietari degli schiavi. E Haiti pagò fino al 1883, fino all’ultimo centesimo. Nel settembre del 2001, a Durban, l’allora presidente di Haiti Aristide chiese la restituzione di quel denaro, che Parigi rifiutò. E poco tempo dopo Aristide fu rovesciato da un colpo di Stato con l’aiuto dei servizi segreti francesi».

Insomma, il passato diventa coscienza politica.

«Ha ragione Régis Debray a dire che oggi più che mai la memoria è rivoluzionaria».

Come reagisce l’Occidente a questa nuova coscienza?

«In maniera cieca e arrogante. Prendiamo Nicolas Sarkozy, che nel 2007 è andato a Dakar a dire che il colonialismo aveva parecchio di buono, ma l’Africa non ne ha approfittato. Ad Algeri ha causato una crisi dicendo "no" a Bouteflika che voleva le scuse per Setif, il massacro di manifestanti pacifici compiuto nel maggio 1945 dalla legione straniera».

La seconda ragione?

«È la doppiezza dell’Occidente in tema di diritti umani. Guardiamo al massacro iniziato il 28 dicembre 2008 da Israele a Gaza, con oltre 1200 persone uccise. Il 12 gennaio il consiglio dell’Onu per i diritti umani ha chiesto di fermare la strage e allo stesso tempo ha condannato il lancio di razzi da parte di Hamas. Ma gli occidentali non hanno voluto firmare. I diplomatici europei hanno esibito un’ipocrisia totale: due mesi dopo hanno chiesto una sessione speciale del consiglio per il Darfur, dove ci sono 2,2 milioni di sfollati. Gli africani si sono rifiutati».

Che effetto ha questo sugli organismi internazionali?

«Questa doppiezza paralizza l’Onu, allo stesso modo della memoria ferita. È una tragedia per la comunità internazionale».

Infine, qual è la terza ragione?

«È la dittatura mondiale del capitale finanziario, con cinquecento grandi società che controllano il 52 per cento del Prodotto interno lordo del pianeta. Nessuno mai - re, imperatori o papa - aveva accumulato un potere come quello dell’oligarchia bianca che fa profitti immensi, mentre ogni cinque secondi un bambino sotto i dieci anni muore di denutrizione nei paesi poveri. Secondo i dati Fao, muoiono 47 mila persone al giorno, e in totale gli affamati sono più di un miliardo. Eppure la stessa agenzia dell’Onu stima che l’agricoltura mondiale possa sfamare dodici miliardi di esseri umani, il doppio della popolazione globale».

Quindi la fame non è un problema di scarsità di risorse?

«No, assolutamente. Non c’è nessuna fatalità: ogni bambino che muore per fame è un bambino assassinato. Ucciso dall’assurdità dell’ordine mondiale cannibalistico di oggi».

Intendeva dire: capitalistico?

«No, cannibalistico. In fondo è la stessa cosa».

Lei non ha speranze per un mondo più giusto?

«La speranza c’è, perché mentre in Occidente cresce la coscienza della società civile, le nazioni del Sud stanno riscoprendo la loro identità, anche nei paesi islamici ci sono spinte per l’autocoscienza. I vecchi trucchi del colonialismo non funzionano più: i paesi poveri vogliono riparazioni. È la seconda indipendenza, la prima era superficiale».


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