Gustavo Zagrebelsky, CONTRO L’ETICA DELLA VERITA’
L’ultimo libro di Gustavo Zagrebelsky è una raccolta di scritti, in gran parte articoli apparsi negli ultimi anni sul quotidiano «la Repubblica», che hanno come minimo comune denominatore la tutela dello spirito secolare, laico della democrazia. Nella premessa viene subito spiegato che contro l’etica della verità significa contro la verità dogmatica e a favore di un’etica del dubbio proprio perché "la democrazia è il regime delle possibilità da esplorare attraverso discussione e confronto e secondo la logica del male minore o del bene maggiore nelle condizioni date". Le società democratiche sono delicate e quello che è il loro punto di forza, la libertà, è anche la loro maggiore debolezza: massificazione, conformismo, assopimento delle coscienze sono minacce sempre in agguato.
La democrazia è faticosa proprio perché "suscita stanchezza", "non promette nulla a nessuno ma richiede molto a tutti" e questa spossatezza suscita il desiderio di disporre di valori dati che ci sollevino dalla responsabilità di scegliere. In Italia il rappresentante più influente e potente di una verità assoluta è senza dubbio la Chiesa. Secondo Zagrebelsky essa, negli ultimi anni, ha operato un vero e proprio "revisionismo storico", abbandonando i principi ispiratori del Concilio Vaticano II, in cui "il mondo moderno era assunto come interlocutore positivo, portatore di moralità ed espressivo di segni meritevoli di ascolto. Diversa era la concezione del rapporto tra fede e ragione, tra fede ed attività dei cristiani nel mondo. La subordinazione al magistero della Chiesa nel campo della fede non era vista in contraddizione con la loro autonomia e responsabilità nei campi della ragione pratica". Il legame tra Stato e Chiesa, sempre forte nel nostro paese, vive oggi una ripresa in nome di una nuova alleanza stipulata non per la salvezza dell’anima bensì per la salvezza di tutta la società.
La Chiesa di Benedetto XVI si proclama "dialogante" ma per opportunismo e non per convinzione: il confronto con i non credenti è imposto da "condizioni storiche concrete [che] non consentono di fare altrimenti". Nelle recenti dichiarazioni del papa e dei più alti rappresentanti della religione cattolica (e dei cosiddetti "atei clericali" che Zagrebelsky vede come coloro che non si curano particolarmente della verità e della morale della Chiesa ma che piuttosto "tengono in gran conto il suo patrimonio di autorità, da investire politicamente") si intravede piuttosto una sorta di disprezzo: come chiamarlo altrimenti "l’amichevole" sentimento che suggerisce ai non credenti di «vivere come se Dio esistesse»? Il problema è certamente anche lo Stato, che ha la grande responsabilità di non salvaguardare con il rigore necessario le proprie prerogative e di accettare l’invadenza della Chiesa nelle cose temporali senza opporre, su molte questioni, un deciso: "Non possumus".
Per Zagrebelsky è importante ricordare e rivendicare con forza il cammino storico compiuto dalle democrazie liberali per divenire società secolarizzate, la loro lotta contro l’autorità prestabilita, quella, appunto, della Chiesa che, istituzionalizzandosi, ha privilegiato un’etica della verità basata su norme dottrinali generali e astratte e ha rigettato il principio evangelico della carità. Il cosiddetto «scisma sommerso» in tema di etica con il quale oggi la Chiesa si deve confrontare nasce proprio dal fatto che essa risponde alla domanda di carità con parole di verità e legalità: "in tema di concepimento della vita, maternità, cure terapeutiche, eutanasia, questioni di bioetica in generale, il magistero della Chiesa parla più di Vita che di viventi; in tema di sessualità più di Ordine naturale che di persone sessualmente caratterizzate; in tema di unioni tra esseri umani, più di Famiglia che non di soggetti che hanno tra loro relazioni di vita concreta. Ogni impostazione astratta dei problemi etici sacrifica necessariamente posizioni concrete, le quali, secondo la carità, dovrebbero trovare anch’esse ragione di essere riconosciute e sono invece disconosciute, spesso con grandi sofferenze personali". Gli spunti offerti da queste pagine sono molti, ma Zagrebelsky ci spinge soprattutto a raccogliere la sfida della democrazia, a rafforzarne i suoi principi, avendo come unica e preziosa garanzia la libertà medesima.