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Memoria della Liberazione e della Costituzione - la Legge dei nostri Padri e delle nostre Madri Costituenti ....

2 GIUGNO. LA "LINGUA" DELLA COSTITUZIONE E LA "PAROLA" DEI CITTADINI ITALIANI E DELLE CITTADINE ITALIANE. Mentre Firenze finalmente si prepara a riabilitare Dante, in tutta l’Italia i "guelfi neri" (laici e religiosi) minacciano la Sovranità della "Lingua" italiana. Una nota di Federico La Sala

"Un popolo che non riconosce i diritti dell’uomo e non attua la divisione dei poteri non ha Costituzione" (1789).
domenica 8 giugno 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Nel 60° Anniversario della nascita della Repubblica italiana, e della Assemblea dei nostri ’Padri e delle nostre ’Madri’ Costituenti, tutti i cittadini e tutte le cittadine di Italia non possono che essere memori, riconoscenti, e orgogliosi e orgogliose di essere cittadine italiane e cittadini italiani, e festeggiare con milioni di voci e con milioni di colori la Repubblica e la Costituzione di Italia, e cercare con tutto il loro cuore, con tutto il loro corpo, e con tutto il loro (...)

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> 2 GIUGNO. LA "LINGUA" DELLA COSTITUZIONE E LA "PAROLA" DEI CITTADINI ITALIANI E DELLE CITTADINE ITALIANE. ---- I 60 anni della Carta. Che cosa resta della nostra Costituzione (di Stefano Rodotà).

martedì 3 giugno 2008

I 60 anni della Carta. Che cosa resta della nostra Costituzione

di STEFANO RODOTA’ (la Repubblica, 02 gennaio 2008)

Stanno nascendo "costituzioni parallele" che, direttamente o indirettamente, mirano a mettere in discussione, o a cancellare del tutto, la prima parte della Costituzione italiana, quella dei principi, delle liberta’ e dei diritti - varata esattamente 60 anni fa. Il piu’ noto di questi tentativi e’ quello che le gerarchie cattoliche perseguono ormai da tempo, affermando la superiorita’ e la non negoziabilita’ dei propri valori e denunciando il relativismo delle carte dei diritti, a cominciare dalla Dichiarazione universale dell’Onu del 1948, considerate frutto di mediocri aggiustamenti politici. Ma non deve essere sottovalutato un prodotto di quest’ultima stagione, l’annuncio di "manifesti dei valori" ai quali le nuove forze politiche vogliono affidare una loro "ben rotonda identita’". Il mutamento di terminologia e’ rivelatore. Non piu’ "programmi" politici, ma manifesti, un tipo di documento che storicamente ha valore oppositivo, addirittura di denuncia dell’ordine esistente. E oggi proprio l’ordine costituzionale finisce con l’essere messo in discussione.

Viene abbandonata la politica costituzionale, gia’ indebolita, ma che pur nei contrasti aveva accompagnato la vita della Repubblica, contraddistinto battaglie come quella dell’"attuazione costituzionale", segnato stagioni come quella del "disgelo costituzionale". Al suo posto si sta insediando un dissennato Kulturkampf, una battaglia tra valori che sembra muovere dalla impossibilita’ di trovare comuni punti di riferimento. L’identita’ costituzionale repubblicana e’ cancellata, al suo posto scorgiamo la pretesa di imporre una verita’ o la ricerca affannosa di compromessi mediocri.

Nel linguaggio di troppi politici i riferimenti alle encicliche papali hanno sostituito quelli agli articoli della Costituzione. Nelle parole di altri si rispecchiano una regressione culturale, una corsa alle risposte congiunturali, piu’ che una matura riflessione sui principi che devono guidare l’azione politica. Ci si allontana dal passato senza la lungimiranza di chi sa cogliere il futuro. Questo e’ forse l’effetto di un inesorabile invecchiamento della Costituzione della quale, a sessant’anni dalla nascita, saremmo chiamati non a celebrare la vitalita’, ma a registrare la decrepitezza? L’intoccabilita’ della prima parte deve cedere ai colpi inflitti dal mutare dei tempi?

Ribadito che siamo di fronte a un tema distinto dalla buona "manutenzione" della seconda parte, che disciplina i meccanismi istituzionali, proviamo a saggiare la tenuta dei principi costituzionali considerando proprio questioni recenti, per vedere se non sia proprio li’ la bussola democratica, liberamente e concordemente definita, alla quale tutti devono riferirsi. Partiamo dall’attualita’ piu’ dura, dalle morti sul lavoro, delle quali la tragedia della Thyssen Krupp e’ divenuta l’emblema. L’articolo 41 della Costituzione e’ chiarissimo: l’iniziativa economica privata e’ libera, ma "non puo’ svolgersi in contrasto con l’utilita’ sociale e in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta’, alla dignita’ umana".

Questa sarebbe una incrostazione da eliminare perche’ in contrasto con la pura logica di mercato? Qualcuno lo ha proposto, ma spero che la violenza della realta’ lo abbia fatto rinsavire. Oggi e’ proprio da li’ che bisogna ripartire, da una sicurezza inscindibile dal rispetto della liberta’ e della dignita’, dalla considerazione del salario non solo come cio’ che consente di acquistare un lavoro sempre piu’ ridotto a merce, ma come il mezzo che deve garantire al lavoratore ed alla sua famiglia "un’esistenza libera e dignitosa" (articolo 36). Questione ineludibile di fronte ad un processo produttivo che, grazie anche alle tecnologie, si impadronisce sempre piu’ profondamente della persona stessa del lavoratore. La trama costituzionale ci parla cosi’ di una "riserva di umanita’" che non puo’ essere scalfita, ci proietta ben al di la’ della condizione del lavoratore, mette in discussione un riduzionismo economicistico che vorrebbe l’intero mondo sempre piu’ simile alla New York descritta da Melville all’inizio di Moby Dick, che "il commercio cinge con la sua risacca".

Altrettanto irrispettosa della vita e’ la decisione del Comune di Milano di non ammettere nelle scuole materne comunali i figli di immigrati senza permesso di soggiorno. E’ davvero violenza estrema quella che esclude, che nega tutto cio’ che e’ stato costruito in tema di eguaglianza e cittadinanza e, in un tempo di ripetute genuflessioni, ignora la stessa carita’ cristiana.

Di nuovo la trama costituzionale puo’ e deve guidarci, non solo con il divieto delle discriminazioni, ma con l’indicazione che vuole la Repubblica e le sue istituzioni obbligate a "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la liberta’ e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana" (cosi’ l’articolo 3). E cittadinanza ormai e’ formula che non rinvia soltanto all’appartenenza ad uno Stato. Individua un nucleo di diritti fondamentali che non puo’ essere limitato, che appartiene a ciascuno in quanto persona, che dev’essere garantito quale che sia il luogo in cui ci si trova a vivere. Hanno mai letto, al Comune di Milano, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea? Sanno che in essa vi e’ un esplicito riconoscimento dei diritti dei bambini? Trascrivo i punti essenziali dell’articolo 24: "I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere... In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorita’ pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente". Di tutto questo, e non solo a Milano, non v’e’ consapevolezza, segno d’una sorta di pericolosa "decostituzionalizzazione" che si e’ abbattuta sul nostro sistema politico-istituzionale.

Ma seguire le indicazioni della Costituzione rimane un dovere. Certo, serve una cultura adeguata, perduta in questi anni e che ora sta recuperando una magistratura colta e consapevole, che affronta le questioni difficili del nascere, vivere e morire proprio partendo dai principi costituzionali, ricostruendo rigorosamente il quadro in cui si collocano diritti e liberta’ delle persone, risolvendo casi specifici come quelli riguardanti l’interruzione dei trattamenti per chi si trovi in stato vegetativo permanente, il rifiuto di cure, la diagnosi preimpianto. Ma proprio questo serissimo lavoro di approfondimento sta rivelando la distanza tra cultura costituzionale e cultura politica. Sembra quasi che, prodighi di dichiarazioni, troppi esponenti politici non trovino piu’ il tempo per leggere le sentenze e le ordinanze che commentano, o non abbiano piu’ gli strumenti necessari per analisi adeguate. Fioccano le invettive e le minacce: "invasione delle competenze del legislatore", "ricorreremo alla Corte costituzionale".

Ora, se questi frettolosi commentatori conoscessero davvero la Corte, si renderebbero conto che le deprecate decisioni della magistratura seguono proprio una sua indicazione generale, che vuole l’interpretazione della legge "costituzionalmente orientata": Nel caso della diagnosi preimpianto, anzi, sono stati proprio i giudici a bloccare una pericolosa invasione da parte del Governo delle competenze del legislatore, che non aveva affatto previsto il divieto di quel tipo di diagnosi, poi introdotto illegittimamente da un semplice decreto ministeriale.

La stessa linea interpretativa dovrebbe essere seguita nella controversa materia delle unioni di fatto, al cui riconoscimento non puo’ essere opposta una lettura angusta dell’articolo 29, gia’ superata negli anni ’70 con la riforma del diritto di famiglia. Parlando di "societa’ naturale fondata sul matrimonio", la Costituzione non ha voluto escludere ogni considerazione di altre forme di convivenza, tanto che l’articolo 30 parla esplicitamente di doveri verso i figli nati "fuori del matrimonio"; e l’articolo 2, per iniziativa cattolica, attribuisce particolare rilevanza giuridica alle "formazioni sociali", di cui le unioni di fatto sono sicuramente parte.

Linea interpretativa, peraltro, confermata dall’articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali che mette sullo stesso piano famiglia fondata sul matrimonio e altre forme di convivenza, per le quali e’ caduto il riferimento alla diversita’ di sesso. Che dire, poi, delle resistenze contro una piu’ netta condanna delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, che costituisce attuazione degli impegni assunti con i trattati europei e la Carta dei diritti? Dopo esserci allontanati dalla nostra Costituzione, fuggiremo anche dall’Europa e ci sottrarremo ai nostri obblighi internazionali?

Nella Costituzione vi sono molte potenzialita’ da sviluppare, come gia’ e’ accaduto con il diritto al paesaggio e la tutela della salute. Quando si dice che la proprieta’ deve essere "accessibile a tutti", si leggono parole che colgono le nuove questioni poste dall’utilizzazione dell’enorme patrimonio di conoscenze esistente in Internet. E la rilettura delle liberta’ di circolazione e comunicazione puo’ dare risposte ai problemi posti dalle tecnologie della sorveglianza e dalle gigantesche raccolte di dati telefonici. Vi e’, dunque, una "riscoperta" obbligata di una Costituzione tutt’altro che invecchiata e imbalsamata, che regge benissimo il confronto con l’Europa, che rimane l’unica base democratica per una discussione sui valori sottratta alle contingenze ed alle ideologie. Questo richiede l’apertura di una nuova fase di "attuazione" costituzionale". Chi sara’ capace di farlo?


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