Berlusconi fa marcia indietro: «Clandestinità non sia reato»
Lega all’attacco: così delude gli elettori
È arrivato il patatrac. Dopo giorni di polemiche sul reato di clandestinità che il governo ha inserito nel disegno di legge sull’immigrazione, e dopo le critiche fioccate da mezzo mondo, Berlusconi esce allo scoperto. Finora il premier si era guardato bene dall’esprimere valutazioni sul nuovo reato. Ma, fiutato il clima, forse ha capito che conveniva fare marcia indietro. E così, durante una conferenza stampa tenuta insieme al presidente francese Sarkozy, si è lasciato andare: «Personalmente penso che non si può perseguire qualcuno per la permanenza non regolare nel nostro paese condannandolo con una pena, ma questa può essere una aggravante se commette un reato».
Apriti cielo. La Lega non ci può credere. Il primo a non trattenere la sorpresa è l’europarlamentare Mario Borghezio: «Rinunciare all’impostazione data dal ministro Maroni e dall’intero governo, dietro ai tentativi di intimidazione che sono arrivati soprattutto dall’estero - ha detto - sarebbe un cedimento molto difficile da far comprendere ai nostri elettori. Il presidente del Consiglio - ha proseguito - che è una persona che conosce bene il mondo e l’Europa, dovrebbe maggiormente tenere in considerazione il fatto che paesi di sicura tradizione democratica e assolutamente non sospettabili di xenofobia e di razzismo, come ad esempio Francia e Gran Bretagna, se lo tengono ben saldo» il reato di clandestinità. Fa marcia indietro, si fa per dire, anche il ministro Calderoli che ora dice: «Francamente quando abbiamo pensato al reato di clandestinità il nostro obiettivo non è mai stato metterli in carcere ma cercare di risolvere meglio il problema, accelerando le espulsioni».
E ora che il capo ha spianato la strada, qualcun altro si affaccia timidamente allo scoperto. Come se finora avessero paura delle “belve” leghiste. Maurizio Lupi, vice presidente della Camera spiega che «la prima strada individuata dal governo era il reato, ma chi decide è il Parlamento e se Berlusconi indica questa altra strada, bene». Anche il sottosegretario al vicinale Alfredo Mantovano di An: «La circostanza che il Consiglio dei ministri abbia deciso di inserire l’ipotesi di reato di clandestinità nel disegno di legge e non nel decreto - ricorda - è segno che il governo intende affrontare la pienezza del dibattito parlamentare senza condizionarlo con disposizioni che abbiano un effetto immediato». Ci tiene invece a chiarire che non si tratta di «una marcia indietro» il ministro della Difesa La Russa: «Deciderà serenamente il Parlamento, io non mi scandalizzerei se si decidesse per l’aggravante, ma come raggiungere al meglio lo scopo che ci siamo prefissi lo decideranno le Camere».
Soddisfatto il segretario del Pd Walter Veltroni, secondo il quale «Berlusconi, con le sue parole di oggi, dà ragione a quanto ha detto l’opposizione, e alle altre voci critiche che si erano levate, e contemporaneamente dà torto a quanti nella sua maggioranza si erano intestarditi in questa formulazione».
* l’Unità, Pubblicato il: 03.06.08, Modificato il: 03.06.08 alle ore 18.44