L’ipotesi scientifica era stata avanzata da Paolo Galluzzi, del Museo di Storia della Scienza
Galileo, no ad apertura tomba e niente test dna
Si oppongono i frati francescani della Basilica di S. Croce a Firenze.
Esame genetico poteva risolvere il mistero dei difetti della vista
Firenze, 18 feb. - (Adnkronos) - Per ora niente test del Dna sui resti mortali di Galileo Galilei (1564-1642), al fine di svelare i suoi presunti difetti della vista e risolvere così alcuni misteri legati all’osservazione delle macchie solari. L’ipotizzata riesumazione del corpo dello scienziato pisano, prevista nel corso del 2009, Anno Internazionale dell’Astronomia voluto dall’Unesco proprio per celebrare i 400 anni dalle scoperte galileiane con il cannocchiale, non avrà luogo.
Lo ha annunciato padre Antonio Di Marcantonio, rettore della Basilica di Santa Croce di Firenze, in occasione della presentazione del nuovo statuto della ’Fabbriceria’ dell’Opera di Santa Croce, precisando che, peraltro, finora ’’non è mai arrivata alcuna richiesta ufficiale’’ di riesumazione della salma custodita in una tomba nella chiesa cantata dal poeta Ugo Foscolo nei ’’Sepolcri’’.
’’Di fronte alla richiesta di riesumazione ho sempre affermato la mia contrarietà. A mio parere non ha senso rompere una tomba per andare a disturbare un uomo del passato’’, ha detto padre Di Marcantonio. ’’Non bisogna poi dimenticare che per una riesumazione, con apertura di una tomba storica, è previsto un lungo e complesso iter burocratico, con autorizzazioni da parte dell’autorità ecclesiastica e della Sovrintendenza’’, ha aggiunto il frate francescano che è anche consigliere dell’Opera di Santa Croce.
L’operazione scientifica sui resti di Galileo è stata prospettata di recente dallo storico Paolo Galluzzi, direttore del Museo di Storia della Scienza di Firenze, con il coinvolgimento dell’Istituto di Ottica di Firenze, l’Osservatorio di Arcetri e due oftalmologi dellUniversità di Cambridge (Gran Bretagna), tra cui Peter Watson, presidente dell’Accademia Oftalmologica Internazionale.
Dopo una complessa vicenda, Galileo Galilei riuscì ad essere sepolto, dove adesso si trova, nella Basilica di Santa Croce a Firenze la sera del 12 marzo 1737. Finalmente, dopo 95 anni trovava degna sistemazione uno dei geni dell’umanità in seguito all’intervento della massoneria fiorentina e del granduca Gian Gastone, condividendo un atto politico mirato a circoscrivere il potere della Chiesa e restituire pienezza allo Stato.
Prima, le sue spoglie erano state nascoste in una celletta del campanile perché la Santa Sede impediva una collocazione capace di magnificare l’uomo che aveva giudicato per ’’veemente sospetto d’eresia’’. Ma quando si compì il trasferimento, ci fu una sorpresa che mise a disagio le autorità convenute, incapaci di dare un’identità al ritrovamento, come dimostra un documento notarile scoperto dal professor Paolo Galluzzi.
Nella tomba oltre a Galileo e al discepolo Vincenzo Vivianic’è pure lo scheletro di una giovane donna, molto probabilmente suor Maria Celeste, figlia amata del grande scienziato pisano e morta giovanissima a 33 anni.
Quando Galileo Galilei morì nel 1642 a Firenze, nella condizione di ’’condannato dalla Chiesa’’, portò con sé nella tomba un mistero che astronomi, genetisti e oftalmologi vorrebbero sciogliere con l’esame del Dna dei suoi resti. L’astronomo pisano, che aveva posto i fondamenti della scienza moderna e aveva rivoluzionato l’astronomia grazie alle prime osservazioni con il cannocchiale, soffriva di un grave difetto alla vista.
Negli ultimi anni di vita, quasi cieco, per leggere e scrivere lo aiutava il discepolo Vincenzo Viviani. Ma, si sono sempre chiesti gli scienziati, come riuscì a vedere quelle macchie solari, i mari lunari o i satelliti gioviani che davano ragione a Niccolo’ Copernico diventando poi materia d’accusa per il Sant’Uffizio? Sin da giovane, come racconta in alcune lettere, Galileo si lamentò dei suoi problemi agli occhi.
L’ipotesi è che fosse vittima di una malattia genetica all’uvea che provoca alterazioni nella vista. Un’ipotesi che per il momento i genetisti non potranno né confermare né smentire senza l’apertura della tomba.