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RIVOLUZIONE COPERNICANA. "Vicisti, Galileae" (Keplero, 1611).

UNESCO: IL 2009 ANNO INTERNAZIONALE DELL’ASTRONOMIA. Che farà l’Italia? Galileo di nuovo al confino!?! - a cura di Federico La Sala

Basta visitare il sito www.astronomy2009.org per vedere quante iniziative si preparano, dagli Stati Uniti al Giappone, dalla Gran Bretagna all’India.
sabato 14 giugno 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] L’Osservatorio di Arcetri, la villa «Il Gioiello» e la Torre del Gallo sorgono in una località collinare chiamata Pian dei Giullari, nome quanto mai adatto a una presa in giro. Però c’è poco da scherzare. I fatti dimostrano che di Galileo, fondatore di quel metodo scientifico che è la Carta costituzionale della Ragione, poco importa ai nostri politici. E passi: fin qui siamo ancora nell’ambito delle nobili rimembranze (ma per celebrare un Carducci o un Fogazzaro i soldi sarebbero (...)

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> UNESCO: IL 2009 ANNO INTERNAZIONALE DELL’ASTRONOMIA. --- Scienza & Arte al tempo di Galileo ... Pisa rende omaggio al suo cittadino -più illustre con una mostra (di Claudio Strinati - di Piergiorgio Odifreddi).

giovedì 7 maggio 2009


-  Per i 400 anni dalle prime osservazioni astronomiche, Pisa rende omaggio al suo cittadino -più illustre con una mostra che indaga i rapporti tra arti figurative e scoperte scientifiche

Scienza & Arte al tempo di Galileo

di Claudio Strinati (la Repubblica, 07.05.2009)

-  Quadri, sculture, disegni, libri e oggetti raccontano l’influenza del grande studioso sui maggiori artisti dell’epoca
-  È alle origini di un modo nuovo e diverso di vedere la realtà. Che usa la pittura come strumento primo di conoscenza

Galileo Galilei nasce umanista e diventa scienziato. La mostra allestita nelle sale del Palazzo Blu di Pisa tiene nel massimo conto questo dato di fatto. Galilei fu un colto letterato e uno studioso molto partecipe della teoria delle arti, ma resta sempre un po’ difficile capire in che misura il suo essere stato un vero umanista abbia condizionato o meno il metodo scientifico messo a punto prima in un consenso larghissimo e poi in mezzo a tremende polemiche e lotte. La mostra racconta questa vicenda, di massima rilevanza nella nascita della coscienza dell’uomo moderno occidentale, perché è lecito sostenere che Galilei, insieme con gli amici della appena nata Accademia dei Lincei, sia veramente alle origini di un modo nuovo e diverso di vedere la realtà intorno a noi. Questo provocò reazioni in ogni campo del sapere basato sull’osservazione delle cose naturali. L’arte fu il terreno d’incontro con la scienza perché a quel tempo coloro che praticavano l’arte si erano spostati verso un approfondimento sempre più accentuato degli studi sulla sua stessa essenza.

Il ’500 era stato il secolo della teoria e dell’investigazione in chiave scientifica del significato e dei fini dell’arte. Gli artisti avevano sviluppato una coscienza critica e speculativa quale mai si era manifestata nel corso dei secoli precedenti. Michelangelo e Leonardo da Vinci, il Pontormo, Benvenuto Cellini, il Vasari, Federico Zuccari e tanti altri si erano distinti non solo per il loro lavoro creativo ma anche per lo sforzo di fare chiarezza sul senso e sul ruolo dell’arte nella società.

Galilei da giovane si era formato in questa direzione e terrà conto di tutto questo dibattito quando, nel 1612, scriverà al suo pittore prediletto, il fiorentino Ludovico Cardi detto il Cigoli impostosi a Roma tra i primi maestri del tempo. Intorno a questa lettera sono stati espressi numerosi pareri nel tempo e il suo contenuto è ben presente agli ordinatori della mostra. Per arrivarvi si passa attraverso un percorso che prima rievoca il momento formativo di Galilei tra Pisa, Firenze e Padova. Libri, dipinti e oggetti introducono alla conoscenza dell’arte del secondo ’500, quel "manierismo" che Galilei vede nella sua giovinezza e che respinge per accostarsi a un ideale estetico di sobrietà e magniloquenza insieme, già presente nella pittura scientifica di un grande maestro del tempo, ora giustamente riconsiderato, Jacopo Ligozzi. È l’ambiente che privilegia l’osservazione diretta della realtà e considera l’arte della pittura come strumento in primo luogo di conoscenza.

Sommo esponente di una simile mentalità fu il Caravaggio, anche lui ricordato nella mostra. Il manierismo predilesse la moltiplicazione delle immagini, la "curiosità", l’accumulo degli oggetti in una sorta di geniale dispersione che stimolò i più grandi ingegni ma saturò. La mostra ricorda questo tipo di mentalità ricostruendo i "gabinetti delle meraviglie" che sorsero presso tante corti d’Europa a dimostrazione della superiorità del sapere occidentale in grado di dominare ogni cosa e ogni evento nelle maglie di una suprema razionalità.

Galileo sovrasta questo mondo e la mostra affronta il punto culminante quando egli intesse i suoi rapporti con i grandi artisti del tempo, non solo il Cigoli ma anche altri personaggi di livello universale come il tedesco Adam Elsheimer a Roma nel primo decennio del ’600, la cui opera è stata spesso accostata alle modalità di osservazione del creato messe in atto da Galilei. Sfilano davanti ai nostri occhi i grandi "naturalisti" del ’600, dallo spagnolo Ribera, il primo a dipingere il cannochiale, a Orazio e Artemisia Gentileschi, dai grandi toscani fervidi e curiosi come Furini, Paolini, Tornioli al Guercino e a quel Justus Sustermans che lasciò un ritratto di Galilei, raffigurato in tarda età ormai cieco e stanco e pure animato da un impeto irrefrenabile da cui nessuno riuscì a farlo arretrare.

La mostra individua nel libro di Galilei Sidereus Nuncius il grande discrimine dopo il quale la scienza moderna entra a pieno titolo nel rinnovato dibattito sul ruolo e la funzione delle arti. A Cigoli, che nel suo affresco dell’"Asssunzione della Vergine" in S. Maria Maggiore a Roma, aveva raffigurato la luna proprio come la si vedeva attraverso il cannocchiale, Galilei, nella lettera del 1612, aveva ribadito l’antica idea in base a cui è la pittura l’arte principe che meglio di ogni altra ci avvicina alla realtà intesa come verità delle cose. Ritornava il sensibile scrittore che anni prima si era speso per difendere la bellezza della poesia dell’Ariosto elevandola su quella di qualunque altro.


Lo scrittore matematico

di Piergiorgio Odifreddi (la Repubblica, 07.05.2009)

Per Italo Calvino, che di certe cose si intendeva, Galileo è stato il più grande scrittore italiano. Di questa qualifica si può confutare il superlativo, ma non il sostantivo, perchè colui che è stato inconfutabilmente il più grande scienziato italiano iniziò la sua carriera come umanista: più precisamente, come "scolaro artista" dello Studio di Pisa dal 1581 al 1585. I suoi Scritti letterari contengono sonetti e canzoni, considerazioni sul Tasso e postille all’Ariosto, e addirittura la traccia di una commedia. Ma spiccano soprattutto le Due lezioni all’Accademia Fiorentina circa la figura, sito e grandezza dell’Inferno di Dante, tenute nel 1588: in esse, dopo aver dichiarato che lo studio dell’Inferno è ancora più meraviglioso di quello della Natura, Galileo passa a determinare le misure di gironi e bolge in maniera scientifica, mescolando osservazione sperimentale e deduzione logica. Questo tipo di analisi matematica della letteratura rivela un Galileo in via di traghettamento dall’umanesimo alla scienza. Effettivamente, nel 1584 era stato avviato alla matematica da un amico del padre, e ne era rimasto catturato. Abbandonati l’anno dopo gli studi artistici, si era dedicato alla lettura dei classici scientifici, da Euclide ad Archimede. Diventato matematico professionista, nel 1589 Galileo ottenne un lettorato triennale a Pisa e nel 1592 la cattedra presso lo Studio di Padova ambíta da Giordano Bruno, sulla quale rimase fino al 1610. In questo periodo aderisce all’eliocentrismo.

Nel frattempo stava diventando uno scienziato maturo: in una lettera del 29 novembre 1602 a Guidobaldo del Monte enunciò la legge dell’isocronia del pendolo, che la leggenda vuole avesse intuito fin dal 1583, quand’era ancora "scolaro artista" a Pisa, osservando le oscillazioni di una lampada nel duomo. Il 10 ottobre 1604 un tal Baldassarre Capra osservò a Padova per la prima volta una "stella nuova" nella costellazione del Serpentario, che rimase visibile per circa un anno e mezzo e scatenò una diatriba sulla sua natura. Galileo tenne tre affollate lezioni in cui dimostrò che non si trattava di un fenomeno sublunare, ma celeste, andando contro la teoria aristotelica dell’incorruttibilità del cielo. In quello stesso anno fu coinvolto in una disputa di priorità col Capra, a proposito di una versione primordiale di ciò che in seguito diventerà il regolo calcolatore. Egli ne descrisse il funzionamento nel primo libro che pubblicò, Le operazioni del compasso geometrico e militare, nel 1606. Ma pochi mesi dopo il Capra rivendicò la paternità dello strumento e Galileo lo citò in giudizio. Il tribunale gli diede ragione e condannò l’avversario per plagio.

Bisogna ammettere però che anche Galileo non andava troppo per il sottile quando si trattava di attribuzioni di priorità. Ad esempio, nell’offrire il cannocchiale al doge di Venezia il 24 agosto 1609, tacque di averlo costruito in seguito alle notizie della sua invenzione arrivate dall’estero. Nel frattempo Galileo aveva fatto un uso diverso della "sua" invenzione: nell’autunno 1609 puntò il cannocchiale in aria e ... apriti cielo! L’attonito scienziato scoprí che la Luna ha monti e valli, Venere fasi simili a quelle lunari, Giove quattro satelliti che gli girano attorno, Saturno strane anomalie (in seguito interpretate come i famosi anelli), il Sole ruota su se stesso, e le costellazioni e la Via Lattea sono composte di innumerevoli stelle: ce n’era abbastanza per entusiasmare il pubblico, turbare gli scienziati e terrorizzare la Chiesa.

Quegli eventi cambiarono la vita di Galileo e la storia della scienza, in un’incalzante successione di tappe: nel 1610 la pubblicazione del Sidereus Nuncius, nel 1613 la corrispondenza con padre Benedetto Castelli sul rapporto tra fede e scienza, nel 1616 il primo ammonimento del Santo Uffizio, nel 1623 la pubblicazione del Saggiatore, nel 1632 quella del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, nel 1633 il processo di fronte all’Inquisizione e l’abiura, nel 1638 la pubblicazione dei Discorsi sopra due nuove scienze, e l’8 gennaio 1642 la morte, nello stesso anno in cui nacque Newton.


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