«La gerarchia italiana fa fatica ad abituarsi all’internazionalizzazione della Chiesa»
intervista a Manlio Graziano*,
a cura di Isabelle de Gaulmyn
in “La Croix” del 13 giugno 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)
Questi scandali mostrano gli stretti legami che uniscono ancora il Vaticano agli affari italiani. Come spiegare questo legame?
Innanzitutto con la storia. La Chiesa cattolica ha esercitato per un millennio il suo potere temporale
su una grande parte del territorio della penisola e, anche al di fuori dello Stato pontificio, il clero è
stato per moltissimo tempo il più importante proprietario fondiario (del resto, non solo in Italia).
Tale posizione ha necessariamente lasciato delle tracce, ma in Italia più che altrove, perché, fin dalla
sua nascita, lo Stato italiano ha sempre tenuto in considerazione gli interessi della Chiesa. Nella
memoria dei responsabili politici italiani, infatti, la mobilitazione organizzata dalla Chiesa, che
aveva provocato la caduta della Repubblica napoletana del 1799, è rimasta un ricordo indelebile.
Al momento della presa di Roma, la prima decisione del governo italiano è quindi stata di esentare
l’antico Stato pontificio, per un periodo di due anni, dall’applicazione delle leggi di soppressione dei
benefici ecclesiastici, e la seconda di votare delle leggi di garanzia (le guarentigie) a favore della
persona e dei beni del papa e del Vaticano.
Durante la sospensione delle leggi dette “anticlericali” a
Roma, fu il clero stesso che alienò gran parte delle sue proprietà fondiarie e fece nascere un grande
impero finanziario (che in Italia viene chiamato “le banche cattoliche”), che da allora è uno dei
protagonisti, di cui non si può non tener conto, della vita economica (e quindi politica) del paese.
Ma non tutte le proprietà in mano al clero sono state alienate o espropriate in seguito. Secondo
diverse fonti, la Chiesa conserverebbe oggi ancora un controllo diretto o indiretto sul 20-25% del
patrimonio immobiliare italiana, e gli accordi del Laterano del 1929 lo autorizzavano a non pagare
imposte su tali proprietà.
Gli italiani della Santa Sede conservano uno stretto legame con quanto succede nella Chiesa italiana?
Per rispondere a questa domanda, bisogna fare una distinzione tra i cittadini della Repubblica italiana che lavorano per una delle istituzioni della Città del Vaticano, e i vescovi e i cardinali italiani che lavorano nel governo centrale della Chiesa universale. Questi ultimi mantengono certo un legame molto forte con la Chiesa della penisola, e molti di loro fanno ancora fatica ad abituarsi all’internazionalizzazione della Chiesa di Roma. È comunque certo che l’Italia resta il pilastro su cui si basa la Chiesa universale. Questo autorizza una parte della gerarchia di origine italiana a mantenere una certa ambiguità, arrivando a volte perfino a pensare che il governo della Chiesa universale le spetti di diritto. Ora, dal 1978, la direzione centrale della Chiesa è affidata ad un nonitaliano, e oggi sappiamo che una delle ragioni dell’elezione di Karol Wojtyla fu proprio la volontà di sottrarre la Chiesa universale ai conflitti che dividevano i cardinali italiani.
Quali sono le poste in gioco, per la Chiesa italiana, di questa prossimità col Vaticano?
Come ho appena detto, la Chiesa italiana, in generale, si sovrastima. La vicinanza ai sacri palazzi, il suo ruolo storicamente decisivo, l’obiettiva importanza della penisola come “laboratorio” nel quale le scelte del papa e della gerarchia sono sperimentate, e il fatto di rappresentare un “polmone” per l’amministrazione e per il governo della Santa Sede: tutto questo dà ai responsabili della Chiesa italiana la sensazione di potersi in qualche modo “sottrarre” alle regole di funzionamento che sono imposte a tutte le altre Chiese nazionali in nome della centralizzazione della Chiesa universale.
* insegnante di geopolitica e di geopolitica delle religioni alla Sorbona Parigi IV e all’American Graduate School di Parigi, autore di Identité catholique et identité italienne. L’Italie laboratoire de l’Église (Parigi, 2007) et Il secolo cattolico. La strategia geopolitica della Chiesa (Roma, 2010)