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IN MEMORIA DI LORENZO VALLA, ERASMO, SPINOZA. LIBERTA’ E FILOLOGIA...

OXFORD. LUCIANO CANFORA AL CONVEGNO SUL "PAPIRO DI ARTEMIDORO". Una sintesi della sua relazione - a cura di Federico La Sala

Diceva il grande Paul Maas che un solo argomento davvero probante basta, cento deboli non servono.
venerdì 13 giugno 2008 di Maria Paola Falchinelli
L’intervento di Luciano Canfora oggi a Oxford testimonia il continuo interesse della comunità scientifica internazionale
Artemidoro, il falso nascosto nel proemio
L’introduzione, la nozione di «Lusitania», i brani di Marciano: le tracce di un testo «moderno»
Il testo pubblicato qui di seguito è una sintesi della relazione preparata dal professor Luciano Canfora per un convegno sulla vicenda del papiro di Artemidoro che si tiene oggi in Inghilterra. L’incontro, in programma presso il Saint (...)

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> OXFORD. LUCIANO CANFORA AL CONVEGNO SUL "PAPIRO DI ARTEMIDORO". --- Artemidoro ultimo atto. Dopo una battaglia durata cinque anni, la sentenza: il papiro è falso (di Silvia Ronchey)..

martedì 15 novembre 2011


-  Artemidoro ultimo atto
-  Dopo una battaglia durata cinque anni, la sentenza: il papiro è falso.
-  E oltre a Simonis, che operò nell’800, spunta un secondo falsario: avrebbe agito di recente

-  di Silvia Ronchey (La Stampa, 15.11.2011)

TORINO Oggi all’Università di Torino «Ultime notizie sul cosiddetto papiro di Artemidoro» è il titolo del convegno ospitato oggi all’Università di Torino (ore 17, Aula magna di via Po 17), in occasione delle ultime pubblicazioni sull’annosa vicenda del controverso documento. Dopo il saluto del prorettore Sergio Roda interverranno Carlo Ossola, Luciano Canfora, Luciano Bossina, Federico Condello, Silvia Ronchey, Amedeo A. Raschieri e il vicequestore aggiunto della Polizia di Stato Silio Bozzi. C’ è un secondo falsario, oltre a Simonidis, nell’intrigo del cosiddetto Papiro di Artemidoro. Che in realtà non è un papiro ma a quanto pare sono tre. I tre falsi papiri confezionati nell’800 da Simonidis e rimasti a lungo chiusi nel fondo omonimo del Museo di Liverpool - ossia i «tre grossi sigari» descritti da James Farrer all’inizio del ‘900, poi risultati scomparsi - sono con ogni probabilità gli stessi che, accorpati tra loro, modificati e arricchiti di nuovi elementi grafici, ricompaiono a formare il cosiddetto Artemidoro. Che non è dunque quella «gigantesca unità» che ci è sempre stata presentata. Ma che un unicum è davvero, se ha dato filo da torcere agli studiosi di tutto il mondo e se da cinque anni, dal debutto sui media nell’autunno del 2006, ha incuriosito anche il grande pubblico. Il quale, dopo tanta attesa, merita dunque di conoscere la soluzione del mistero.

Che il caso sia risolto è ormai opinione scientifica diffusa. Non a caso l’Università di Torino ospita oggi una varietà di studiosi di disparate competenze e provenienze, a presentare le rispettive conclusioni in un confronto che pare dover portare a quella che in un romanzo di Agatha Christie sarebbe la scena finale, in cui Poirot, riunendo in una stanza i testimoni, illustra nei dettagli la soluzione e ricostruisce la dinamica del misfatto indicando a sorpresa il vero colpevole. Ma nei gialli che si rispettano le sorprese alla fine sono almeno due. Come quelle che verranno introdotte oggi dal prorettore Sergio Roda, a suggellare l’ipotesi che il manufatto sia frutto dell’assemblaggio dei tre «sigari» e delle aggiunte di un secondo falsario tardonovecentesco (la teoria del «Simonidis maggiorato» o «Simonidis auctus» già da anni diffusa tra i filologi dopo essere stata avanzata da Luigi Lehnus).

Il primo smascheramento riguarderà il lato B del cosiddetto papiro, l’unico nel manufatto a mostrare coerenza, in contrasto con il bislacco disordine che l’assemblaggio dei tre falsi originari sembra avere prodotto nel lato A. Nel rovescio invece si succedono disegni di animali, tanto strani quanto strategicamente disposti, si direbbe, a suggerire che i frammenti provengano da un supporto unico. Si tratta però, a quanto pare, di un lavoro malfatto: starà agli esperti mostrare definitivamente come questi disegni non solo siano opera di un falsario, ma siano stati prodotti nella seconda fase di falsificazione e cioè dopo l’accorpamento dei tre «sigari». In effetti anche agli occhi di un profano risalta la differenza tra i due ordini di figure: sul lato A, in quelle di gusto ellenistico tipiche dello stile di Simonidis, si apprezza un tratto ottocentesco che imita l’antico; sul lato B, negli animali fantastici come il cosiddetto «papero» o chenalopex, si scorge uno stile in cui qualche studioso è arrivato ironicamente a ravvisare l’influsso di Walt Disney.

Il che ci porta al secondo smascheramento annunciato per oggi pomeriggio. Già quanto anticipato finora suggerisce che il compito del secondo falsario novecentesco - far credere in un rotolo unico, «oggetto miracoloso» e strepitoso - puntasse a giustificarne il prezzo inverosimile, mai praticato nella storia del mercato dei papiri: i 2 milioni e 750 mila euro sborsati dalla Fondazione per l’Arte della malcapitata Compagnia di San Paolo di Torino e messi a disposizione come riportato da Bärbel Kramer e Claudio Gallazzi, due degli editori dell’Artemidoro a opera di un notissimo studio legale torinese.

Si arriverà oggi pomeriggio a identificare il secondo falsario, che avrebbe agito dopo l’acquisizione dei tre rotoli prodotti da Simonidis unificandoli e disseminando il collage di elementi introdotti ad hoc per depistare gli studiosi e distoglierli dall’attribuzione al falsario ottocentesco? Più che di un’identificazione si tratterà di un identikit. In quest’ipotesi, il secondo falsario - che si presuppone tuttora vivente e attivo - dev’essere un grande frequentatore della papirologia. Deve avere agito nell’ultimo ventennio del Novecento, in stretto contatto con quel «mercante» Simonian che ha venduto l’Artemidoro alla Compagnia torinese nel 2004, quando la sua reputazione era peraltro già incrinata dal contenzioso giudiziario avuto col Museo di Hildesheim negli Anni 80. Deve avere avuto il manufatto tra le mani per un congruo lasso di tempo. Se Ludwig Koenen, principe della papirologia mondiale, ha riferito di aver visto immagini del reperto che contenevano dettagli differenti da quelli della versione attuale, il cosiddetto papiro era noto agli egittologi Shelton e Grimm come rivelano gli stessi editori critici fin dal 1981: ben prima che uno di loro, Claudio Gallazzi, cominciasse a perorarne appassionatamente l’acquisto. Chi mai può corrispondere a questo identikit? Di chi è stato «uomo di paglia» l’armeno-amburghese Simonian? Ci si aspetta che il convegno di oggi getti su questi interrogativi un folgorante fascio di luce.


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