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FILOSOFIA. Il desiderio del desiderio, il desiderio antropògeno di riconoscimento, l’antropologia e la FENOMENOLOGIA ....

DELLO SPIRITO DI ALEXANDRE KOJÈVE (Mosca 1902 - Parigi 1968). Una nota di Antonio Gnoli - a cura di Federico La Sala

PORTARE LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO DI "DUE IO" AL DI LA’ DELLE MAGLIE DELLA DIALETTICA SERVO-PADRONE.
lunedì 16 giugno 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Per tutta la vita quest’uomo raffinato e oziosamente determinato a convincere i suoi uditori che davanti avevano semplicemente la reincarnazione dell’ultimo grande hegeliano, cercò nella paradossalità la forma più efficace del suo pensiero. Qualunque gesto, ipotesi, scelta, ossessione, risultato marciava sotto le insegne del paradosso. Paradossale, infatti, che si paragonasse a Dio, che considerava, come ci ricorda Filoni, un collega. Paradossale che da quel grande incantatore (...)

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> DELLO SPIRITO DI ALEXANDRE KOJÈVE --- La condizione animale del desiderio: «Etologia filosofica» (Roberto Marchesini).

mercoledì 6 luglio 2016


La condizione animale del desiderio

Saggi. L’ultimo saggio di Roberto Marchesini «Etologia filosofica», uscito per Mimesis

di Alessandra Pigliaru (il manifesto, 05.07.2016)

L’intento dell’ultimo saggio di Roberto Marchesini è certamente filosofico. Per sua stessa ammissione infatti l’atto deliberato con cui ha pensato di costruire Etologia filosofica (Mimesis, pp. 121, euro 12) è quello di indagare «l’ontologia animale» partendo dal congedo dell’ipotesi meccanicistica e quella basata sulla inconoscibilità animale da parte di un eterospecifico. In relazione alla soggettività animale, su cui ruota questa breve ma tagliente dissertazione, Marchesini sostiene l’inconcludenza dell’algoritmo meccanicistico. D’altra parte, sporge e propone un’etologia filosofica capace di riflettere sulla «condizione di animalità come meta-componente che va oltre l’appartenere a una particolare specie».

Con questo, Marchesini considera anche di riportare il termine cognitivo al suo precipuo significato-valore etimologico di «mappa della conoscenza» che si rende disponibile a più utilizzi. Per farlo si devono assumere almeno due presupposti; il primo è che non può esserci analogia con la macchina agognata da Descartes per definire la condizione animale; il secondo punto è che bisogna trovare un paradigma all’altezza dello scardinamento del dualismo cartesiano. Ciò che preme all’autore non è tuttavia soffermarsi sulla giustapposizione di una res cogitans alla res extensa, bensì soffermarsi su quest’ultima - chiaramente rinominandola.

Pensiamo perché desideriamo e non il contrario, ed è su questa constatazione che Marchesini chiama il primo movimento della cognizione. «Essere animale - prosegue Marchesini - significa desiderare: pensare, sognare, agire, comunicare perché si desidera».

Fronteggiare questi elementi sotto il profilo filosofico significa allora ordinare un’etologia che faccia ritorno a Lorenz, senza per questo cedere a presupposti descrittivi. Nei tre secchi capitoli che compongono il volume, Marchesini va dunque a interrogare numerosi luoghi concettuali anzitutto filosofici. Dal fantasma della macchina alla titolarità dell’esistenza animale non più legata a un principio tradizionalmente trascendente e ordinatore. Si schiude quindi una condizione dell’essere-animale come meta-predicativa e la centralità di riappropriarsi di una sovranità del soggetto, lambirne almeno lo statuto, dichiararsene partecipi.

La postfazione di Felice Cimatti a Etologia filosofica è in forma di elogio. Un elogio, anche qui, dotto di riferimenti che tuttavia distillano i passaggi della filosofia classica intorno all’animalità e all’animismo. Se è quindi plausibile oltre che veritiero rendere conto della soggettività animale come vivente desiderante, Cimatti radicalizza il quesito spostandolo anche alle cose, sostenendo che «la distinzione, a cui siamo così tenacemente attaccati, fra vivente e non vivente, fra chi sente e ciò che non sente, forse non è che l’ultimo baluardo dell’antropocentrismo».


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